sabato 1 febbraio 2014

Una seconda Benjamin-renaissance?

Walter Benjamin
Tuttavia, anche questa nuova ondata sembra privilegiare il Benjamin meno interessante, ovvero quello filosofico e mistico-messianico, un po' per moda e un po' per rimuoverne il sottotesto politico marxista; mentre questo sfortunato autore ha dato semmai il meglio di sé nell'indagine sociologica [SGA].


Wal­ter Ben­ja­min, Testi e com­menti, a cura di Gianfranco Bonola, Quod­li­bet, pp. 252, euro 19

Risvolto

TESTI: Walter Benjamin, «Parole e modi di dire» di Stefan Benjamin - Walter Benjamin, Appunti per un lavoro sulla categoria di giustizia - Gershom Scholem, Un colloquio su Walter Benjamin - Franz Rosenzweig, Le ventiquattro parole di Rafael Rosenzweig in tedesco - Furio Jesi, Il testo come versione interlineare del commento - SAGGI: Gianfranco Bonola, «La porta di ogni istante». Commento alle tesi Sul concetto di storia di Walter Benjamin - Walter Benjamin, Che cos’è l’aura? - Clemens-Carl Härle, Nascita dello sguardo - Erdmut Wizisla, «Krise und Kritik» (1930/31). Il progetto della rivista - Barbara Chitussi, “Denotazione” e “significato”. Walter Benjamin e il paradosso di Russell - Thomas Peterson, La storia come montaggio in Benjamin - Gianfranco Bonola, Di luce riflessa: l’eredità di Kafka. Sulla genesi di alcune idee sviluppate da Walter Benjamin nelle tesi Sul concetto di storia -  ARCHIVIO: Michele Ranchetti, Leggere Benjamin -  Michele Ranchetti, Tradurre e interpretare - Cesare Cases, Walter Benjamin teorico della traduzione - Franco Fortini, Allegoria e postmoderno - Renato Solmi, Una testimonianza del traduttore di Angelus Novus 



La costellazione svelata di Walter Benjamin 
Filosofia. Una raccolta di testi, alcuni dei quali inediti, e di commenti all'opera del pensatore tedesco pubblicata da Quodlibet

Marco Pacioni, il Manifesto 1.2.2014 


Se c’è un pen­sa­tore che rie­sce a tenere fisso il pen­siero simul­ta­nea­mente a cose diverse, o a svol­gere una cosa fin dove que­sta si lega ad altre sve­lando che tutte erano in realtà già insieme, que­sto pen­sa­tore è Wal­ter Ben­ja­min. Tale dispo­si­zione si potrebbe anche defi­nire come la capa­cità di col­le­gare feno­meni dispa­rati o vice­versa di distin­guere den­tro quelli che appa­iono uni­tari diverse com­po­nenti. Qua­lità raris­sima quella di Ben­ja­min nella sto­ria del pen­siero dove molti filo­sofi nello sforzo di tro­vare l’unico, l’origine, l’essenza e il fine sovente per­dono di vista le arti­co­la­zioni, i con­te­sti, il respiro stesso del pen­siero. Anche per que­sta straor­di­na­ria capa­cità di sta­bi­lire col­le­ga­menti Ben­ja­min è in senso pro­fondo il pen­sa­tore della «costel­la­zione». Parola che lui stesso tra­sforma in con­cetto filo­so­fico. Ben­ja­min «di-vide», non tanto in senso ana­li­tico, ma nel senso che vede o per­ce­pi­sce un feno­meno almeno due volte nello stesso tempo. Un po’ come avviene nella scena di una delle imma­gini più note che si asso­ciano a lui e cioè l’angelo di Paul Klee – per Ben­ja­min l’angelo della sto­ria – che guarda alle sue spalle men­tre è tra­spor­tato in avanti dalla tempesta. 

Molti degli scritti di Ben­ja­min, all’apparenza sibil­lini, sono illu­mi­na­zioni fram­men­ta­rie rese tali però dalle vicis­si­tu­dini di una ricerca filo­so­fica che ha dovuto adat­tarsi ai tempi stretti della fuga, dell’esilio, della per­se­cu­zione. Essi sono dei ponti get­tati, a volte inter­rotti di cui altri potranno even­tual­mente con­ti­nuare il pro­getto. Gli scritti di Ben­ja­min spe­rano pro­gram­ma­ti­ca­mente, quasi pre­ve­dono a volte tale con­ti­nua­zione. Soprat­tutto in que­sto aspetto, al di qua di incon­si­stenti accuse di misti­ci­smo irra­zio­nale, dovrebbe essere visto il mes­sia­ni­smo di Ben­ja­min. Raf­fi­gu­ran­dolo attra­verso il lin­guag­gio, si potrebbe dire che il suo è pen­siero soprat­tutto sin­tat­tico. Un pen­siero in cui il limite è più spesso un legame che una sepa­ra­zione tra parole e cose; una mappa di ciò che all’apparenza sem­bra essere disperso e pare vivere solo di luce pro­pria come le stelle del cielo nelle quali egli sa vedere strut­ture quali sono appunto le costellazioni. 
Un pen­siero della speranza 

Il volume curato da Gian­franco Bonola, Wal­ter Ben­ja­min, Testi e com­menti (L’ospite ingrato ns 3, Quod­li­bet, pp. 252, euro 19) costi­tui­sce anzi­tutto una pro­fonda com­pren­sione di quanto all’insegna della costel­la­zione, della col­la­te­ra­lità si muove il pen­siero di Ben­ja­min. La sua capa­cità non solo di rac­co­gliersi in fol­go­ranti con­den­sa­zioni afo­ri­sti­che, ma anche di seguire le rotte e le inte­ra­zioni della luce dei con­cetti su più dire­zioni. Il libro di Bonola, oltre ad anto­lo­giz­zare alcuni scritti rari o da poco editi o tra­dotti in ita­liano di Ben­ja­min, mette insieme anche una serie di testi di inter­lo­cu­tori che in vario modo hanno inte­ra­gito con la lin­gua e il pen­siero di Ben­ja­min. Ci sono Sho­lem, Rosen­z­weig, Jesi, Härle, Wizi­sla, Peter­son e poi gli ita­liani che si sono soprat­tutto con­fron­tati con la tra­du­zione di Ben­ja­min a comin­ciare dalla ver­sione della ormai leg­gen­da­ria ver­sione del 1962 Ange­lus Novus di Solmi, fino a Chi­tussi e Agam­ben, pas­sando per Cases e For­tini. Fra loro, Michele Ran­chetti cui tutto il volume è dedi­cato e che con Bonola aveva curato le tesi sul Con­cetto di sto­ria, uno degli scritti più famosi, testual­mente pro­ble­ma­tici e discussi di Benjamin. 

La lin­gua dell’infanzia, il lin­guag­gio, la tra­du­zione, la sto­ria, la rivo­lu­zione vista con gli occhi del mes­sia­nico, i ripe­tuti ten­ta­tivi di defi­nire l’aura, lo sguardo, la giu­sti­zia, la scrit­tura di Kafka, tutti argo­menti che nel merito sem­brano con­ver­gere su un impor­tante leit motiv di tutta l’opera di Ben­ja­min: l’urgenza della sto­ria di farsi pre­sente di cam­bia­mento, l’idea di un pen­siero mosso dalla spe­ranza anche e soprat­tutto nella situa­zione in cui que­sta sem­bra negata, nella situa­zione in cui gli uomini sem­brano ras­se­gnarsi, adat­tarsi al male minore, alla neces­sità nella quale si muove il tanto abor­rito da Ben­ja­min tempo lineare ano­mico senza frat­ture, con­giun­zioni, inter­tempi, dove tutto alla fine si tiene, si giu­sti­fica e si neu­tra­lizza. Pro­prio nel rifiuto di que­sta pro­gres­si­vità giu­sti­fi­ca­trice della sto­ria, quello di Ben­ja­min è un pen­siero rivo­lu­zio­na­rio e in un certo senso reli­gioso come bene esprime il con­te­nuto dello scritto di Bonola che com­menta le tesi, La porta di ogni istante. 
La ricerca del contesto 

L’aura, oggi più che mai ancora pre­sente nel discorso sulle arti, è l’altro con­cetto pro­ta­go­ni­sta di que­sto libro, a comin­ciare dalla pre­senza di un testo di Ben­ja­min ritro­vato tra­dotto e da poco pub­bli­cato da Agam­ben. L’aura non è sem­pli­ce­mente l’hic et nunc dell’opera, come pure sostiene lo stesso Ben­ja­min. Per lui, anche que­sto con­cetto assume una valenza meto­do­lo­gica simile a quella della costel­la­zione. In tal senso, l’aura è per Ben­ja­min, l’indecidibilità fra ema­na­zione dal sog­getto e con­ver­genza del luogo sul sog­getto. È il trat­tino che da un cen­tro ver­bale muove verso gli estremi per col­le­gare e simul­ta­nea­mente muo­vere tali estremi per farli con­ver­gere. L’aura è il «con-testo», arti­co­la­zione di espan­sione e con­den­sa­zione, seco­la­riz­za­zione e sacra­liz­za­zione e ciò che rende que­ste entrambe possibili. 

Ran­chetti ha seguito in parte il modus ope­randi del pen­siero di Ben­ja­min, pri­vi­le­giando un’idea di limite meno costrut­tiva, più sepa­ra­to­ria e cri­tica, meno con­so­la­to­ria, fino ad assu­mere essa come cesura e spesso dando l’impressione di dispe­rare di poter ricom­porre que­sta, farne un legame. In ciò sta appunto una delle dif­fe­renze più mar­cate fra Ben­ja­min e Ran­chetti. Dif­fe­renza che passa forse per la distin­zione fatta da Agam­ben fra mes­sia­nico e apo­ca­lit­tico: fra due modi fami­liari che arti­co­lano tut­ta­via diver­sa­mente il rap­porto tra ini­zio, fine, tempo e spa­zio – oggi più mai modi entrambi neces­sari alla rifles­sione politica.


Torna Benjamin: ma la Storia ha una filosofia?
Piero Melati «Il Venerdì di Repubblica» 06-12-2013


La renaissance degli studi italiani sul filosofo tedesco Walter Benjamin segna una nuova, importante tappa. La casa editrice Quodlibet pubblica Walter Benjamin. Testi e commenti (pp. 252, euro 19), volume a cura di Gianfranco Bonola, che riprende il progetto originario di Michele Ranchetti, uno dei primi e più prestigiosi studiosi del pensatore ebreo.
L'idea di partenza di Ranchetti, scomparso nel 2008, era la pubblicazione di un numero monografico della rivista Ospite ingrato, i cui materiali fossero destinati a rappresentare una svolta nello studio della filosofia della storia. Lo spirito, scrive lo stesso Bonola nella prefazione, era riprendere il filo del seminario universitario che Ranchetti tenne a Bologna nell'autunno del '78, considerato una pietra miliare. Fu quella l'epoca, dopo un primo rilancio post sessantottino, che le idee di Benjamin sull'aura delle opere d'arte o sull'era della riproducibilità tecnica divennero, in Italia, patrimonio di una generazione di studenti. Il volume annovera come firme lo stesso Benjamin, Scholem, Furio Jesi, Rosenzweig, Cases, Fortini, Solmi. Guida a più mani, profonda, seria e ricca di spunti. 

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