Carlo Carena: Il fascino del mito, Salerno editrice
Risvolto
Il
libro traccia una densa ricostruzione della parabola del mito classico -
dalle sue prime espressioni letterarie, in Omero e in Esiodo, al teatro
tragico greco-romano, ai poemi e alle compilazioni più tarde - come
grande creazione fantastica. E un’attenta ricognizione dei suoi riflessi
con l’incessante riprodursi delle sue ‘favole’ nelle letterature
europee, da Dante a Boccaccio.
Un moto instancabile che ha modellato la nostra cultura e la nostra civiltà letteraria, esercitando ancora oggi un fascino senza tempo.
Per Salerno editrice un avvincente "manuale" scritto da Carlo Carena
Alessandra Bernocco Europa 20 febbraio 2014
Il classico vicino a noi
La mitografia non passa mai di moda
Una mappatura dei miti greco-latini conterrebbe
quasi 14mila nomi e vicende. Un manuale per navigarci dentro
di Carlo Carena Il Sole Domenica 9.3.14
Una mappa completa del mito greco-latino, una genealogia che partendo dal regno
di Saturno e dalla nascita di Zeus scendesse per li rami alle divinità
olimpiche (Era, Apollo, Afrodite, Ermes, Pallade, Posidone, Ade…; e poi
Demetra, Persefone, Dioniso…) e agli eroi (Prometeo, Eracle, greci e troiani…)
e alle leggende più poetiche (Adone, Arianna, Dafne…) sarebbe impossibile per
la sua vastità. Come attesta la Bibliotheca classica, ora Classical Dictionary
del reverendo John Lamprière, apparso la prima volta a Londra nel 1738,
ripetutamente e tuttora ristampato manuale di inesauribile vantaggio e
attrattiva, utilizzato da secoli da studenti, studiosi, poeti: i biografi
dicono che Keats lo conoscesse quasi a memoria e i critici ne hanno rilevato
tracce quasi letterali nell'Ode su un'urna greca. Vi figurano circa 14.000 nomi
propri, di cui forse la metà mitologici o comunque connessi con la mitologia.
È, se non altro, un segno della ricchezza, della penetrazione e
dell'insediamento di quel deposito di favole e di verità, di cui era sgomentato
anche Boccaccio. Nel Proemio delle Genealogie deorum Gentilium egli scrive di
tremare al solo pensiero del soverchio peso di dover addentrarsi «tra gli aspri
deserti dell'antichità» per «raccorre lo sbranato, minuzzato, consumato, e
quasi in ceneri già ritornato gran corpo de' Dei Gentili, e de' famosi heroi».
Per non accostarsi all'immenso «tronco metafisico poetico» di Giambattista
Vico, attraverso il quale la sapienza poetica si dirama nella fisica, nella
cosmografia, nell'astronomia, nella cronologia e nella geografia: prova della
verità e risultati veritieri dei miti, non invenzioni oziose e oscene, o
suggestive e arcane, ma storia vera espressa da un'età primitiva del mondo e
imborghesita nei rifacimenti delle età "colte". «Non si può dare
tradizione, quantunque favolosa – si legge nella Scienza nuova –, che non abbia
da prima avuto alcun motivo di vero». Ma proprio questa condizione attraeva
poco altri in quello stesso giro di anni. I miti, racconta Fontenelle nella rapida
Origine des fables (1724), sono sì espressione genuina e spontanea della
fanciullezza dell'umanità, di quei poveri selvaggi che hanno abitato per primi
il mondo; ma non per ciò o proprio per ciò meno confusi e menzogneri. Che amore
era mai questo degli uomini per falsità manifeste e ridicole? I miti sono «uno
dei prodotti più strani dello spirito umano», che vi mescola – miscela la più
deliziosa – lo strano al meraviglioso, «filosofia veramente grossolana» di
gente ignorante.
Basta e avanza richiamare solamente alcuni miti fondamentali ed esemplari per
il loro valore e significato sia nelle religioni e letterature antiche, sia
nelle riprese entro le letterature moderne. Queste, specialmente in certe
epoche, in taluni generi letterari e in tematiche cruciali, sono state infatti
dipendenti o hanno ripreso in vari modi, nel semplice modo poetico o
nell'interpretazione e ricreazione letterario-filosofica, grandi e piccoli miti
cantati dai poeti classici. Il mito stabiliva un legame per i gruppi in cui
veniva continuamente narrato, esprimeva e costituiva i valori e le istituzioni
di quella società. L'aspetto religioso o d'intrattenimento è più accentuato
negli uni o negli altri, nei miti cosmogonici e teogonici, eroici o
genealogici, rituali o eziologici. Li cantava in epoca omerica l'aedo nel
banchetto dei nobili, li ripetevano i cori nelle feste locali e panelleniche,
li rappresentava il teatro nella città democratica.
Queste sono anche altrettante tappe e luoghi della sua evoluzione… I Greci
cercarono di esorcizzare il mito tenebroso e fatale, di iniettargli una forma,
che viene dall'intelligenza e dall'arte; di inserire divinità luminose e sane,
belle e serene, la solarità senz'ombra, la luce senza tramonti, piuttosto
l'umano, e quindi il possibile se non il vero, anche nella mitologia, anziché
il mostruoso e l'assolutamente, inutilmente immaginario, come preferiva
l'Egitto e preferirà il Medioevo nordico. La decorazione scultorea del
Partenone con la Centauromachia, l'Amazzonomachia e la Gigantomachia ricordava
a tutti gli Ateniesi gli scontri millenari e immani da cui era nata la loro
civiltà; la fatica e il rischio attraverso cui si civilizzano le nazioni e gli
uomini. Perché un pensiero era insito sin dagli inizi in una simile
immaginazione, e una simile mitologia era obbligata a procedere sino alla
filosofia.
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