sabato 10 maggio 2014

Una nuova traduzione per la Servitù di la Boétie

Discorso sulla servitù volontaria
Étienne de la Boétie: Discorso della servitù volontaria, a cura di Enrico Donaggio, con interventi di Miguel Benasayag e Miguel Abensour, Feltrinelli, pp. 128, euro 8,50

Risvolto
La tesi centrale del Discorso sta nell'affermazione che i tiranni detengono il potere in quanto sono i sudditi a concederglielo. "L'asservimento di una massa non si può ottenere esclusivamente con la forza, la violenza o il terrore. (...) Perché il potere di chi governa origina sempre da un "dono", da una compiacente concessione dei sudditi. (...) A questa diagnosi del movente più intimo segue il catalogo delle cause estrinseche della servitù volontaria. La Boétie ne elenca almeno quattro: 1. l'abitudine impartita da famiglia, contesto e tradizione, che contribuisce in modo decisivo a cementare l'oblio della libertà, instillando una condiscendenza ovvia e acritica verso la subordinazione; 2. le merci dell'industria culturale e gli slogan della propaganda pubblicitaria e politica: un'intuizione che anticipa di quasi cinquecento anni le analisi della società dello spettacolo; 3. una certa forma di convenienza, illustrata con l'immagine omerica della "corda di Giove": le briciole e la corruzione che cadono dal tavolo del potere nutrono una sterminata schiera di cortigiani, avvelenando l'intero corpo sociale; 4. il carisma e il mistero, il velo o la maschera, dietro cui da sempre il potere nasconde il proprio volto, generando un'ingannevole fantasmagoria. Quelle appena enumerate sono tutte forme di raggiro, di indennizzo o baratto in perdita della propria libertà con qualcosa che possiede un valore decisamente inferiore". (Dalla prefazione di Enrico Donaggio). 


Il precursore degli anarchici amato damontaigne e Tolstòj 
L’enfant prodige della filosofia francese scrisse a 20 anni ilmanifesto segreto dei libertari. Contro gli uomini che simettono da sé in catene

7 mag 2014 Libero ROBERTO COALOA

Se oggi si conosce il pensiero geniale e anarchico di Étienne de la Boétie (1530-1563), filosofo, scrittore, politico e giurista francese, lo si deve al suo amico Michel de Montaigne (1533-1592) e, in tempi più recenti, a Lev Tolstòj. Feltrinelli ripropone ora unanuova traduzione del suocapolavoro, Discorso della servitù volontaria( pp. 128, euro 8,50, a cura diEnricoDonaggio, con interventidiMiguel Benasayag eMiguel Abensour).  
Di de la Boétie, morto a soli 33 anni, si conosce poco della vita e molto della sua «amicizia particolare» (come l’avrebbe definita Roger Peyrefitte) conMontaigne, il quale, il 18 agosto 1563, videmorire tra le sue braccia l’amico. Le sue ultime parole furono: «Fratellomio! Mi rifiutate dunque un posto?». Queste estreme parole invocanti un riconoscimento nel pantheon della gloria sconvolsero a talpunto il sensibile animo diMontaigne, antagonista della vana gloria, da generare in lui l’enorme riflessione filosofica che si tradurrà poi nella stesura dei celebri Saggi.
Il Discorso della servitù volontaria fu composto, secondo gli ultimi studi, nel periodo dell’università, cioè attornoai22 anni. SecondoMontaigne, tuttavia, sarebbe stato addirittura precedente, redatto cioè attorno ai 18 anni. Ilpamphlet circolò clandestinamente fino al 1576, anno della pubblicazione .
Che un testo del Cinquecento sia sopravvissuto fino a noi, travalicando epoche complesse e aiutandoci a riflettere sul nostro presente, non deve impressionare. È un classico che ponedomande cui il futuro non è riuscito a dare risposte. La critica della «tirannia» del filosofo francese (che Tolstòj chiamerà «violenza del governo») èunausilio eccezionaleper riflettere sulla servitù volontaria nelle odierne democrazie. 
Tra l’ottobre e il novembre 1905, Tolstòj produsse una grande opera tuttora sconosciuta (non esiste una versione russa o inglese dell’opera), (prossimamente edita in Italia a cura del sottoscritto). Un intero capitolo di questo volume è dedicato al pensiero di Étienne de La Boétie, che lo scrittore russo fece conoscere alla sua rete pacifista con numerosissime lettere e testimonianze. InGuerra decine di pagine riportano i passi salienti delDiscorso. Tolstòj cita il fondamentale passaggio: «Vi lasciate sottrarre sotto i vostri occhi ilmeglio del vostro reddito, saccheggiare i vostri campi, devastare le vostre case e privarle degli antichimobili di famiglia; vivete in modo tale che non potete più vantare alcuna proprietà veramente vostra; e date l’impressione che viconsiderereste giàmolto fortunati se vi si lasciassero solo la metà dei vostri beni, delle vostre famiglie, delle vostre vite. E tutti questi danni, questi guai, questa rovina vi derivano non già dai nemici, bensì certamente proprio dal nemico, da colui che voi stessi rendete così potente per il quale andate in guerra contanto coraggio, per la cui grandezza non esitate affatto ad affrontare la morte. Colui che vidomina così tanto ha solo due occhi, due mani, un corpo, non ha niente di diverso da quanto ha il più piccolo uomo del grande e infinito numero delle vostre città, eccetto il vantaggio che voi gli fornite per distruggervi. Da dove prenderebbe i tanti occhi con cui vi spia, se voi non glieli forniste? Come disporrebbe mai di tante mani per colpirvi, se non le prendesse da voi?». Ilmanoscritto originale del non è mai stato ritrovato. Tolstòj per citarlo si serve di untesto a lui contemporaneo, il Discours (Edit. de la Bibliothèque nationale, Paris, 1901, manoscritto della biblioteca di Henri de Mesmes, rinvenuto e pubblicato nel 1853 da J.-F. Payen), che è poi il testo di riferimento di questa nuova traduzione italiana.
Lo scrittore russo commenta: «Questo lavoro fu scritto più di quattro secoli fa, e nonostante la nettezza con cui dimostra la follia degli uomini, i quali cedono la propria libertà, nonché la vita, sottomettendosi alla servitù, essi non hanno seguito il consiglio di La Boétie: “Non assecondare la violenza governativa affinché essa sparisca”. Non solamente non ne hanno seguito il consiglio, ma addirittura si nascondeancora l'importanza diquesto saggio. Al punto che nella letteratura francese prevarrebbe fino ai nostri tempi l’opinione che La Boétie non pensasse a quello che scriveva, ma che si fosse abbandonato semplicemente auneserciziodieloquenza. Eppure dovrebbe essere ovvio il fatto che i principalimali degli uomini sono il risultato dell’organizzazione sociale chemantiene loro in servitù, essi continuano ad assicurarsi la propria esistenza e a sottomettersi a uomini che sonoalla testadelpotere». 
Tolstòj inGuerra esalta la figura del pensatore francese, che appare davvero il precursore dei filosofi dell’anarchia: Stirner, Proudhon e Bakunin. Tanto che ne sono addirittura debitori nello stile. Facendo un confronto dei testi ci si accorge di quanto è simile al il testo di Bakunin (1873), riflessione energica e tumultuosa sullaschiavitùimpostadagli Imperieuropeinell’800. Satira, ironia, pagine stilisticamente entusiasmanti per descrivere lamiseriamorale degli uomini.

1 commento:

elle deste ha detto...

«Vi lasciate sottrarre sotto i vostri occhi ilmeglio del vostro reddito, saccheggiare i vostri campi, devastare le vostre case e privarle degli antichimobili di famiglia; vivete in modo tale che non potete più vantare alcuna proprietà veramente vostra; e date l’impressione che viconsiderereste giàmolto fortunati se vi si lasciassero solo la metà dei vostri beni, delle vostre famiglie, delle vostre vite..."
ah ecco, allora è lo Stato comunista e i suoi delitti, quelli che vuol prendere di mira l' inefffabile giornalista di libero; della serie da Etienne la Boetie a Berlusconi (si parva licet...) :-)