mercoledì 26 febbraio 2014
La comune umanità: l'atlante genetico del genere umano
di Gabriele Beccaria La Stampa TuttoScienze 26.2.14
Un’avventura
negli ultimi 4 millenni che intreccia le vicende di 95 popolazioni e
che sta scritta nei filamenti del Dna: ecco perché, delle tradizionali
fonti a cui attingono gli umanisti, Falush e i suoi colleghi (Simon
Myers della Oxford University e Garrett Hellenthal dello University
College di Londra) non sanno che farsene. C’è un altro archivio,
alternativo, ed è inciso in noi, a prova di falsificazioni. Combinando i
procedimenti veloci di sequenziazione con gli approcci statistici più
sofisticati, è stato così materializzato il significato ultimo di guerre
e imperi, di migrazioni e commerci: uno scintillante patchwork di
incroci che, sedimentandosi nel Genoma, svela la natura meticcia
dell’umanità.
«Non
vogliamo parlare con gli storici. È un motivo d’orgoglio essere
oggettivi: si inseriscono i dati e ciò che si ottiene è la storia
stessa». Con queste parole al limite dell’arroganza Daniel Falush,
ricercatore del Max Planck Institute, ha sintetizzato il grandioso
affresco a cui ha contributo: il primo atlante genetico dell’umanità.
La mappa interattiva - raccontata su «Science» -
racchiude conferme e sorprese. Molti popoli del Mediterraneo portano in
sé i geni degli schiavi africani, deportati dai trafficanti arabi a
partire dal VII secolo, mentre fanno eccezione i Drusi del Libano che
rifiutarono di diventare complici del commercio di uomini e donne. Negli
italiani, invece, c’è un’iniezione di Dna dall’antica Lidia, tra 776
a.C. e 550, prova della colonizzazione etrusca, così come la violenza di
tanti invasori ha lasciato nelle carni dei vinti firme ugualmente
indelebili: i Greci di Alessandro Magno tra i Kalash del moderno
Pakistan nel 326 a.C., i mongoli negli Hazara dell’Afghanistan e negli
Uiguri dell’Asia centrale nel XIV secolo, i Thai tra i cambogiani
dell’impero Khmer nel secolo successivo.
Analizzando le mutazioni che
si verificano nel Genoma a ogni generazione e misurando le lunghezze
variabili dei cromosomi, il team ha portato alla luce non solo i mix di
popolazioni, ma ha ricavato un orologio biologico dei tempi in cui
quegli incontri-scontri sono avvenuti. Così sono bastati 1490 volontari,
in Europa, Africa, Asia e Americhe, per ridare vita a epopee e
tragedie, dai viaggi sulla Via della Seta, impressi nel Dna dei Tu della
Cina, alla colonizzazione del Nuovo Mondo, marchiata nel Dna di Maya.
E
ora, svelato il passato, il prossimo salto è nel futuro. Da queste
«salse» di Dna si punta a costruire una sterminata banca dati: ci farà
capire chi siamo e perché a certe malattie resistiamo, mentre altre
potrebbero spazzarci via.
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