sabato 29 giugno 2013
"Chimerica" un corno
Non trascurare i progressi della Cina
di Giuliano Noci Corriere 28.6.13
Obama
e Xi si sono incontrati nella cornice di una Cina che sta cambiando
profondamente. Xi Jinping e Li Keqiang conoscono molto bene il mondo
occidentale. Di più, e assai prima, del milione e mezzo di connazionali
che hanno visitato gli Usa nel 2012: una vera e propria esplosione
turistica che porta gli Usa ad essere la principale destinazione del
turismo cinese fuori dall'Asia, e i viaggiatori cinesi a detenere il
primato di spesa pro capite tra tutti i viaggiatori stranieri (con una
spesa per lo shopping del 70% superiore rispetto alla media).
L'interesse cinese spazia ormai a 360 gradi e, complice la necessità dei
governi di privatizzare asset e attirare capitali freschi, la nuova
passione asiatica riguarda le infrastrutture: porti, aeroporti,
telecomunicazioni e utility. Il boom conferma più di ogni altra cosa
come la Cina guardi ormai fuori dai propri confini, in politica ed in
economia. Dobbiamo dunque cambiare in fretta la nostra idea sull'ex
Impero di Mezzo. Fin qui l'avevamo pensato come un Paese che, sul
versante economico, esporta i propri prodotti in nome di un vantaggio di
costo e, da un punto di vista politico, è fortemente ancorato a una
dimensione interna, in conseguenza anche della sua complessità sociale e
culturale.
Ma la sua crescita è stata così vorticosa — prendiamo le
auto: 4 mln nel 2000; 19 nel 2005; 85 nel 2010; 200 milioni, la stima
per il 2020! — che la macchina dell'economia ha bisogno di nuovi
cavalli. Si tratta di una crescita che si accompagna con il soft power
della cultura e dell'immaginario grazie al moltiplicarsi — 1780! — degli
Istituti di Confucio e alla diffusione della Cctv (China Central
Television) in lingua inglese e araba. La Cina punta inoltre con
decisione sul talento e sul merito, tanto che nascono università cinesi
fuori dai confini nazionali: a Londra, partono i corsi dell'Imperial
College con l'Università dello Zhejiang. Incoraggia l'apertura di centri
di ricerca, fuori dai confini, con l'obiettivo di sviluppare
innovazione proprio là dove il mercato è più avanzato: come ha fatto
Huawei con il primo laboratorio fuori dalla Cina, a Milano, nell'assunto
che il mercato delle telecomunicazioni mobili in Italia sia
particolarmente avanzato. Investe all'estero: negli Usa, ad esempio, con
una crescita del 300% rispetto al 2007; tra gennaio e febbraio 2013, lo
shopping cinese all'estero è addirittura aumentato del 147% rispetto
allo stesso periodo del 2012, per un totale di 18,39 miliardi di dollari
e il discorso riguarda proprio noi europei tanto che gli investimenti
di Pechino in Europa, in costante aumento dal 2008, sono più che
triplicati negli ultimi due anni (circa 7,6 miliardi nel solo 2012).
Sul
fronte identitario, la Cina si è resa conto che non può più essere
workshop a basso costo del mondo. Deve quindi affrontare il cambiamento
gestendo la dicotomia tra continuità e cambiamento: non può, infatti,
permettersi una discontinuità troppo forte. Alcuni investimenti diretti
esteri (in Africa e in Asia) si spiegano nella logica della continuità
(basso costo); altri sono da interpretarsi in chiave di acquisizione di
know how/innovazione (Usa, Ue) e affermano un nuovo posizionamento, una
nuova Cina: che non solo esporta ma crea posti di lavoro e rimpingua,
attraverso le tasse pagate, le casse degli Stati ospitanti. Un processo
di rafforzamento di immagine che è confermato, come si è visto, anche
dagli investimenti televisivi e dalla creazione di università
all'estero.
L'incontro al Ranch di Sunnylands ha dunque rappresentato
un vero e proprio reset del dialogo strategico tra Usa e la «nuova
Cina». Nascerà una nuova Chimerica, fondata su relazioni diplomatiche
più forti, con non pochi riflessi sulle politiche comunitarie. La
recente introduzione di dazi sui pannelli solari cinesi testimonia
invece di quanto inadeguata sia questa nostra Europa: continua a vedere
una Cina che non c'è più e non si accorge che, così facendo, tarpa le
ali alle imprese europee lanciate alla conquista di un enorme mercato.
La reazione di Pechino — l'avvio di una procedura tariffaria sull'export
di vino dall'Europa — è la risposta a una vecchia agenda che dobbiamo
assolutamente cambiare. E l'Italia? Sonnecchia. Soprattutto se vuole
veramente raggiungere l'obiettivo di attrarre un milione di visitatori
cinesi all'Expo del 2015. Una «fedeltà» asiatica al nostro Paese che
deve essere conquistata solo attraverso la consapevolezza sulla «nuova
Cina».
Ordinario di Marketing al Politecnico di Milano
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