domenica 2 marzo 2014

Un'edizione dei Dialoghi delle cortigiane

Luciano di Samosata: Dialoghi delle cortigiane, traduzione e cura di Francesco Chiossone, Il Melangolo, Genova, pagg. 110, € 8,00

Risvolto

I quindici brevi "Dialoghi delle cortigiane" sono forse l'opera più originale e curiosa di Luciano di Samosata. Servendosi di uno stile semplice e diretto, l'autore ritrae magistralmente il mondo equivoco delle cortigiane, con i suoi amori, le sue gelosie, i suoi interessi, le sue maldicenze. A differenza di altri scritti di Luciano, insieme alla consueta vena pungente e corrosiva, troviamo qui una particolare delicatezza nella descrizione dei caratteri e dei sentimenti, che oltre a rendere più realistici e credibili i personaggi dei vari dialoghi, contribuisce a fare di quest'opera un gioiello di equilibrio e grazia. 



Antiche cortigiane Più sagge di Socrate
di Anna Li Vigni Il Sole Domenica 2.3.14


Atene come New York. È circa il 160 d.C. quando il pensatore greco Luciano di Samosata, conferenziere e sofista esperto, reclamato nelle sale di retorica di tutto il Mediterraneo, si trasferisce nella metropoli antica, dove pullulano sia la vita mondana sia la cultura internazionale. Qui più che mai si percepisce tutta la criticità di quella che Eric R. Dodds definisce un'«epoca d'angoscia», il mondo tardo antico. Ad Atene impazza l'usanza, tra gli uomini di accompagnarsi a bellissime etere. Non si tratta di prostitute, bensì di "cortigiane", ragazze spesso figlie di stranieri, che avevano trovato un modo assai redditizio di vivere intrecciando relazioni con uomini benestanti i quali, in cambio, le mantenevano e facevano loro generosi doni. A dispetto del clima di riprovazione sociale che le attorniava, le etere erano donne colte, raffinate, che avevano viaggiato, pertanto risultavano assai affascinanti nell'ambiente dell'élite: un'etera – dice Crobile – «veste in modo elegante, è sempre allegra con tutti senza eccedere in risa sguaiate, prende il cibo con la punta delle dita e, quando beve, lo fa lentamente, a piccoli sorsi». Erano le uniche donne veramente libere, che partecipavano a eventi pubblici e a banchetti e che, quando si legavano a politici potenti, acquisivano prestigio sociale. Basti pensare all'etera Aspasia, per la quale Pericle ripudiò la moglie. Luciano fu colpito dall'influenza che queste donne esercitavano sulla cultura e sugli uomini, e ad esse dedicò 15 deliziosi Dialoghi delle cortigiane (tradotti e introdotti da Francesco Chiassone). Si tratta di ritratti di finissima fattura letteraria, nei quali sono le stesse donne a mostrare ciascuna il proprio carattere attraverso un linguaggio molto realistico che fa rivivere, sulla pagina, il mondo ateniese antico. L'ironia e il sarcasmo, tipici di Luciano, non mancano: le etere sfoggiano un eloquio e una capacità ragionativa degna di un filosofo. Mentre i filosofi delle grandi scuole – classico bersaglio critico di Luciano – talvolta fanno una magra figura. Nel decimo dialogo, Aristeneo, stoico dalla ridicola «barba lunga un metro», vieta all'allievo Clinia di frequentare l'amata etera Droside invitandolo invece a seguire la virtù; ma la filosofia è un alibi che cela le mire del filosofo sul ragazzo. La penna di Luciano è assai graffiante, quando afferma: «Confronta l'etera Aspasia e Socrate il sofista, e valuta quale di loro istruì meglio i giovani».

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