Andrea Casazza: Gli imprendibili. Storia della colonna simbolo delle Brigate Rosse, DeriveApprodi
Risvolto
La lunga e complessa storia della colonna genovese delle Brigate rosse.
Genova
è la città in cui, all’inizio degli anni Settanta, con la formazione
della «banda XXII Ottobre», nata in collegamento con i Gruppi armati
partigiani fondati dall’editore Giangiacomo Feltrinelli, ha avuto inizio
la storia della lotta armata in Italia. Un primato ribadito, nel ’74,
con il clamoroso sequestro a opera delle Br di Mario Sossi, e, nel ’75,
con l’omicidio del giudice Francesco Coco e dei due uomini della sua
scorta: il primo aveva recitato il ruolo di pubblico ministero nel
processo alla XXII Ottobre, il secondo si era opposto alla scarcerazione
dei militanti della «banda» richiesta dalle Br in cambio della
liberazione del magistrato sequestrato. Da quel momento e fino al 28
marzo ’80, data dell’eccidio per mano dei carabinieri di quattro
brigatisti sorpresi nel sonno nella base di via Fracchia grazie alle
rivelazioni del «pentito» Patrizio Peci, la colonna visse il mito
dell’imprendibilità. Sei anni di fuoco in cui la formazione brigatista
partecipò al rapimento dell’armatore Pietro Costa, attuò quindici
«gambizzazioni» di personalità politiche democristiane, di dirigenti
industriali e del vicedirettore del quotidiano «Il Secolo XIX» e mise a
segno gli omicidi di quattro carabinieri e di un commissario di polizia.
Ma ciò che destò più scalpore e sgomento fu l’uccisione di Guido Rossa,
operaio e militante del Partito comunista, punito per aver contribuito
all’arresto di Francesco Berardi, sorpreso mentre distribuiva materiale
propagandistico brigatista all’interno della fabbrica nella quale
entrambi lavoravano.
Nonostante la «strage di via Fracchia», nell’80
la colonna arrivò al culmine della sua forza politica e militare
potendo contare su una settantina di militanti, oltre che su un’ampia
rete di simpatizzanti. Solo l’arresto fortuito di due militanti minori,
alla fine di quello stesso anno, aprì imprevedibilmente un processo di
disgregazione a catena. I due decisero di collaborare con le forze di
polizia determinando, in breve tempo, la distruzione definitiva della
colonna e del suo mito di imprendibilità.
Ma a questa storia se ne
intreccia un’altra, non meno complessa e avvincente: la montatura
giudiziaria a opera di alcuni collaboratori del generale dei carabinieri
Carlo Alberto Dalla Chiesa che, nel ’79, portò in carcere una
quindicina di militanti dell’estrema sinistra genovese ingiustamente
accusati di appartenere alle Br. Una montatura svelata dopo dodici anni e
che comportò, per quattro vittime di quel «blitz», la revisione delle
sentenze di condanna in assoluzioni piene seguite da ingenti
risarcimenti economici.

TEMPI PRESENTI - La storia della Br genovesi in un avvincente libro del giornalista Andrea Casazza
APERTURA - Marco Clementi il manifesto 2013.11.29 - 11 CULTURA
Il Professore delle Br e la Luce divina
Meglio una Pentecoste di Silenziodi Francesco Cevasco Corriere 11.12.13
Che per spiegare la storia delle Brigate rosse sia proprio necessario (o
piuttosto strumentale?) citare la Pentecoste del Manzoni, uno dei mille
allievi del professor Enrico Fenzi non se lo sarebbe mai aspettato.
Fenzi non era il classico cattivo maestro, anzi. A suo tempo è stato il
miglior professore di letteratura italiana all’Università di Genova.
Dante, Petrarca, Boccaccio, e appunto Manzoni. È stato spesso indicato
come l’unico intellettuale che sia mai passato al terrorismo. E poi,
molto dopo tutti i crimini dei quali si è macchiato, ha anche scritto un
libro importante sull’orribile storia delle Brigate rosse, che furono
anche sue, dal titolo «Armi e bagagli».
La condanna definitiva a diciotto anni di carcere, un pentimento che non
è mai arrivato, e molto silenzio, interrotto dalle polemiche per il
documentario che gli ha dedicato il regista Pippo Delbono non cambiano
la sostanza delle cose: Fenzi era un brigatista che ha fatto notevoli
danni al Paese e anche a qualche giovane intellettuale che subiva il suo
ascendente.
Tutto questo preambolo per dire, citando Fabrizio De Andrè: e adesso
vecchio professore cosa vai cercando in quel portone? Il portone è
quello nobilissimo di Palazzo Ducale a Genova, dove, presentando il
libro di Andrea Casazza, «Gli imprendibili», dedicato proprio alla
colonna genovese delle Br, il professore, alla sua prima volta in
pubblico da quel 17 maggio 1979 in cui lo arrestarono, produce nuvole di
fumo. Tipo: «Per capire le Br serve una luce che viene dall’alto, come
quella della manzoniana Pentecoste». A cosa si riferisce? Chi lo sa. E
poi: «Le cose vere sono ancora tutte da dire». E ancora: «Una barca
carica di armi ce l’ha data l’Olp». E ancora: «Ci furono pressioni dei
servizi perché io incastrassi l’onorevole Mancini». Scusi, professore,
ma lei che ci spiegava così bene il Petrarca, non ci può spiegare in
maniera un poco piu’ chiara anche questa storia «alternativa» delle Br
che lei conosce bene quanto conosce bene il Poeta? Altrimenti, forse,
sarebbe più dignitoso un bel silenzio .
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