lunedì 27 maggio 2013
Editoria ed estorsione capitalistica di plusvalore
La solitudine dei traduttori
di Bruno Ugolini l’Unità 27.5.13
SONO DONNE E UOMINI CHE LAVORANO GIORNO E NOTTE PER POTER CONSEGNARE IN
TEMPO ALL’EDITORE LA TRADUZIONE DEL BEST SELLER DI MODA. E poi magari
aspettano giorni e giorni per ottenere un magro consenso. Sono i
protagonisti di un’inchiesta voluta da Biblit (Idee e Risorse per
Traduttori Letterari www.biblit.it) con un testo a cura di Marina Rullo.
Dichiara uno di loro: «Siamo un po’ stufi degli editori che amano la
cultura ma non la pagano o ti parlano di etica e ti danno 9 euro a
cartella». E un altro: «A conti fatti guadagno dai 17 ai 23 euro netti
all’ora che mi permettono di vivere, ma non di pensare a pensione e
malattie». Sono moderni precari, insomma, intenti a operare in
solitudine, senza un sindacato, senza diritti elementari, nemmeno quello
di contrattare le tariffe per i lavori commissionati. Per non parlare
di ferie, maternità, malattie, pensioni. L’auspicio dichiarato è quello
di far promuovere un’iniziativa simile a quella commissionata in Francia
dal Centre National du Livre francese, su sollecitazione dell’Atlf
(Association des Traducteurs Litteraires de France).
Hanno risposto al questionario italiano del Biblit 272 individui, di cui
il 51,5% traduttori attivi e il 48,5 traduttori professionisti. Il 41%
ha indicato una tariffa massima lorda a cartella da 2000 battute
oscillante tra gli 11 e i 15 euro e una tariffa minima lorda a cartella
da 2000 battute concentrata tra i 6 e i 12 euro.
Racconta un altro degli intervistati: «Una volta che ho chiesto un
aggiustamento di 50 centesimi, da 12.50 a 13, (giustificato anche dalla
fretta con cui mi richiedevano il lavoro: di solito mi danno un paio di
mesi per 250 cartelle, a volte anche meno) la risposta è stata
negativa». E un altro aggiunge: «Credo che oggi le possibilità di
negoziazione sulle tariffe siano inesistenti. I committenti ci fanno
capire che siamo già fortunati ad averne, di lavoro». E ancora: «Io
quest’anno (2012) ho lavorato pochissimo perché ho rifiutato compensi
forfettari che ritenevo offensivi».
Una delle denunce più ripetute è relativa ai ritardi nei pagamenti. Per
il 51% dei traduttori il termine del pagamento è fissato in 60 giorni
dalla consegna, ma i tempi di pagamento vengono rispettati solo in un
caso su tre.
Commenta uno di loro: «Traduco ormai da più di sei anni. Il vero
problema della traduzione, letteraria soprattutto, è che non esiste
niente che obblighi editori/teatri/istituzioni o chiunque ordini un
lavoro di traduzione a pagare in tempo il lavoro del traduttore, cosa
che invece vincola i committenti nei paesi esteri. La mancata puntualità
dei pagamenti, tanto frequente da diventare regola, rende praticamente
impossibile, per un traduttore, anche soltanto pensare di poter vivere
di questa professione».
Non c’è nessun collegamento poi tra i compensi devoluti e il carovita,
l’inflazione, come può avvenire per le buste paga dei lavoratori a
contratto o per le tariffe di altri professionisti. Spiegano: «Le
tariffe non vengono aggiornate da anni (in un caso sono ferme dal 2004);
in più nel 2010-2011 ho lavorato meno... Chi costa dai 15 euro in su
non lavora più. Lavora tantissimo chi si fa pagare meno».
Capita spesso che molti dei volumi tradotti non riportino nemmeno il
nome del traduttore, un minimo di gratificazione per chi ha contribuito
in modo decisivo alle fortune dell’opera. Così come capita che
quell’opera diventi un best seller e venga usato in modi diversi:
cinema, teatro, tv. Ne derivano non pochi introiti per l’editore ma
senza alcuna partecipazione dei traduttori.
Un andar delle cose che imporrebbe interventi. C’è chi avanza la
proposta di «fare fronte comune per alzare i compensi». Qualcuno però
confessa: «Al momento faccio fatica a impegnarmi in qualcosa un
sindacato della nostra categoria che pur essendo d’importanza
fondamentale per il nostro progresso continua a essere disertato dalla
maggioranza dei colleghi. Alla fine, la traduttrice e il traduttore sono
i primi nemici di se stessi». Sono voci da ascoltare. Per la stessa
difesa delle qualità del libro, bisognoso di queste preziose
professionalità. E dove il ricorso al minor costo possibile può avere
effetti disastrosi.
http://ugolini.blogspot.com
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2 commenti:
Questo intervento fa uno splendido paio con il libro di Vargas Llosa. Non so se ti ricordi con quanto entusiasmo guardavo al lavoro editoriale ai tempi del master a Urbino... La delusione derivata dallo sperimentare come i libri siano trattati alla stregua di ogni altro 'prodotto merceologico' mi ha spinta a ripensare dalle fondamenta il mio stesso essere. Ho sempre ritenuto che la cultura in senso lato sarebbe stata (nel)la mia vita ma, scusando la citazione pop, 'dove il cammino è deserto, il deserto è confine'.
Lo sai che all'Accademia della Crusca lavorano tre persone?
Infatti, io credo che il valore aggiunto del tuo blog sia proprio quello di costituire un ritorno ai 'repertori' che, per motivi diversi, furono di così grande utilità per secoli alla circolazione delle idee. Oggi, in tempi di analfabetismo di ritorno, sarebbero necessari per individuare tra la tanta spazzatura intellettuale i libri che davvero si fanno portatori di una visione onesta e adeguatamente argomentata.
Io non condivido tutto quello che recensisci o commenti, ma educarsi alla dialettica è fondamentale come e quanto l'educarsi.
Donatella
Mi correggo: sei diventata troppo saggia.
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