lunedì 8 aprile 2013
Un'intervista (un po' consolatoria) a Michel Serres
Michel Serres: “Altro che economia, l’Europa è una questione di Logos”
L’epistemologo francese si confronta con Kurt Hilgenberg “Dobbiamo trovare noi le giuste risposte alla crisi”
Repubblica 8.4.13
Domani
(alle 20 su Rai Scuola e poi su www.filosofia.rai.it) lo Speciale
Europa apre la terza serie di Zettel, programma di Rai Educational
diretto da Silvia Calandrelli, ideato da Gino Roncaglia e progettato e
condotto da Maurizio Ferraris con Mario De Caro. Ci sarà una
conversazione tra Ferraris e Umberto Eco con altri interventi.
Anticipiamo l’intervista di Hilgenberg a Serres
Qual è il contributo della filosofia alla formazione del pensiero europeo?
«Credo
i contributi siano tre: la filosofia della storia, la filosofia del
diritto e la filosofia della conoscenza o della scienza. E, in primo
luogo, dal punto di vista della filosofia della storia mi pare che
l’Europa sia il luogo in cui è più viva la consapevolezza di possedere
un’antichità. Nelle altre culture non c’è antichità, cioè una rottura
netta tra una civiltà morta e una civiltà che ricomincia. E, quindi, in
Europa, c’è una duplice fonte: quella dell’antichità greco-latina da un
lato e, dall’altro, della tradizione giudeo-cristiana che le succede. E
nell’idea che ha formato l’intelletto europeo, mi pare che ci sia
quest’idea di biforcazione: un’antichità da un lato e poi, dall’altro,
un cambiamento di direzione; non è più l’antichità greco-latina,
diventerà quella giudeo-cristiana, pur conservando l’apporto greco e
latino. Cioè, appunto, una biforcazione ma, al contempo, la
conservazione di ciò che vi è stato in precedenza. Questo, per quanto
riguarda la filosofia della storia. Poi, relativamente alla filosofia
della conoscenza, nella tradizione greco-latina c’è l’idea del logos
greco, dell’astrazione greca. E quest’idea di astrazione proseguirà a
lungo nella filosofia. Ma d’altra parte, però, con il Rinascimento, in
Europa assistiamo all’invenzione della fisica sperimentale.
Quindi,
quest’astrazione si proietterà nella concretezza, con una sorta di nuovo
concetto che associa al contempo astratto e concreto. E anche questa è
una caratteristica tipicamente europea. Infine, nella filosofia del
diritto, la cosa più importante è vedere che in Europa c’è una dualità
tra i paesi di diritto romano e i paesi che potremmo definire come di
diritto anglosassone, cioè di diritto consuetudinario. E anche in questo
caso troviamo da un lato l’idea di un logos astratto, di un’astrazione e
dall’altro un’applicazione alla realtà».
Questo per il passato. Ma oggi, la filosofia può ancora al pensiero sull’Europa?
«Credo
che la particolarità dell’Europa sia di aver inventato qualcosa che ci
riguarda in modo molto concreto, nel senso che credo che sia stata
l’Europa a inventare la nozione di “individuo”. Questa nozione è già in
parte presente nei Greci, in parte nel diritto romano di cui ho parlato
prima, ma è distintamente presente nel pensiero a partire dal
Rinascimento. Il Rinascimento costituisce nuovamente una biforcazione
rispetto al Medioevo, in cui si manifesta un tratto tipicamente europeo,
l’idea d’inventività e insieme la capacità di inventare l’individuo. Il
processo avviato con il Rinascimento dura ancora oggi, cioè in un
periodo in cui l’individuo è veramente nato: con le nuove tecnologie, ad
esempio, si vede benissimo che c’è una sorta di creazione di un nuovo
individuo, in un quadro di trasformazioni radicali. Oggi parliamo molto
della crisi economica senza accorgerci che la crisi economica forse è
solo un fenomeno prodotto da crisi molto più profonde. Per esempio, in
paesi come l’Italia, la Francia, la Germania o l’Inghilterra, all’inizio
del Novecento, la metà degli abitanti erano contadini. Oggi abbiamo
solo lo 0,8% di contadini. Quindi, nel ventesimo secolo, assistiamo a
una crisi enorme a livello di rapporto con il mondo, di rapporto con la
natura. In secondo luogo, quando sono nato io, il mondo aveva un
miliardo e mezzo di abitanti. Oggi siamo sette miliardi e mezzo di
persone. Di conseguenza, per i contadini non è più lo stesso mondo, per
la democrazia mondiale non sono più le stesse persone. E oggi la
speranza di vita è di 84 anni per le nostre compagne e, di 77 anni,
credo, per gli uomini. Ma, solo cent’anni fa, la speranza di vita era di
50 anni e duecento anni fa era di 40 anni. Quindi, non è più lo stesso
pianeta. Ne consegue, che la filosofia oggi deve individuare dei
concetti nuovi, relativi non solo all’economia ma al posto dell’uomo nel
mondo. In particolare, la filosofia può aiutare una futura Europa
interrogandosi sul modo in cui gli individui si costituiranno in nuove
comunità, e chiedendosi se ci sono nuove comunità da inventare. Questa è
filosofia politica, un ambito in cui l’Europa è stata estremamente
fertile nell’Ottocento, mentre lo è stata molto meno nel Novecento.
Credo che bisognerebbe rilanciare l’idea di filosofia politica
inventando nuove appartenenze ed è questo che, un po’ alla cieca, sta
cercando l’individuo moderno».
Quindi, biforcazione, individuo,
comunità sono i concetti centrali di un’Europa filosofica. Oltre ai
concetti, le chiedo se esistono degli oggetti che esprimono l’Europa nel
modo più completo.
«Il suo è un indovinello... A prima vista, direi
che è un oggetto enorme, la cattedrale. Perché le cattedrali sono
presenti in Inghilterra, in Francia, naturalmente, a Colonia, in
Germania, a Milano, ovunque in Europa. La prima è forse Santa Sofia, a
Costantinopoli. Dunque la cattedrale simbolizza bene l’Europa, ma è un
oggetto di un’altra epoca. Ma sono state inventate nuove cattedrali,
come il Cern, a Ginevra: ecco un’istituzione europea, una comunità
europea, la costruzione di una cattedrale straordinaria e qualcosa, dal
punto di vista scientifico, di prettamente europeo. Non contempla
minimamente di applicare la scienza e di applicarla a interessi
economici. Si tratta solo di ricerca pura, di ricerca disinteressata e
questo è tipicamente tedesco, tipicamente francese, tipicamente
italiano. Sì, il Cern è una buona idea, è una nuova cattedrale».
Qual è la via che i giovani devono o dovrebbero percorrere per arrivare a un nuovo pensiero europeo?
«La
mia prima risposta è consistita nel dire: ciò che c’è di originale nel
pensiero europeo è la biforcazione rispetto all’antichità, la
biforcazione rinascimentale rispetto al Medioevo, cioè l’idea che
l’avvenire è imprevisto, che è inventivo, che è inatteso. Anche oggi ha
luogo una biforcazione. Come dicevo, oggi siamo degli individui, siamo
meno tedeschi di una volta, meno italiani di una volta, meno francesi di
una volta perché sappiamo che la nazione ci è costata milioni di morti
e, dunque, non ne abbiamo più bisogno. E stiamo pensando che le comunità
antiche sono un po’ desuete, un po’ obsolete. Ora, l’idea su cui,
credo, bisognerebbe un lavorare sarebbe quella di chiedersi in che modo
degli individui, siano essi di Cosenza, di Berlino o di Parigi,
potrebbero riuscire a inventare una nuova comunità politica che non sia
dominata da istituzioni antiche, concepite in un’epoca in cui il mondo
non era ciò che è diventato. Ci sono dei matematici che, una decina di
anni fa, si sono posti la seguente domanda: con quante telefonate un
abitante di Cosenza può raggiungere un abitante di Berlino o di Parigi?
Una persona qualsiasi che chiama un’altra persona qualsiasi. Hanno fatto
dei calcoli e si sono accorti che con sette telefonate chiunque sul
pianeta può chiamare chiunque altro. Ma alcuni mesi fa il calcolo è
stato rettificato perché ci si è accorti che con le grandi reti presenti
sul web si poteva scendere a quattro. E quindi, chiunque nel mondo,
tenendo in mano il cellulare, può chiamare chiunque altro con quattro
telefonate. I matematici hanno chiamato questo teorema, “teorema del
mondo piccolo”, un mondo in cui posso chiamare chiunque altro,
virtualmente, con quattro telefonate. Il che dimostra che abbiamo
cambiato completamente spazio. Nel corso della storia, chi avrebbe
potuto dire “ora, tenendo in mano il mondo...”? Forse Augusto,
l’imperatore romano. Possiamo immaginare un’epoca della storia in cui
avrebbero potuto esserci miliardi di Augusto?».
E quasi settant’anni di pace, almeno in buona parte dell’Europa.
«Sono
abbastanza vecchio per sapere che l’Europa è un miracolo, perché ho
conosciuto le guerre e il fatto che non ci siano più frontiere mi pare
una cosa miracolosa. E quali che siano le critiche che si possono
muovere all’Europa, non bisogna dimenticare che tutti i libri di storia
ci dicono che le guerre sono sempre causate da una crisi economica. Ora,
ormai da vent’anni siamo in una crisi economica e, che io sappia, non
ci sono state guerre. Quindi, l’Europa è perfettamente efficace a
livello di istituzioni visto che è in corso una crisi, una crisi comune
che, però, non ha scatenato carneficine come nel caso delle crisi
precedenti».
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