lunedì 26 maggio 2014

Wojciech Jaruzelski

Addio a Jaruzelski, generale “dai due volti” il dittatore che aprì la strada a Solidarnosc

È morto a 90 anni l’ultimo “uomo forte” del regime polacco. Ma guidò anche la transizione di Varsavia alla democrazia

di Andrea Tarquini Repubblica 26.5.14 



BERLINO. C’ERA anche sua figlia, la bella Monika, accanto a un eroe dell’opposizione,
a quella strana festa nella tarda primavera dell’89. Generali e Solidarnosc negoziavano nella Tavola rotonda la transizione non violenta della Polonia alla democrazia e all’indipendenza. L’”Impero del Male” e il Muro di Berlino qui stavano già cadendo, ma non se n’era accorto quasi nessuno. L’oppositore e un alto ufficiale proposero un brindisi: «Cari giornalisti dei paesi Nato, brindate a noi polacchi: se vinceremo ci divideremo in democrazia, se perderemo ci spartiremo una baracca del Gulag». Il clima, tra speranza e festa sul Titanic, era quello, dove lui governava già sconfitto, e trattava coi rivoluzionari non violenti la cessione del potere. «Addio, ultimo dittatore e primo presidente della Polonia libera», lo saluta Gazeta Wyborcza, il primo quotidiano libero dell’allora Impero, fondato da Adam Michnik.
Fu una figura tragica come tante nella Storia della Polonia, costretto a seguire Mosca ma poi capace di riscattarsi. Il generale Wojciech Jaruzelski - l’uomo che con un golpe cercò di stroncare Solidarnosc e che però poi si piegò al dialogo con Lech Walesa, e che con l’aiuto di papa Wojtyla arrivò alla resa con onore e aprì a Varsavia la prima breccia nel Muro di Berlino - ha perso contro il cancro la sua ultima battaglia. L’amore nell’ospedale militare con un’infermiera, che ha spinto la moglie Barbara verso il divorzio, è stato il suo scatto estremo di voglia di vivere.
Fu un lungo cammino, la sua vita. In lui, generale di un golpe voluto per evitare (disse lui) l’invasione russa, molti videro un misto strano tra il padre della Polonia moderna, maresciallo Pilsudski, e il proconsole dell’Armata rossa Konstanty Rokossowski. Molti grandi polacchi, scrisse lo storico britannico Norman Davies, incarnarono le quattro anime dei drammi nazionali d’un paese occidentale nato nel luogo sbagliato: collaborazionismo (rarissimo, e mai con Hitler) o resistenza (prevalente), compromessi o emigrazione. Jaruzelski collaborò ma cercò compromessi, e trattò sapendosi sconfitto con resistenti ed emigrati. Nato nel 1923 da una famiglia della piccola nobiltà, crebbe in Siberia dove fu deportato con i suoi, dopo che Stalin attaccando la Polonia insieme a Hitler aveva scatenato la seconda guerra mondiale. Milioni di polacchi finirono nel Gulag, 1,2 milioni non tornarono. Là il riflesso solare sulla neve gli lese gli occhi: ecco perché portava sempre quegli occhiali neri, delizia dei vignettisti.
Nel dicembre 1981, contro la rivoluzione non violenta di Solidarnosc, Jaruzelski scelse «col cuore pesante» di tradire la patria per salvarla: legge marziale, oppositori in prigione, ogni diritto sospeso. «Mi spiace ancora oggi per chi feci soffrire, soprattutto per Adam Michnik», mi confessò. Mi mostrò il motivo: i piani segreti della Volksarmee di Berlino Est, la “Wehrmacht rossa” di Honecker, per un Blitzkrieg in Polonia contro i “controrivoluzionari”: sarebbe stata una strage. Vennero anni bui, l’élite militare si accorse che il socialismo reale non era riformabile. «Da dopo le purghe antisemite del ‘68 qui non funziona più nulla, nemmeno la censura», disse una volta. Ma anche anni di spiragli. La giunta cominciò a riabilitare le glorie militari polacche della seconda guerra mondiale, eroismi contro Hitler e Stalin e poi nella Royal Air Force o a Cassino. Poi, con l’aiuto di papa Wojtyla, pian piano si rassegnò al dialogo con Walesa e i suoi quattro strateghi (Kuron, Geremek, Mazowiecki, Michnik). Obiettivo: cambio di regime senza sangue. Nel giugno 1989 vennero le prime elezioni semilibere, Solidarnosc stravinse. Il generale, scavalcando il Partito comunista, nominò Mazowiecki - cattolico liberal, amico del Pontefice - nuovo premier.
La caduta dei Muri cominciò dalla rivoluzione soft di cui il generale dalle quattro anime divenne complice. Berlino est, Ceausescu, i neostalinisti di Praga chiesero invano a Gorbaciov una reazione “stile Tienanmen”. Jaruzelski lasciò governare gli ex nemici. Da un’inflazione al 2200 per cento con miseria diffusa, la Polonia divenne solida democrazia e “tigre” economica della Ue, valuta agganciata al marco e poi all’euro, crescita economica quasi cinese: tornò prospera società con un vasto ceto medio senza caccia alle streghe. Accusato dai Kaczynski, Jaruzelski fu poi riabilitato dal nuovo premier liberal Tusk, come consigliere speciale per i rapporti con la Russia.
Un ritorno sul viale del Tramonto. Lo rincontrai pochi anni fa, sereno e curioso del mondo, nel suo salottino sommerso da libri, stampe militari, longplaying di musica classica, tra una telefonata e l’altra dall’estero di Monika, operatrice di moda. L’ex nemico Lech Walesa andò a volte a trovarlo al capezzale: sorridendo, ricordavano quegli anni sul Titanic polacco. Momenti sereni tra patrioti, al termine di una delle due vite.

Nessun commento: