Risvolto Le
rane, ultimo romanzo del premio Nobel Mo Yan, è lo splendido,
conturbante ritratto di una donna la cui vita attraversa e definisce la
storia della Cina di oggi. Le sue scelte, le sue decisioni sono
complesse, controverse, spesso discutibili: perché complesso e sofferto è
il giudizio di Mo Yan sul suo paese.
Il drammaturgo Kedou,
«Girino», (alter ego di Mo Yan), racconta in quattro lunghe lettere
indirizzate a un amico, l’immaginario scrittore giapponese Sugitani
Yoshihito (in realtà Kenzaburo Oe, grande amico di Mo Yan), la storia
della zia paterna «venerata come la benevola Guanyin, dea della
fertilità, e allo stesso tempo, odiata come il boia inesorabile che
esegue le condanne a morte». Il Partito ha offerto alla zia «Gugu» una
sommaria educazione medica e, dall’inizio degli anni Cinquanta, la donna
diventa l’unica levatrice della sua regione. Non solo: da quando, nel
1965, il Partito, preoccupato per la crescita esponenziale della
popolazione, inizia una campagna per il controllo delle nascite, Gugu si
impegna in aborti e vasectomie forzate con lo stesso zelo con cui prima
faceva nascere i bambini. La fedeltà agli ordini del Partito, però,
sarà la rovina sua e delle persone che ama. Una donna, per non abortire,
si getta nel fiume e annega. Un’altra – la moglie di suo nipote – è
costretta a interrompere la gravidanza nonostante sia fuori tempo
massimo, e muore. Fino a quando, una notte, tornando a casa, Gugu si
smarrisce in una zona paludosa: il gracidare delle rane le ricorda il
pianto dei bambini mai nati, i corpi gelidi degli animali, come piccoli
feti abortiti, la circondano, la ricoprono, sconvolgendola. Cittadina di
un paese che non riconosce, la Cina potenza economica globale di oggi,
Gugu farà i conti con le conseguenze delle sue azioni, scoprendo il modo
imprevedibile per cambiare vita e espiare le sofferenze che ha
inflitto. Mai come ne Le rane Mo Yan aveva saputo distillare la sua
particolare, obliqua visione della Cina, plasmandola nella storia di un
personaggio epico e tragico, Gugu, e dell’universo che le ruota attorno.
Mo Yan e la Cina: «La vita è una rana»Il dramma degli aborti forzati, le scelte «obbligate» «Racconto una generazione, ma dietro ci sono io»
di Marco Del Corona e Paolo Salom Corriere 26.4.13
Anche le rane hanno la voce di un premio Nobel. Perché un premio Nobel
può scegliere le rane per dare voce a uno dei temi che spaccano il cuore
del suo Paese. È così che Mo Yan, lo scrittore che l'anno scorso ha
regalato alla Cina un riconoscimento d'importanza epocale, è sceso nel
pantano avvelenato e doloroso della politica del figlio unico. E ha
affrontato la contraddizione fra la gioia del mettere al mondo un figlio
e l'obbrobrio degli aborti forzati, pratica che tuttora sopravvive là
dove la solerzia criminale dei funzionari locali ha la meglio sulle
direttive più moderate emanate a Pechino. Le rane è uscito nella
Repubblica Popolare nel 2009 e si inerpica, con la varietà di registri
che hanno reso unica la prosa di Mo Yan, sull'esistenza di una ostetrica
di campagna. Figura doppia: eroica nel portare alla luce bambini in
circostanze difficili e poi — quando Pechino impone per legge il
controllo delle gravidanze — ferocemente coraggiosa e coerente, a suo
modo, nell'obbedire all'ordine di evitare nascite. Una stakanovista
degli aborti.
Vita. Vita della Cina. E letteratura. La letteratura secondo Mo Yan:
«Anche se io scrivo partendo da vicende mie personali — spiega al
"Corriere" — in realtà racconto una generazione. Ho sempre pensato che
la buona letteratura dovrebbe permettere al lettore di ritrovare se
stesso nelle pagine che scorre, dovrebbe suscitare emozioni condivise.
La buona letteratura consente allo scrittore di raccontare il proprio
mondo emozionale e di esperienze. Allo stesso tempo, rappresentando le
storie e l'universo interiore delle persone comuni, è in grado di
fondere universalità e particolarità. Può darsi che lo scrittore non se
ne renda conto quando prende la penna in mano, ma è qualcosa che accade
comunque. Da sé».
Del retroterra intimo che nutre la materia di Le rane Mo Yan aveva
parlato già anni fa. «Spero che così i lettori comprendano quant'è
preziosa la vita e capiscano la nascita, evento fondamentale che nella
Cina contemporanea s'è fatto tortuoso e difficile». Mo Yan, padre di una
figlia che ora ne cura alcuni aspetti degli affari, non ha nascosto
nulla: «Personalmente — aveva dichiarato nel 2010 alla rete tv Phoenix —
non trovo buona la politica del figlio unico. Senza la pianificazione
delle nascite sarei stato padre di due o anche tre figli. Da giovane non
me ne rendevo conto». Ha ammesso che l'aborto cui si sottopose la
moglie «è sempre un grande dolore» e «un'enorme ombra». Rimpiange — lui,
di famiglia contadina dallo Shandong — di non avere avuto un maschio,
confessa l'«invidia» che lo coglie quando vede «due sorelle scherzare
fra di loro». E tuttavia il Mo Yan iscritto al Partito comunista, membro
della Conferenza consultiva (una sorta di camera minore del Parlamento)
e vicepresidente dell'Associazione degli scrittori («un ruolo senza
sostanza, però») ha in altre occasioni riconosciuto che «trent'anni fa
la Cina era stata obbligata ad abbracciare la politica del figlio
unico».
Travaglio intimo, dieci anni di lavoro, più revisioni, le lodi del
«Quotidiano del popolo» dopo la sua pubblicazione nel 2009 per aver
saputo affrontare un tema che, anche all'interno delle gerarchie, viene
valutato in modi opposti: c'è chi vorrebbe smantellare e chi mantenere
la pianificazione demografica. Le rane, che martedì 30 aprile Einaudi
manda nelle librerie italiane nella traduzione di Patrizia Liberati e a
cura di Maria Rita Masci, gioca fin dal titolo la carta dell'ambiguità
(o meglio: della ricchezza di senso), complici le caratteristiche della
lingua cinese: Wa, il titolo originale, significa appunto «rana», ma con
un accento diverso vuol dire «bambino», e Nuwa, poi, è addirittura la
mitologica progenitrice dell'umanità. È in questo reticolo di allusioni
che si muove la «zia» del libro: il solito intrico di storie e
sottotrame, perché «con i miei romanzi — aggiunge ora Mo Yan — io
desidero soltanto raccontare emozioni, destini di uomini e donne: un
processo che non ha confini nazionali o culturali».
Il premio Nobel, spiega ancora al «Corriere», ha cambiato in parte il
mondo intorno a lui: «Ma io da sempre non amo mettermi in mostra.
Preferisco fare le cose in modo tranquillo, ma questo non è più
possibile. Nello Shandong vogliono costruire un grande parco a tema
dedicato a me e ai miei lavori? Questo genere di cose non mi piace».
Effetti collaterali di un riconoscimento che la Cina ha accolto come un
riconoscimento al suo status che non poteva essere rimandato: «I premi
alla letteratura dovrebbero servire a suscitare più attenzione per
quello che scrivono gli autori. Tuttavia ammetto che più di 10 anni fa
ho davvero preso in considerazione di poter vincere il Nobel, poi ho
smesso di pensarci perché se uno scrittore non mette tutte le sue
energie nella scrittura ma cerca di rispondere ai cosiddetti criteri del
premio Nobel finisce coll'abbassare la qualità delle proprie opere.
Ogni premio è uguale: più ci pensi, più s'allontana da te; se non ci
pensi, ti si avvicina silenzioso».
Dopo il premio, Mo Yan è stato investito dalle critiche per il suo ruolo
«collaterale» se non proprio «organico» al potere e per la freddezza
nei confronti del Nobel per la Pace imprigionato, il critico letterario
dissidente Liu Xiaobo (una sola dichiarazione esplicita di simpatia e
poi un ritrarsi sull'argomento: «Trovate interessante costringere una
persona a ripetere quello che ha già detto?», ci aveva confidato).
Ma pur senza pronunciarne il nome, Mo Yan ora accetta di rispondere a
una domanda su Gao Xingjian, lo scrittore ora naturalizzato francese che
nel 2000 ottenne un Nobel non considerato dalla Cina: «Gli scrittori
hanno nazionalità, la letteratura no: non ha confini. E dunque la buona
letteratura appartiene a tutta l'umanità». Con questo stato d'animo Mo
Yan attenua la durezza di alcuni suoi giudizi sui nuovi scrittori, che
aveva definito non in grado di descrivere la Cina attuale: «Ogni epoca
ha la sua letteratura. Ai giovani diamo tempo: prima o poi produrranno
opere importanti».
E poi c'è sempre il mondo. Il mondo che lo legge, che ha imparato a
conoscerlo. E il mondo dei suoi libri, dove, a partire da Sorgo rosso,
gli stranieri — siano i tedeschi che prima colonizzano lo Shandong o gli
invasori giapponesi — sono descritti come individui strani, spesso
crudeli e orribili, anche se nelle Rane il padre della protagonista, un
dottore dell'esercito rivoluzionario, «era stato allievo di Norman
Bethune», canadese, leggendaria figura di medico unitosi ai comunisti.
«Nei miei romanzi ci sono in realtà anche figure positive di stranieri.
Per esempio, in Grande seno, fianchi larghi il missionario svedese Ma
Luoya è un personaggio estremamente coraggioso e di buon cuore. È vero
che in Sorgo rosso i giapponesi non ne escono molto bene, però ho anche
scritto di un ufficiale a cavallo nipponico che, ferito, mostrò a mio
nonno una fotografia della moglie e del figlio e di come quel gesto lo
rese "simpatico" ai miei. Comunque, in futuro mi regolerò su un
principio: se ci saranno stranieri nel racconto appariranno per quello
che sono. Per spiegarmi meglio: se l'economia della storia lo
richiederà, i personaggi avranno una loro vita e caratteristica autonome
che non necessariamente coincideranno con la visione dell'autore». I
premi restano fermi, le storie no.
Mo Yan e l'esercito cinese di quei bambini mai nati La protagonista di Le rane è la metafora dell'intero Paese: prima ostetrica e poi costretta dal regime a procurare abortiLuca Doninelli - il Giornale Gio, 09/05/2013
L’inno alla maternità del Nobel Mo Yan Gracidano come rane i bambini cinesi che non sono nati di Angelo Z. Gatti La Stampa TuttoLibri 18.5.13
Una
storia ispirata al controllo delle nascite che negli Anni 60 portò alla
legge del figlio unico narrata con tragicomico umorismo e fantasia Mo Yan «Le rane» traduzione dal cinese di Patrizia Liberati Einaudi pp. 382, € 20,00 Mo Yan, nato nel ’55, ha vinto il premio Nobel per la letteratura lo scorso anno
"La
fervente dottoressa sfreccia in bicicletta per le campagne a procurare
aborti e vasectomie Una ginecologa rivoluzionaria applica le direttive
del Partito facendo violenza a sé e agli altri"
Il nuovo romanzo
del Premio Nobel Mo Yan, dal titolo Le rane, uscito in Cina nel 2009 e
ora da Einaudi nella bella traduzione di Patrizia Liberati, ha una
struttura originale e composita. Ci sono cinque lettere datate primi
anni Duemila e firmate Girino, pseudonimo di un immaginario drammaturgo
Wan Zu, Wan il Piede, alter ego dell’autore e io narrante, indirizzate a
un letterato giapponese, Yoshihito Sugitani, dopo che questi ha tenuto
in Cina una conferenza sul tema «Letteratura e vita»: quattro
introducono altrettanti spezzoni narrativi distribuiti in un arco di
tempo di settant’anni, dai Trenta in poi, a formare il romanzo; la
quinta sta in capo a un’opera teatrale in nove atti, Le rane, che a
detta del narratore «forse non sarà mai messa in scena». I testi,
composti su sollecitazione dello stesso Sugitani, si completano. C’è un
antefatto: durante l’occupazione giapponese in Cina il padre di
Sugitani, comandante stanziato a Pingdu, ha conosciuto la protagonista
del libro Wan Xin, Wan il Cuore, che allora aveva sette anni e gli aveva
tenuto testa e che diventerà la zia dell’io narrante. Da un lato la
Grande Storia (guerra, fame, sofferenze), dall’altro il quotidiano dei
contadini dello Shandong. L’ambientazione è la zona a nordest di
Gaomi, terra natale di Mo Yan e patria d’ispirazione di tutti i suoi
libri. I personaggi, come sempre numerosi, hanno nomi di una parte o di
un organo del corpo: Chen Bi, Chen il Naso, Wang Gan, Wang il Fegato,
Xiao Shangchun, Xiao il Labbro superiore… Ma che cosa di più corporale
delle pratiche relative a gravidanze e partorienti? Il tema del libro
è la maternità. Argomento impegnativo tanto più se legato al problema
del controllo delle nascite che, in Cina a metà degli anni Sessanta,
portò alla legge sul figlio unico. «Una coppia, un bambino» era lo
slogan. Mo Yan racconta rifacendosi alle esperienze personali e a quelle
della sua gente, trasfigurandole con umorismo tragicomico e giocosa
immaginazione, con ricordi sedimentati e mai persi, salti temporali,
anticipazioni e ritorni, pagine oniriche e visionarie. Ispirandosi a
una zia ginecologa reale crea un personaggio che ha del mitico. C’è un
prima e un dopo la pianificazione delle nascite. Wan Xin, Wan il Cuore,
ha studiato le nuove tecniche ostetriche e, una volta medico, con la sua
bicicletta e la borsa delle medicine e degli strumenti, sfreccia per le
campagne in aiuto delle partorienti e contro le mammane incompetenti e
pericolose. Le sue mani d’oro hanno un che di taumaturgico: calmano
madri in ansia, alleviano dolori e agevolano nascite felici. Ogni
neonato è motivo di soddisfazione e di orgoglio. Wan Xin è una
rivoluzionaria convinta, iscritta e fedelissima («il mio cuore è
rosso»). Quando il Partito, per affrontare il problema sovrappopolazione
e risorse, impone il controllo delle nascite, lei, facendo violenza a
se stessa, applica le direttive alla lettera. Aborti per le donne e
vasectomie per gli uomini. Il fervore non risparmia amici e parenti,
provocando traumi devastanti e insanabili (anche la famiglia di chi
narra è drammaticamente segnata). Così vediamo la zia inseguire col
motoscafo una parente incinta del secondo figlio e non disposta
all’aborto. Da eroina della vita a «diavolo incarnato». Nell’ultima
parte la zia, tra rimorsi e tormenti interiori e ossessionata di notte
dal gracidio delle rane simile al vagito dei neonati (il termine «Wa»
significa sia «rana», sia «bambino»), raccoglie in una sorta di
santuario le statuine di tutti i piccoli mai nati. Epopea tragicomica e
sofferto inno alla maternità, Le rane è un accorato libro di denuncia,
all’interno di una scelta politica imposta dall’alto che la la Cina ha
dovuto e deve sopportare suo malgrado. E Mo Yan, in tutti i suoi libri,
ha un atteggiamento critico palese. Significative sono le lettere poste
in capo alle cinque parti. Scrivendo a un collega giapponese, con
inviti a tornare, Mo Yan lancia un segnale: un ideale ponte della
pacificazione tra paesi da sempre rivali. Questo a smentire quanti gli
rimproverano le sue scelte pubbliche. Sullo spinoso problema dei diritti
umani, nella fattispecie sugli arresti domiciliari del Premio Nobel per
la pace Liu Xiaobo, Mo Yan si è limitato a un auspicio di una pronta e
sollecita liberazione. Un’ombra. Nessuno è perfetto. Per uno scrittore
contano le opere e il Premio Nobel per la Letteratura 2012 è di certo
meritato.
L’angelo sterminatore di Mo Yan
C'è anche una chiave politica ne “Le rane”, il nuovo libro del
premio Nobel 2012, che racconta la Cina, le sue contraddizioni, e i
dilemmi legati al controllo delle nascite Francesco Longo Europa
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Bertolt Brecht, An die Nachgeborenen (1939)
Wirklich, ich lebe in finsteren Zeiten!/... Ach, wir/Die wir den Boden bereiten wollten für Freundlichkeit/Konnten selber nicht freundlich sein./Ihr aber, wenn es soweit sein wird/Dass der Mensch dem Menschen ein Helfer ist/Gedenkt unsrer/Mit Nachsicht.
La presentazione della nuova edizione nei Millenni Einaudi del I libro del Capitale a UniUrb
Presentazione del curatore Roberto Fineschi. Interventi di Fabio Frosini, Antonio Cantaro, Venanzio Raspa, Federico Losurdo, Emiliano Alessandroni, Sergio Domenico Scalzo, Antonio De Simone, Stefano G. Azzarà
Filosofia e arte come azione politica in Heidegger. Palermo, 13 novembre 2024
L'eredità di Lenin, intervento al convegno della Fondazione Basso, 23 novembre 2024
Intervento di Stefano G. Azzarà al convegno “Lenin, a cento anni dalla morte”, Fondazione Basso, Roma, 23 gennaio 2024.
Relatori: Jutta Scherrer, Luciano Canfora, Étienne Balibar, Rita Di Leo, Luciana Castellina, Giacomo Marramao, Stefano G. Azzarà.
La fine della democrazia moderna. Intervento al workshop della Fondazione Feltrinelli, 19/10/23
Adeus pós-modernismo: populismo e hegemonia na crise da democracia moderna
Se a primeira parte é dedicada à política imediata, as partes seguintes são, sobretudo, uma crítica filosófica e política do pós-modernismo. Elas nos fazem ver como o pós-modernismo em última análise tem favorecido o processo de desemancipação que está em curso seja ao nível nacional quanto internacional. (…) é urgente aprofundar a crítica do pós-modernismo – uma crítica que até agora encontrou escassa expressão, mas que se impõe seja de um ponto de vista filosófico seja de um ponto de vista político – e neste sentido estamos diante de um livro absolutamente precioso. Domenico Losurdo, na Introdução
Stefano G. Azzarà: Il virus dell'Occidente, Mimesis 2020
Disponibile in libreria e on line
Il revival del pensiero magico nel dibattito odierno: tra No Vax e Censis. Cagliari, 9 12 2021
La fine della "fine della storia": Festival Iconografie XXI, Milano, 25 settembre 2021
Una presentazione de "Il virus dell'Occidente" per Dialettica e Filosofia. Conduce E.M. Fabrizio
PREMIO LOSURDO 2021
Deadline domande di partecipazione: 6 settembre 2021
Premio internazionale "Domenico Losurdo"
Premiazione (28/1/2021): registrazione dei lavori
Gruppo di ricerca internazionale "Domenico Losurdo". A cura di S.G. Azzarà, P. Ercolani e E. Susca
La scuola di Pitagora editrice
LA COMUNE UMANITA'
Memoria di Hegel, critica del liberalismo e ricostruzione del materialismo storico in Domenico Losurdo. Una critica della storia del movimento liberale che chiama in causa i suoi maggiori teorici ma anche gli sviluppi e le scelte politiche concrete delle società e degli Stati che ad essi si sono ri - chiamati; un grande affresco comparatistico nel quale il confronto secolare tra il liberalismo, la corrente conservatrice e quella rivoluzionaria fa saltare gli steccati della tradizione storiografica e disvela il faticoso processo di costruzione della democrazia moderna; l'abbozzo di una teoria generale del conflitto che emerge dalla comprensione dialettica del rapporto tra istanze universalistiche e particolarismo; un'applicazione del metodo storico-materialistico che costituisce al tempo stesso un suo radicale rinnovamento, a partire dalla riconquista dell'equilibrio marxiano tra riconoscimento e critica della modernità: a un anno dall'improvvisa scomparsa, la prima ricostruzione complessiva del pensiero di Domenico Losurdo, uno dei maggiori autori contem - poranei di orientamento marxista e tra i filosofi italiani più tradotti e conosciuti nel mondo.
Heidegger, la guerra “metafisica” della Germania contro il bolscevismo e alcune poesie di Hölderlin
Gianni Vattimo e l'oltreuomo nietzscheano dalla rivoluzione del Sessantotto al riflusso neoliberale
Università di Bologna, via Zamboni 38, 30 maggio 2019 ore 11.00. Organizza: Prospettive Italiane
Domenico Losurdo tra filosofia, storia e politica
Urbino, Palazzo Albani, 12 e 13 giugno 2019
Comunisti, fascisti e questione nazionale. Germania 1923: fronte rossobruno o guerra d'egemonia?
In libreria e in e-book da Mimesis
Esistono ancora destra e sinistra? Preve e Losurdo, Torino 9/3/2019
E' on line il quinto numero di "Materialismo Storico" (2/2017)
Saggi di Cospito, Francioni, Frosini, Izzo, Santarone, Taureck e altri. Ancora un testo di André Tosel. Recensioni: Grasci e il populismo
S. G. Azzarà, A. Monchietto - Comunisti, fascisti e questione nazionale - parte 2, Torino 8/3/2019
S. G. Azzarà, A. Monchietto - Comunisti, fascisti e questione nazionale - parte 2, Torino 8/3/2019
Esistono ancora destra e sinistra? Il confronto tra Domenico Losurdo e Costanzo Preve
Nonostante Laclau. Populismo ed egemonia nella crisi della democrazia moderna
Mimesis 2017
A. Moeller van den Bruck: Tramonto dell'Occidente? Spengler contro Spengler
OAKS editrice
Stefano G. Azzarà: "L'Occidente scivola a destra"
Globalisti contro sovranisti: un'intervista a "Il bene comune"
Una presentazione di Democrazia Cercasi a Milano, 20 maggio 2016
Crisi della democrazia moderna, conflitto politico-sociale e ricomposizione
Intervista a Stefano G. Azzarà
Restaurazione e rivoluzione passiva postmoderna nel ciclo neoliberale
Stefano G. Azzarà: Heidegger ‘innocente’: un esorcismo della sinistra postmoderna. MicroMega 2/2015
Limitarsi a condannare l’antisemitismo di Heidegger cercando di salvare la sua filosofia è un tentativo disperato, perché l’antisemitismo dell’autore di "Essere e tempo" non ha una dimensione naturalistica, bensì culturale: per lui ‘giudaismo mondiale’ è anzitutto sinonimo di modernità, di umanesimo. La filosofia di Heidegger va rigettata non (solo) in quanto antisemita, ma (soprattutto) in quanto intrinsecamente reazionaria
Democrazia Cercasi: una critica del postmodernismo. Società di studi politici, Napoli, 24 2 2015
Sul Foglio una recensione del libro su Moeller-Nietzsche
Friedrich Nietzsche dal radicalismo aristocratico alla Rivoluzione conservatrice, Castelvecchi
Democrazia Cercasi. Dalla caduta del Muro a Renzi: sconfitta e mutazione della sinistra, bonapartismo postmoderno e impotenza della filosofia in Italia, Imprimatur
S.G. Azzarà: "La sinistra postmoderna, il neoliberismo e la fine della democrazia"
Un estratto da "Democrazia Cercasi" su MicroMega / Il rasoio di Occam
S.G. Azzarà: Friedrich Nietzsche dal radicalismo aristocratico alla Rivoluzione conservatrice
Quattro saggi di Arthur Moeller van den Bruck, CastelvecchiEditore. In libreria e in e-book
Nietzsche profeta e artista decadente? Oppure filosofo-guerriero del darwinismo pangermanista? O forse teorico di un socialismo "spirituale" che fonde in un solo fronte destra e sinistra e prepara la rivincita della Germania? Nella lettura di Arthur Moeller van den Bruck la genesi della Rivoluzione conservatrice e uno sguardo sul destino dell'Europa.
È la stessa cosa leggere Nietzsche quando è ancora vivo il ricordo della Comune di Parigi e i socialisti avanzano dappertutto minacciosi e leggerlo qualche anno dopo, quando la lotta di classe interna cede il passo al conflitto tra la Germania e le grandi potenze continentali? Ed è la stessa cosa leggerlo dopo la Prima guerra mondiale, quando una sconfitta disastrosa e la fine della monarchia hanno mostrato quanto fosse fragile l’unità del popolo tedesco? Arthur Moeller van den Bruck è il padre della Rivoluzione conservatrice e ha anticipato autori come Spengler, Heidegger e Jünger. Nel suo sguardo, il Nietzsche artista e profeta che tramonta assieme all’Ottocento rinasce alla svolta del secolo nei panni del filosofo-guerriero di una nuova Germania darwinista; per poi, agli esordi della Repubblica di Weimar, diventare l’improbabile teorico di un socialismo spirituale che deve integrare la classe operaia e preparare la rivincita, futuro cavallo di battaglia del nazismo. Tre diverse letture di Nietzsche emergono da tre diversi momenti della storia europea. E sollecitano un salto evolutivo del liberalismo conservatore: dalla reazione aristocratica tardo-ottocentesca contro la democrazia sino alla Rivoluzione conservatrice, con la sua pretesa di fondere destra e sinistra e di padroneggiare in chiave reazionaria la modernità e le masse, il progresso e la tecnica.
In appendice la prima traduzione italiana dei quattro saggi di Arthur Moeller van den Bruck su Nietzsche.
La recensione di Damiano Palano a "Democrazia Cercasi"
Heidegger il cambiavalute dell'essere
Intervento al convegno di Urbino "I poveri, la povertà", 4 dicembre 2014
S.G. Azzarà, Democrazia cercasi, Imprimatur Editore, pp. 363, euro 16: in libreria e in e-book
www.democraziacercasi.blogspot.it Possiamo ancora parlare di democrazia in Italia? Mutamenti imponenti hanno svuotato gli strumenti della partecipazione popolare, favorendo una forma neobonapartistica e ipermediatica di potere carismatico e spingendo molti cittadini nel limbo dell’astensionismo o nell’imbuto di una protesta rabbiosa e inefficace. Al tempo stesso, in nome dell’emergenza economica permanente e della governabilità, gli spazi di riflessione pubblica e confronto sono stati sacrificati al primato di un decisionismo improvvisato. Dietro questi cambiamenti c’è però un più corposo processo materiale che dalla fine degli anni Settanta ha minato le fondamenta stesse della democrazia: il riequilibrio dei rapporti di forza tra le classi sociali, che nel dopoguerra aveva consentito la costruzione del Welfare, ha lasciato il campo ad una riscossa dei ceti proprietari che nel nostro paese come in tutto l’Occidente ha portato ad una redistribuzione verso l’alto della ricchezza nazionale, alla frantumazione e precarizzione del lavoro, allo smantellamento dei diritti economici e sociali dei più deboli. Intanto, nell’alveo del neoliberalismo trionfante, si diffondeva un clima culturale dai tratti marcatamente individualistici e competitivi. Mentre dalle arti figurative alla filosofia, dalla storia alle scienze umane, il postmodernismo dilagava, delegittimando i fondamenti e i valori della modernità – la ragione, l’eguaglianza, la trasformazione del reale… - e rendendo impraticabile ogni progetto di emancipazione consapevole, collettiva e organizzata. É stata la sinistra, e non Berlusconi, il principale agente responsabile di questa devastazione. Schiantata dalla caduta del Muro di Berlino assieme alle classi popolari, non è riuscita a rinnovarsi salvaguardando i propri ideali e si è fatta sempre più simile alla destra, assorbendone programmi e stile di governo fino a sostituirsi oggi integralmente ad essa. Per ricostruire una sinistra autentica, per riconquistare la democrazia e ripristinare le condizioni di una vasta mediazione sociale, dovremo smettere di limitare il nostro orizzonte concettuale alla mera riduzione del danno e riscoprire il conflitto. Nata per formalizzare la lotta di classe, infatti, senza questa lotta la democrazia muore.
Emiliano Alessandroni: Ideologia e strutture letterarie, Aracne Editrice
Che cos'è esattamente il bello? È possibile procedere ad una sua decodificazione? Che significato racchiude il termine ideologia? E quale rapporto intrattiene con la letteratura, ovvero con le sue strutture? Come giudicare il valore di un'opera? A questi come ad altri quesiti questo libro intende fornire una risposta, contrastando, con la forza del ragionamento e il supporto dell'analisi testuale, quegli assunti diffusi (“il bello è soltanto soggettivo!”) e quelle opinioni consolidate (“tutto è ideologia!” o “le ideologie sono morte!”) che finiscono per disorientare chiunque si trovi, per via diretta o indiretta, a confrontarsi con tali problematiche. Un saggio di ampio respiro tra filosofia, storia, critica letteraria e teoria della letteratura.
Stefano G. Azzarà: Ermeneutica, "Nuovo Realismo" e trasformazione della realtà
Una radicalizzazione incompiuta per la filosofia italiana - Rivista di Estetica, 1/2013
Due giornate di seminario su Ernesto Laclau a Urbino. 21 novembre
Stefano G. Azzarà: L'humanité commune, éditions Delga, Paris
Une critique anticonformiste de l’histoire du mouvement libéral qui remet en cause ses théoriciens principaux ainsi que les développements et les choix politiques concrets des sociétés et des États qui s’en réclament ; une grande fresque comparative, où la mise en confrontation entre le libéralisme, le courant conservateur et le courant révolutionnaire au cours des siècles, fait sauter les barrières de la tradition historiographique et dévoile le difficile processus de construction de la démocratie moderne ; l’essai d’une théorie générale du conflit qui part de la compréhension philosophique, dialectique, du rapport entre instances universelles et particularisme ; mais aussi, une application radicalement renouvelée de la méthode matérialiste historique à travers la revendication de l’équilibre entre reconnaissance et critique de la modernité. Ce sont là les idées directrices du parcours de recherche de Domenico Losurdo, l’un des principaux auteurs italiens contemporains d’orientation marxiste, déjà connu en France à travers des ouvrages comme Heidegger et l’idéologie de la guerre (PUF 1998), Démocratie ou bonapartisme (Le Temps des Cerises 2003), Antonio Gramsci, du libéralisme au « communisme critique » (Syllepse 2006) et Fuir l’histoire ? (Delga – Le Temps des Cerises 2007).
Seconda edizione 2013
Stefano G. Azzarà: Un Nietzsche italiano. Gianni Vattimo e le avventure dell'oltreuomo rivoluzionario, manifestolibri, Roma 2011
In libreria
Stefano G. Azzarà: L'imperialismo dei diritti universali. Arthur Moeller van den Bruck, la Rivoluzione conservatrice e il destino dell'Europa, con la prima traduzione italiana de "Il diritto dei popoli giovani", di A. Moeller van den Bruck, La Città del Sole, Napoli 2011
Dialettica, storia e conflitto. Il proprio tempo appreso nel pensiero
Presentazione della Festschrift in onore di Domenico Losurdo - VII Congresso della Internationale Gesellschaft Hegel-Marx, Urbino, 18-20 novembre 2011
Stefano G. Azzarà: Settling Accounts with Liberalism
Historical Materialism 19.2
L'intervento di Stefano G. Azzarà al convegno di Urbino sul comunismo
Socialismo nazionale,integrazione delle masse e guerra nella Rivoluzione conservatrice
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