domenica 17 novembre 2013

Una storia della colonna genovese delle Brigate Rosse


Andrea Casazza: Gli imprendibili. Storia della colonna simbolo delle Brigate Rosse, DeriveApprodi

Risvolto
La lunga e complessa storia della colonna genovese delle Brigate rosse. 


Genova è la città in cui, all’inizio degli anni Settanta, con la formazione della «banda XXII Ottobre», nata in collegamento con i Gruppi armati partigiani fondati dall’editore Giangiacomo Feltrinelli, ha avuto inizio la storia della lotta armata in Italia. Un primato ribadito, nel ’74, con il clamoroso sequestro a opera delle Br di Mario Sossi, e, nel ’75, con l’omicidio del giudice Francesco Coco e dei due uomini della sua scorta: il primo aveva recitato il ruolo di pubblico ministero nel processo alla XXII Ottobre, il secondo si era opposto alla scarcerazione dei militanti della «banda» richiesta dalle Br in cambio della liberazione del magistrato sequestrato. Da quel momento e fino al 28 marzo ’80, data dell’eccidio per mano dei carabinieri di quattro brigatisti sorpresi nel sonno nella base di via Fracchia grazie alle rivelazioni del «pentito» Patrizio Peci, la colonna visse il mito dell’imprendibilità. Sei anni di fuoco in cui la formazione brigatista partecipò al rapimento dell’armatore Pietro Costa, attuò quindici «gambizzazioni» di personalità politiche democristiane, di dirigenti industriali e del vicedirettore del quotidiano «Il Secolo XIX» e mise a segno gli omicidi di quattro carabinieri e di un commissario di polizia. Ma ciò che destò più scalpore e sgomento fu l’uccisione di Guido Rossa, operaio e militante del Partito comunista, punito per aver contribuito all’arresto di Francesco Berardi, sorpreso mentre distribuiva materiale propagandistico brigatista all’interno della fabbrica nella quale entrambi lavoravano. 
Nonostante la «strage di via Fracchia», nell’80 la colonna arrivò al culmine della sua forza politica e militare potendo contare su una settantina di militanti, oltre che su un’ampia rete di simpatizzanti. Solo l’arresto fortuito di due militanti minori, alla fine di quello stesso anno, aprì imprevedibilmente un processo di disgregazione a catena. I due decisero di collaborare con le forze di polizia determinando, in breve tempo, la distruzione definitiva della colonna e del suo mito di imprendibilità.
Ma a questa storia se ne intreccia un’altra, non meno complessa e avvincente: la montatura giudiziaria a opera di alcuni collaboratori del generale dei carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa che, nel ’79, portò in carcere una quindicina di militanti dell’estrema sinistra genovese ingiustamente accusati di appartenere alle Br. Una montatura svelata dopo dodici anni e che comportò, per quattro vittime di quel «blitz», la revisione delle sentenze di condanna in assoluzioni piene seguite da ingenti risarcimenti economici.


















TEMPI PRESENTI - La storia della Br genovesi in un avvincente libro del giornalista Andrea Casazza
Il backstage mimetico di un'organizzazione armataIn questo volume la vera protagonista è Genova, città industriale ricca di forti contraddizioni
APERTURA - Marco Clementi il manifesto 2013.11.29 - 11 CULTURA


Il Professore delle Br e la Luce divina
Meglio una Pentecoste di Silenzio
di Francesco Cevasco Corriere 11.12.13

Che per spiegare la storia delle Brigate rosse sia proprio necessario (o piuttosto strumentale?) citare la Pentecoste del Manzoni, uno dei mille allievi del professor Enrico Fenzi non se lo sarebbe mai aspettato.
Fenzi non era il classico cattivo maestro, anzi. A suo tempo è stato il miglior professore di letteratura italiana all’Università di Genova. Dante, Petrarca, Boccaccio, e appunto Manzoni. È stato spesso indicato come l’unico intellettuale che sia mai passato al terrorismo. E poi, molto dopo tutti i crimini dei quali si è macchiato, ha anche scritto un libro importante sull’orribile storia delle Brigate rosse, che furono anche sue, dal titolo «Armi e bagagli».
La condanna definitiva a diciotto anni di carcere, un pentimento che non è mai arrivato, e molto silenzio, interrotto dalle polemiche per il documentario che gli ha dedicato il regista Pippo Delbono non cambiano la sostanza delle cose: Fenzi era un brigatista che ha fatto notevoli danni al Paese e anche a qualche giovane intellettuale che subiva il suo ascendente.
Tutto questo preambolo per dire, citando Fabrizio De Andrè: e adesso vecchio professore cosa vai cercando in quel portone? Il portone è quello nobilissimo di Palazzo Ducale a Genova, dove, presentando il libro di Andrea Casazza, «Gli imprendibili», dedicato proprio alla colonna genovese delle Br, il professore, alla sua prima volta in pubblico da quel 17 maggio 1979 in cui lo arrestarono, produce nuvole di fumo. Tipo: «Per capire le Br serve una luce che viene dall’alto, come quella della manzoniana Pentecoste». A cosa si riferisce? Chi lo sa. E poi: «Le cose vere sono ancora tutte da dire». E ancora: «Una barca carica di armi ce l’ha data l’Olp». E ancora: «Ci furono pressioni dei servizi perché io incastrassi l’onorevole Mancini». Scusi, professore, ma lei che ci spiegava così bene il Petrarca, non ci può spiegare in maniera un poco piu’ chiara anche questa storia «alternativa» delle Br che lei conosce bene quanto conosce bene il Poeta? Altrimenti, forse, sarebbe più dignitoso un bel silenzio .
 

Nessun commento: