lunedì 3 febbraio 2014
Fine della democrazia: la destra ha assorbito la sinistra e copre ormai tutto lo spettro politico continentale
Ovvero, la dialettica tra destra e sinistra è ormai tutta interna al campo della destra, che può essere oggi governo e opposizione, comando ed egemonia, tecnocrazia e movimentismo innocuo [SGA].
Daniel Cohn-Bendit e Alain Finkielkraut
Nazionale o europea, il bivio della democrazia
di Antonio Carioti Corriere 3.2.14
Nel sostegno ai manifestanti ucraini filoeuropei Daniel Cohn-Bendit
(nella foto a sinistra ) e Alain Finkielkraut (a destra ) sono in
perfetta sintonia, così come nel ripudio dei totalitarismi di ogni
colore. Ma sul futuro dell’Europa i due intellettuali coltivano visioni
diverse, messe a confronto ieri in un vivace faccia a faccia sul
quotidiano francese «Le Monde». Non si tratta di un dissenso lieve,
poiché a dividerli è il concetto stesso d’identità
europea.
L’ecologista franco-tedesco Cohn-Bendit, copresidente del
gruppo dei Verdi al Parlamento di Strasburgo, proietta l’Europa in una
dimensione postnazionale e le assegna la missione di difendere i diritti
dell’uomo in una prospettiva universale, che non conosce frontiere. I
singoli Stati, sottolinea, non sono assolutamente in grado di affrontare
le sfide poste dalla globalizzazione: se le istituzioni dell’Ue
funzionano in modo insoddisfacente, «il primo degli imperativi
politici», nella situazione attuale, deve diventare quello di
«realizzare una democrazia europea».
Opposto il punto di vista
sostenuto da Finkielkraut, docente di filosofia considerato tra i più
brillanti e originali esponenti del pensiero neoconservatore europeo. A
suo avviso, la democrazia ha senso solo là dove è nata, nell’orizzonte
circoscritto della nazione, poiché presuppone «una lingua comune, delle
origini comuni, un avvenire comune e un legame con lo stesso passato».
Un’identità che non si può fabbricare artificialmente, perché è frutto
della storia. L’Ue, secondo Finkielkraut, ha la funzione di associare le
diverse nazioni, ma sbaglia quando pretende di sostituirsi ad esse:
finisce per trasformarsi in un apparato kafkiano, vissuto dai cittadini
come una minaccia alla loro libertà.
La disputa s’inasprisce
sull’immigrazione. Cohn-Bendit è per una politica di accoglienza e cita
la tragedia di Lampedusa: non attacca il governo italiano, ma gli Stati
europei più influenti, Francia e Germania, che a suo avviso hanno spinto
perché i migranti fossero respinti in mare, tradendo la vocazione
inclusiva dell’Unione. Finkielkraut invece sottolinea le ricadute
deleterie della fallita integrazione degli immigrati, specie islamici,
per cui vi sono aree della Francia sottratte alla sovranità
repubblicana, in cui professori, negozianti e autisti d’autobus sono
sempre a rischio, le donne vivono in segregazione e l’antisemitismo ha
libero corso. L’Europa multiculturale è un ideale o un incubo? Il nodo
cruciale del dissenso risiede qui.
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