venerdì 28 marzo 2014

Chi capisce cosa vuol dire il risvolto di questo libro è bravo

Smarrita l'anima?
Boh... [SGA].

Paolo Per­ti­cali (a cura di): Smarrita l’anima? Guide per una politica della verticalità, Mimesis

Risvolto
L’uomo contemporaneo è un meteorite spirituale nell’ eternità del cosmo. Attraverso un percorso di grandi voci filosofiche, questo libro ricerca la via di un’anima per coloro che sono erranti nell’immensità tutta uguale del villaggio globale. Una trama poetica e morale che fa emergere le risonanze erranti fatte non di concetti e idee, ma di occhiate appena gettate, di luccichii e di onde magnetiche che non consentono di misurare lo smisurato , ma lasciano almeno scorgere i segni e le premonizioni del cosmo che attraversano. L’accostamento dei nomi propri di questo libro assume la forma di un’ educazione ascetica nella’era della globalizzazione. 



Educati nell’era della globalizzazione 
Saggi. «Smarrita l’anima?», un libro collettivo per Mimesis. Il recupero teorico dell’attitudine conoscitiva dei bambini e delle bambine per spiegare il mondo

 Sara Borriello, il Manifesto 28.3.2014 

I tempi moderni sono tempi strani; anche chi vi è immerso, chi ci è nato tende a per­dere la bus­sola, a lasciarsi tra­vol­gere. I tempi moderni soli­ta­mente non hanno tempo per pen­sare: è da que­sto pre­sup­po­sto che nasce Smar­rita l’anima? (Mime­sis Impronte, pp. 184, euro 16), libro di Paolo Per­ti­cali che riu­ni­sce nove saggi, ognuno con il pen­siero di un autore diverso, la cui filo­so­fia viene inter­pre­tata alla luce della realtà di oggi. 

Il mes­sag­gio che acco­muna i diversi saggi è quello di ricor­dare all’uomo la poli­tica della ver­ti­ca­lità, della fatica e della con­cen­tra­zione men­tale. Ogni autore, infatti, mette in luce qual­cosa che l’uomo moderno ha dimen­ti­cato, gli argo­menti sono i più diversi e sono tutti con­nessi al vivere sociale. Si parte dal «pen­siero a ter­mine» di Tau­bes, secondo cui l’individuo dovrebbe ricor­darsi della fini­tu­dine di ogni sovra­nità, ogni potere e tempo, per riu­scire a guar­dare oltre i pro­pri con­fini tem­po­rali. Altri inte­res­santi con­tri­buti sono quello di Paul Rab­bow (che auspica un ritorno della Pai­deia greca e agli eser­cizi spi­ri­tuali anti­chi, che for­mano la cara­tura morale del fan­ciullo) e quello di Ivan Illich (che, invece, si con­cen­tra sulla seco­la­riz­za­zione del nostro tempo e denun­cia un cri­stia­ne­simo gua­sto e falsato). 

Tut­ta­via l’intervento più inte­res­sante è anche quello più breve. Ripren­dendo Gil­les Deleuze, Per­ti­cari ricorda come il punto di mas­sima ele­va­zione della filo­so­fia, lo zenit della medi­ta­zione, altro non è se non un ritorno alle ori­gini e al pen­siero del bam­bino. La spon­ta­neità delle domande del bam­bino è auten­tica per­ché non ancora inqua­drata in strut­ture di con­trollo sociale. Seguendo que­sto punto di vista, il filo­sofo dovrebbe eva­dere dai con­sueti modi del pen­siero per arri­vare, attra­verso l’elevazione, a qual­cosa di nuovo e ine­dito. La cri­tica mossa alla società attuale è, invece, quella di dimen­ti­carsi dei bam­bini, per­ché la loro impre­ve­di­bi­lità non li rende adatti agli schemi moderni. L’effetto inte­res­sante è che Per­ti­cari riprende nella forma ciò che scrive, la bre­vità e la spon­ta­neità di scrit­tura del sesto sag­gio lo fanno emer­gere dal resto degli interventi. 

Ecce­zion fatta per la tema­tica del bam­bino, il libro non è di certo di facile let­tura, spesso assume il difetto tipico della filo­so­fia, si pre­senta cioè vola­tile, e per il let­tore non è sem­plice seguire il filo del discorso e divin­co­larsi nella matassa di pen­sieri e col­le­ga­menti fatti dall’autore. In ciò non aiuta la cura edi­to­riale; non è dif­fi­cile imbat­tersi in refusi e svi­ste che pos­sono, in alcuni casi, ren­dere dav­vero dif­fi­cile la com­pren­sione del testo. Per quanto riguarda l’aspetto con­te­nu­ti­stico, il libro si pre­senta coe­rente nelle inten­zioni, i saggi seguono un filo rosso che li acco­muna e il mosaico che emerge è com­po­sito ma ben definito. 

Tut­ta­via, lo scopo ini­zial­mente dichia­rato dall’autore era quello di con­net­tere il pen­siero filo­so­fico al pen­siero poli­tico e sociale, per dare un’applicabilità alle teo­rie illu­strate. Que­sto col­le­ga­mento risulta invece sem­pre più vago, e la moder­nità, più che essere ana­liz­zata, viene sol­tanto messa a con­fronto, per altro in maniera poco appro­fon­dita, con i modelli ideali pre­sen­tati di volta in volta. Ciò rende il libro un com­plesso e ben assor­tito discorso sulla ver­ti­ca­lità filo­so­fica, ma sicu­ra­mente non una guida pra­tica a un com­por­ta­mento in grado di con­tra­stare gli ele­menti malati della moder­nità (come invece auspi­cava l’autore). Tanto più che spesso, nello sforzo di fare denun­cia, viene tra­la­sciata la parte fon­da­men­tale, ovvero quella del pen­siero del filo­sofo. Quest’errore è lam­pante soprat­tutto nel sag­gio su Don Milani, la tesi fon­da­men­tale è che è neces­sa­ria una rilet­tura di quest’autore per i valori attuali che pro­pone, ma, fino alla fine della trat­ta­zione, non vi è nem­meno un minimo accenno al con­te­nuto di tali valori. 

Per rias­su­mere il libro in una parola, baste­rebbe usare il ter­mine «filo­so­feg­giante». Una let­tura impe­gna­tiva ma ottima se ci si vuole astrarre dalla realtà per­den­dosi in teo­rie ideali; tut­ta­via l’autore ha mirato troppo alto quando, nella ban­della, il libro viene defi­nito «un’educazione asce­tica nell’era della globalizzazione».

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