domenica 23 giugno 2013

La lotta di classe dall'alto in una lettura movimentista-populista

Susan George: Come vincere la guerra di classe, Feltrinelli

Risvolto
Dieci esperti che non fanno mistero della loro capacità di determinare le sorti del mondo si riuniscono in una lussuosa villa sul Lago di Lugano. Hanno come missione di redigere un rapporto che deve rimanere segreto. Sono gli stessi a cui, già una decina di anni prima, era stato chiesto di scrivere una relazione sullo stato del mondo ai tempi della contestazione del cosiddetto movimento “no global”: il Rapporto Lugano. È così che uno dei saggi più incisivi e radicali sulla crisi globale viene travestito da romanzo di fantapolitica. Questa volta la domanda a cui devono rispondere è forse ancora più brutale: “Viviamo in un’epoca di ineluttabile crisi, di declino e di definitivo collasso del mondo occidentale così come lo abbiamo conosciuto, o di rinascita di un rinvigorito sistema capitalista? E come possiamo fare per incoraggiare questa rinascita?”. La segretezza autorizza gli esperti a parlare con una franchezza totale, ma se si venisse a sapere il loro pensiero, è certo che il mondo reagirebbe con durezza. Per loro, infatti, bisognerebbe farla finita non solo con lo stato sociale ma addirittura con la democrazia. In ultima istanza, è questa la ricetta per assicurare il trionfo del capitalismo occidentale. In questo racconto dal sapore paradossale, in cui lo svelamento del diabolico meccanismo che corre verso la fine della democrazia e dei diritti a livello globale è affidato alla voce di chi lavora per farlo funzionare sempre meglio e più velocemente, Susan George presenta una grande mole di dati sulla crisi economica in atto – con un linguaggio chiaro e divulgativo – che convergono tutti verso una soluzione decisamente inquietante. Ma purtroppo nient’affatto fantasiosa.


I committenti in ombra del finanz-capitalismo
APERTURA - Mauro Trotta il manifesto 2013.06.20 - 11 CULTURA
Un saggio costruito come un'avvvincente fiction sui un mondo dove i ricchi esercitano un indiscusso potere

«C'è una lotta di classe, è vero, ma è la mia classe, la classe ricca, che sta facendo la guerra, e stiamo vincendo». Questa famosa frase di Warren Buffett, investitore finanziario, la terza persona più ricca al mondo, campeggia in epigrafe appena si apre il nuovo libro di Susan George, intitolato Come vincere la guerra di classe, uscito di recente per Feltrinelli (pp. 175, euro 14). Chiunque conosca anche superficialmente l'autrice - stimata economista, presidente del «Transnational Institute di Amsterdam», presidente onorario di Attac France, esponente di spicco della stagione dei movimenti alterglobal e dei Forum sociali mondiali - vedendo un titolo del genere penserebbe subito a un testo dedicato agli oppressi che cerchi di riflettere su nuove strategie volte a sconfiggere la classe dominante. Ma le cose non stanno proprio così. E quella citazione iniziale è un segnale forte. Così come lo è anche l'immagine di copertina, dove compare il classico pugno chiuso che però fuoriesce dalla manica di una giacca e da un polsino di una camicia bianca chiuso da un gemello con impresso sopra il simbolo del dollaro. Si tratta allora sì della lotta di classe ma vista dalla parte dei padroni, di quelli che, come afferma Buffett, la stanno vincendo. 
Susan George, in questo suo ultimo lavoro - «un lavoro di finzione basata sui fatti», come lo definisce lei stessa nella nota iniziale rivolta al lettore - ripropone lo stesso espediente utilizzato nel precedente Il rapporto Lugano (Asterios), ovvero immagina che un gruppo di personaggi ricchi e potenti, denominati i Committenti, selezioni alcune delle personalità scientifiche e intellettuali più in vista e le riunisca in una Commissione di studio incaricata di redigere un rapporto sulle questioni chiave riguardanti il futuro del sistema capitalistico. 

Il Principe del male 
In questo modo, l'autrice costruisce un vero e proprio saggio su tematiche d'ordine economico, politico e sociale, dato che tutto quello che viene esposto all'interno del rapporto si basa su dati e proiezioni assolutamente veri e realistici, ma racchiude il tutto all'interno di una cornice di pura fiction. È un po' come se avesse fondato una sorta di nuovo genere letterario ribaltando, per così dire, il romanzo-saggio del primo Novecento nel saggio-romanzo, dove è il primo termine dell'endiade a farla da protagonista. Inoltre, tale operazione, proprio per il modo in cui viene portata avanti e per gli obiettivi che si propone, ovvero svelare tattiche e strategia del nemico di classe, richiama subito un altro grande classico, quel Machiavelli letto da Ugo Foscolo come «quel grande/ che temprando lo scettro a' regnatori/ gli allòr ne sfronda, ed alle genti svela/ di che lagrime grondi e di che sangue». 
La struttura del testo della George è semplice e lineare. Inizia con la lettera dell'Assemblea dei Committenti che, esprimendo soddisfazione per il lavoro svolto in precedenza, conferisce il nuovo incarico alla Commissione di studio, per poi proseguire con il rapporto vero e proprio, introdotto da una lettera d'accompagnamento. 
Sono passati oltre dieci anni, tante cose sono cambiate, due membri della vecchia Commissione sono stati sostituiti, anche stavolta però gli studiosi saranno ospitati per tutta la durata del lavoro nella stessa splendida villa di Lugano e dovranno rispondere in modo esauriente a una domanda. Quella della volta precedente era: «Come può il capitalismo non soltanto funzionare ma prosperare e diventare infine invulnerabile nel ventunesimo secolo?». Questa volta invece la questione è: «Viviamo in un'epoca di ineluttabile crisi, di declino e di definitivo collasso del mondo occidentale così come lo abbiamo conosciuto, o di rinascita di un rinvigorito sistema capitalista? E come possiamo fare per incoraggiare questa rinascita?». 
La prima parte del testo offre un breve riassunto del vecchio «Rapporto Lugano», dimostrando come gran parte delle conclusioni si siano poi avverate. Dall'altra effettua una disamina dello stato dell'arte nei tre settori in cui si strutturava il testo precedente: ambiente, società e finanza. Si insiste in particolare sulla catastrofe ambientale che ha colpito il pianeta, sul forte incremento della disuguagliana sociale, sul carattere ideologico delle politiche di austerità, volte a «pacificare i mercati disciplinando la forza lavoro», sulla crisi finanziaria che da cinque anni non è stata risolta ed ha anzi aggredito gli stati e il debito sovrano, rimarcando inoltre come tale crisi fosse stata prevista nel precedente lavoro. Tutto questo risulta utile non soltanto perché offre al lettore un quadro chiaro e supportato da dati e informazioni della sitazione attuale ma anche perché lo rende consapevole dei punti principali affrontati nel libro del 2000. 
La seconda e più corposa parte affronta direttamente la questione sottoposta al Comitato. E dopo un elenco di buone ed inattese notizie che vanno dal vuoto politico attuale al ritorno sulla scena di banche, banchieri e traders, dal trionfo dei paradisi fiscali all'utilizzo delle tasse come «arma suprema della lotta di classe» - grazie alla tendenza inarrestabile a diminuirle sui ricchi e ad aumentarle sugli altri - si propone sostanzialmente di agire con decisione e discrezione per imporre definitivamente un cambio di paradigma, per diffondere globalmente il nuovo mito portante, passando dal vecchio modello illuminista al cosiddetto «Men», il nuovo modello economico/elitario neoliberista. 

Le enclave del privilegio 
Così tra una rilettura di Gramsci e l'apologia di von Hayek, tra sterilizzazione della democrazia e investimenti nella green economy, tra colpi di stato striscianti e filantropia interessata, il quadro per tentare di rinverdire «le magnifiche sorti e progressive» del capitalismo si va delineando con sempre maggior precisione. Certo, occorre comunque prendere delle precauzioni perché non è detto che tutto vada come ci si augura. Ad esempio, per quanto concerne la catastrofe ambientale bisogna essere pronti, «se non per se stessi quantomeno per i propri figli» adottando misure quali «enclave fortificate, autosufficienza alimentare, idrica ed energetica e milizie private per respingere orde di gente arrabbiata e disperata». 
E poi ci sono sempre quei fastidiosi movimenti sociali. Certo, per il momento sono divisi, sembrano comunicare poco tra loro, la loro visibilità mediatica pare durare solo lo spazio di un mattino. Ma se dovessero iniziare a parlarsi, ad unirsi, a capire che le diverse lotte che portano avanti sono in realtà un'unica lotta, allora sarebbe meglio farsi trovare preparati. E il rapporto si chiude proprio con un elenco di armi non letali che, però, a volte, possono anche dimostrarsi letali: «Ma si tratta di casi eccezionali e il loro uso - anche solo la consapevolezza della loro esistenza - può dimostrarsi un significativo deterrente convincendo molti, con l'eccezione dei più coraggiosi o dei più disperati, a non partecipare».

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