venerdì 7 marzo 2014
Rosi ricorda Volonté
A vent’anni dalla morte del grande attore, il Festival di Bari gli
dedica una retrospettiva. Ne abbiamo parlato con il regista che l’ha
diretto in cinque film
intervista di Arianna Finos Repubblica 7.3.14
ROMA. «L’ultima persona che mi ha ricordato Gian Maria non è un attore. È
papa Francesco». Francesco Rosi è un signore di novantun anni, lucido e
fin troppo esigente con la propria memoria. Nel corso della lunga
chiacchierata sull’amico Volonté, nell’attico a un passo dal Quirinale,
il regista napoletano si stizzisce quando non trova la parola giusta o
non conclude rapidamente un concetto. Per raccontare non aspetta la
domanda e parla al presente: «Ci tengo a dire subito qualcosa. Gian
Maria è un attore unico. Per tempi, sguardi, intensità. Per la capacità
unica di comunicare l’elaborazione del suo pensiero, prima ancora di
formulare la battuta».
All’attore-autore, che il 9 aprile 2013 avrebbe compiuto 80 anni e del
quale il 6 dicembre ricorrono vent’anni dalla scomparsa, il Bif&st
(Bari international film festival, 5-12 aprile) dedica il più vasto
tributo mai realizzato, un festival nel festival, ripercorrendo la
carriera con mostre, proiezioni e incontri con registi e attori.
Francesco Rosi e Gian Maria Volonté hanno realizzato insieme cinque
film, da Uomini contro nel 1970 a Cronaca di una morte annunciata, nel
1989. «Uomini contro è stato un film piuttosto impegnativo sulla prima
guerra mondiale. Al potere militare non importava granché delle quantità
enormi di soldati mandati a morire. Al momento non fu amato, oggi è uno
dei film che i ragazzi guardano di più. Pensai a Gian Maria per il
ruolo del tenente che cerca di impedire il massacro dei suoi uomini. Lo
scelsi per il modo in cui i suoi occhi e il suo volto esprimevano
l’intensità con cui diceva le cose che pensava». Fu l’incontro di due
personalità diverse, unite dalla sacralità del mestiere inteso come
preparazione e impegno. «Trascriveva tutte le battute, tutta la
sceneggiatura, anche quattro volte. Appuntava su un tavolo da disegno
tutte le battute e i contraddittori. Durante una scena di Cristo si è
fermato a Eboli, Paolo Bonacelli non ricordava la battuta. “Riprendiamo,
dicevo io”. Proviamo ancora, ma l’amnesia continua. A un certo punto
Gian Maria, con un sorriso quasi giustificatorio dice: “Eh, non ha
studiato”».
Rosi si sofferma sullo straordinario mimetismo del suo attore feticcio,
«era alla ricerca continua del dettaglio. In Il caso Mattei durante la
sequenza in cui il presidente dell’Eni si sveglia in un albergo dopo una
notte insonne e scende nella hall, noto che Gian Maria cammina con i
piedi piatti. Controllo le foto di Mattei, e vedo che in una ha i piedi
sistemati come se li avesse piatti». Sul set di Lucky Luciano, «una
mattina Gian Maria mi sorride e io realizzo che ha un’altra bocca,
completamente diversa. Si era fatto fare un’applicazione speciale dal
dentista. Quando la bimba chiede “Sei Lucky Luciano?” lui sorride ed
esce fuori un ghigno terribile. Verso la fine del film ci raggiunge la
donna che era stata l’ultima amica del boss. Fissa Gian Maria a lungo,
gli occhi negli occhi, si gira verso di me e dice: “È isso”, è lui».
Tra il regista partenopeo e l’attore nato a Milano l’affinità
professionale è totale. «Lo accompagnavo dal mio sarto, dal mio
barbiere. Mi piaceva che in ogni nostro film avesse almeno un indumento
mio, un cappotto, una cravatta, una camicia. Anche per scaramanzia».
Fuori dal lavoro le frequentazioni non erano assidue, «avevamo entrambi
una casa al Villaggio dei pescatori a Fregene, andavamo in spiaggia. Ma
Gian Maria era un uomo chiuso. La nostra non è una di quelle amicizie in
cui ci si incontra per andare a pranzo». Volonté aveva fama di
carattere spigoloso: «Non ho mai trovato ragioni di contrasto con lui.
Mai. Con Petri erano molto amici, ma proprio questa intimità consentiva
loro di accanirsi l’uno contro l’altro. Noi l’abbiamo evitata. Per
ragioni politiche ci potevano essere momenti di contrasto, specie
durante la stagione del terrorismo. Io ero un socialista riformista, lui
un comunista idea-lista, se avessimo cominciato a discutere sarebbe
finita male». Per entrambi c’era la condivisione di un’idea di cinema
civile, d’impegno. Negli ultimi anni Volonté lavorava sempre meno,
«sceglieva solo i progetti che lo convincevano davvero. Infatti con me
ha fatto cinque film. Molte delle mie opere, oggi considerate culto, non
furono accolte bene. Quando uscì Le mani sulla città, a parte gli
applausi a Venezia, ci furono pernacchie: le signore portavano il
chiavino dei portoni per fischiarci meglio».
Il ricordo più bello è legato a Cristo si è fermato a Eboli. «Vivemmo
per mesi in un paesino della Lucania. Mangiavamo tutti insieme, la sera
dormivamo nelle case dei paesani. Volonté andava a giocare a carte con i
macchinisti, gli elettricisti. Le sue scelte mi ricordano papa
Francesco che, da laico, ammiro. Gian Maria frequentava la gente
semplice, che aveva problemi nella vita. Amava stare con quelli
piuttosto, che cercare altri tipi di compagnia».
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