venerdì 24 maggio 2013
Il ministro del PD in prima fila nello smantellamento della scuola pubblica
Un referendum ideologico
Un quesito ideologico che non aiuta la scuola pubblica
di Maria Chiara Carrozza Ministro dell’Istruzione l’Unità 24.5.13
L’ultimo
rapporto Istat ci consegna il triste primato di Paese con la quota più
alta in Europa di giovani tra i 15 e i 29 anni che non lavorano e non
partecipano ad attività formative: come si capisce da una lettura
attenta del rapporto, l’investimento in istruzione, nel solco della
Strategia Europa 2020, è fondamentale per cambiare la situazione.
E per fare questo abbiamo bisogno soprattutto di una scuola pubblica più forte.
Come
ha detto il presidente Letta, la società della conoscenza e
dell’integrazione si costruisce sui banchi di scuola e nelle università.
Si dirà: non basta, è necessario andare dalle parole ai fatti. Bene,
questo vuol dire esattamente affrontare con serietà i temi veri, parlare
di competenze degli alunni, di cultura formativa, di investimenti. E
questo significa mettere davanti a tutto le esigenze dei bambini, perché
dobbiamo avere a cuore una scuola che dia opportunità a tutti loro. Una
scuola che non escluda nessuno. Dare risposte a tutti i bambini è
l’esigenza pubblica per eccellenza, in cui i beni comuni sono tutte le
realtà educative che, in un sistema integrato, sanno mettersi al
servizio della formazione dei nostri figli nel rispetto dell’interesse
collettivo. Infatti, secondo la legge 62 del 2000, nota come legge
Berlinguer, il sistema d’istruzione nazionale integrato è costituito da
scuole comunali, scuole nazionali e scuole paritarie, che svolgono tutte
un servizio pubblico.
Davanti a queste esigenze pressanti, e davanti
a un sistema educativo come quello bolognese che in una sussidiarietà
positiva ha trovato un’occasione di allargamento di opportunità per
tutti, con risultati di eccellenza testimoniati dalle esperienze e dalle
statistiche, il dibattito sul referendum di domenica 26 maggio di
Bologna sembra privilegiare soprattutto le esigenze politiche e i
diversi posizionamenti ideologici, piuttosto che gli interessi dei
bambini. A volte, in queste discussioni, la prima impressione è che ci
si dimentichi di loro con troppa leggerezza: la sacrosanta battaglia per
una scuola pubblica più forte non si può vincere mettendosi contro chi
cerca di dare un posto a tutti i bambini. Peraltro, come ricordato da
studiosi tra cui Giulio Sapelli e Stefano Zamagni, la stessa teoria
dei beni comuni prevede che forme educative non statali adempiano a fini pubblici.
Su
questo è necessario fare chiarezza. La sussidiarietà, nell’ambito del
sistema bolognese e della legge 62/2000, non è in nessuna maniera una
forma di privatizzazione, ma un modo con cui l’organizzazione delle
persone risponde a una domanda della società, realizzando un contributo
dal basso che è in linea con gli standard europei.
Penso che dovremmo
tutti imparare, in questi giorni, dal buon senso che Romano Prodi ha
espresso nella sua posizione, evidenziando che l’accordo attuale ha
funzionato per anni e ha permesso di ampliare il numero di bambini
ammessi alla scuola dell’infanzia, che nel sistema integrato bolognese
fra scuole comunali, scuole statali e paritarie riesce a coprire ben il
98% della domanda. Per queste ragioni, pur nel rispetto di tutte le
posizioni, come ministro dell’Istruzione punto a un buon governo
pubblico del sistema attuale. Inoltre, non ritengo che la vicenda
bolognese debba essere trasformata in una bandiera nazionale.
In
questa posizione non c’è nessuna diminuzione dell’attenzione per la
scuola pubblica. Il fine di questo governo e del Ministero
dell’Istruzione è esattamente l’opposto. Nelle manifestazioni di
Brindisi e a Palermo, a cui ho partecipato con emozione negli ultimi
giorni, ho potuto toccare con mano quanto la scuola svolga un ruolo
essenziale come laboratorio di una cittadinanza responsabile, grazie al
coraggio degli insegnanti. Sappiamo che il mondo dell’istruzione
pubblica ha bisogno di investimenti, di fiducia e di buon senso. Ha
bisogno di dare risposte alle domande giuste: sul personale, sulla
dispersione e sull’edilizia scolastica. Pensiamo che molte di queste
giuste domande italiane possano avere, nelle prossime settimane,
risposte concrete europee e siamo al lavoro, con il massimo impegno, per
garantire i diritti di tutti i bambini.
*Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
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