lunedì 26 maggio 2014

Il "capitale finanziario" nella Grecia antica

Les Finances des cités grecques
Léopold Migeotte: Les finances des cités grecques, Les Belles Lettres

Risvolto

Disciple de Louis Robert, Léopold Migeotte, aujourd'hui professeur émérite de l'Université Laval (Québec), a d’abord étudié l’endettement des cités grecques, puis d’autres aspects de leurs finances. La synthèse qu’il offre aujourd’hui est l’aboutissement des recherches qu’il a poursuivies dans ce domaine durant plusieurs décennies. Il comble ainsi un vide longtemps déploré par le monde savant et renouvelle profondément l’étude du sujet. Il en aborde tous les aspects : modalités de l’administration des finances, plus cohérente et plus complexe qu’on ne l’a souvent prétendu ; diversité des revenus, dont trois originalités étaient la richesse des recettes patrimoniales, la diversité de la taxation et l’engagement des citoyens riches ; relative simplicité des types de dépenses. Il pose les mêmes questions dans ses deux derniers chapitres, consacrés à Athènes et à Délos.
Mettant à profit les enseignements des philosophes et des historiens grecs et surtout ceux de la documentation épigraphique, qui ne cesse de s’enrichir, il réexamine de vieux problèmes et pose de nouvelles questions. Sa démarche repose constamment sur l’analyse attentive des témoignages anciens et non sur l’application de modèles empruntés à d’autres époques ou à d’autres disciplines, car ces derniers ne suffisent pas, en raison de leur effet réducteur, à expliquer l’originalité des institutions grecques.
À chaque étape, ses analyses débouchent sur des pages de synthèse dans lesquelles il dégage les caractères marquants de ce qu’il appelle « le système financier » des cités. En effet, au-delà de leurs variantes locales et de leur évolution, les institutions financières du monde grec avaient de nombreux traits communs, dont la mise en place s’est achevée à la période classique et qui se sont maintenus durant des siècles sans changements notables. La gestion financière des Grecs avait certes des faiblesses et des défauts, mais elle était ancrée dans l’exercice de la démocratie directe, donc soumise en tout temps au contrôle populaire : quand il était efficace, celui-ci servait de rempart contre l’envahissement de l’intérêt commun par des intérêts privés. Ce constat peut donner à réfléchir aujourd’hui.



Costi della politica: gli antichi greci non stavano meglio
di Armando Torno Corriere 26.5.14


Nell’antica Grecia c’erano banche. Non come le nostre, comunque di tre generi: private, pubbliche e sacre. Le prime due possiamo immaginarcele, per la terza dobbiamo recarci a Cos, all’inizio del I secolo prima di Cristo: tre chiavi erano necessarie per l’accesso al tesoro, due delle quali in mano religiosa. E le tasse locali? Anche in tal caso non si badava a delicatezze. Si aggiungevano ai contributi individuali e a una fiscalità capillare: vi erano imposte dirette sulla produzione agricola, sulle persone, sul commercio all’ingrosso e su quello minuto, sulle compravendite locali, sul culto. Inutile continuare, ché sembra di inventariare i balzelli dell’Italia odierna. Le notizie le abbiamo ricavate dal ponderoso volume Les finances des cités grecques , frutto di mezzo secolo di lavoro di Léopold Migeotte (professore all’Università Laval, in Québec), appena uscito da Les Belles Lettres (pp. 778, e 59). 
Mettendo a profitto i testi di filosofi, letterati e storici greci, soprattutto la documentazione epigrafica, Migeotte ha scritto un libro rivelatore di un mondo avvolto dal mito, in cui si formano i nostri modelli. Ricalcola, tra l’altro, quali erano i costi di una festa o quelli per un concorso o per la celebrazione dei culti (acquisti di animali e loro nutrizione sino al sacrificio), le cifre necessarie per affrontare una guerra o per difendersi da un attacco nemico (tra l’altro i casi di Sparta e Siracusa); né manca un capitolo sui costi della politica. Per esempio, ci fu un aumento retributivo per i cittadini ateniesi che svolgevano funzioni civiche all’inizio della guerra del Peloponneso (anni dal 431 al 404 a.C. circa) che restò valido sino ai tempi di Aristotele (morto nel 322 a.C.): Migeotte ricorda che la spesa annuale dovette essere tra i 22 e i 37 talenti. In quel periodo un talento equivaleva alla quantità di argento necessaria per pagare l’equipaggio di una trireme per un mese. 
Sono inoltre evidenziati i costi della democrazia ateniese. Il suo funzionamento esigeva spese regolari, «per l’acquisto del materiale di scrittura, la remunerazione dei secretari, dei sotto secretari, degli araldi e di altri impiegati subalterni» (in buona parte schiavi). Senza contare i viaggi degli ambasciatori, arbitri e ispettori o, tra gli altri, i decreti onorifici. «Fabbricazione e incisione delle steli, salario degli addetti e onoreficenze concesse ai beneficiari — nota Migeotte — possono essere valutate a 10 o 20 talenti per anno nel IV secolo». E anche i lavori pubblici avevano un’incidenza a seconda delle tendenze, tenendo conto che iscrizioni e statue potevano subire variazioni o sostituzioni. Pericle ha stimato una spesa di 3.700 talenti per i Propilei, altri lavori dell’Acropoli e l’assedio di Potidea. 
Lo studio di Migeotte assegna a ogni cosa il suo prezzo nell’ambito del «miracolo greco». Riesce a farci guardare nella tenuta dei libri dei conti o tra le spese di un processo. È un metodo quantitativo che fa capire come quegli antichi problemi siano simili ai nostri. Del resto, anche Peter Brown ha seguito analoga via per focalizzare con i parametri di ricchezza e povertà lo sviluppo del cristianesimo tra il 350 e il 550 della nostra era. La sua opera, pubblicata due anni fa da Princeton University Press, è ora tradotta da Einaudi: Per la cruna di un ago (pp. 894, e 36). In tal caso coloro che dispongono di mezzi finiscono sotto osservazione: è più facile al cammello passare per la cruna dell’ago che a un ricco entrare nel regno dei cieli. Ma sia nell’antica Grecia che con il cristianesimo i soldi recavano buon umore. E c’è stato sempre chi ha indicato al ricco scorciatoie per soggiornare benissimo anche nell’aldilà.

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