mercoledì 9 ottobre 2013
Ancora il mito dell'egemonia culturale della sinistra
RisvoltoAgli albori della Seconda Repubblica era radicata la convinzione di
vivere una svolta epocale: dopo la «democrazia bloccata» sarebbe
arrivata la «democrazia dell'alternanza», dopo la «repubblica dei
partiti» la «repubblica dei cittadini». Così non è stato. A vent'anni
di distanza scopriamo che la democrazia non si è affatto compiuta, che
la corruzione non è stata debellata, che la crescita si è addirittura
rivoltata in recessione. Cosa non ha funzionato? Per rispondere a
questa domanda - sostiene Roberto Chiarini - è utile tornare alle
origini della Repubblica, alla ricerca di quei tratti genetici che, se
nell'immediato hanno consentito di creare dal nulla le basi di una
democrazia industriale di massa, nel lungo periodo ne hanno fatto
emergere gravi disfunzioni. Il libro si sofferma sulla nascita della
nostra democrazia, mettendone in evidenza alcuni tratti originali.
Primo: manca da sempre un «accordo sui fondamenti», per cui il gioco
politico si sviluppa costretto tra due opzioni delegittimanti estreme,
l'antifascismo e l'anticomunismo. Secondo: destra e sinistra sono
state (a diverso titolo e con modalità differenti) sì protagoniste, ma
incapaci di avanzare una propria candidatura autonoma alla guida del
Paese. Terzo: resiste nel tempo una difficoltà strutturale a risolvere
la stridente asimmetria esistente tra «paese reale» e «paese legale»,
tra una società politica connotata da una presenza culturalmente
egemonica della sinistra e una società civile che funge da sotterraneo
contrappeso, destinato a bloccare ogni possibile svolta politica in
senso progressista. Una lettura inedita, che costringe a ripensare il
passato per aprire le porte del futuro.
Il vizio d'origine? Un'agenda politica, dettata da un antifascismo non sempre democratico, che trova riscontro solo nelle élite
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