giovedì 12 giugno 2014

Ancora la Democrazia di Stefano Petrucciani


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La democrazia non è per tutti

Saggi. L'ultimo libro dello studioso e filosofo Stefano Petrucciani per Einaudi. La lunga storia del governo di rappresentanza e le sue torsioni ideologiche

 Carlo Altini, il Manifesto 12.6.2014




Oggi è dif­fi­cile indi­vi­duare un con­cetto che goda di mag­giore for­tuna rispetto a quello di demo­cra­zia, diven­tato un ingre­diente irri­nun­cia­bile per l’autodefinizione di qual­siasi movi­mento, tanto che nes­sun attore sulla scena poli­tica può oggi defi­nirsi «anti­de­mo­cra­tico», pena la sua imme­diata can­cel­la­zione dal dibat­tito pub­blico: «demo­cra­zia» non indica più solo una forma di governo o una pro­ce­dura, ma l’intero oriz­zonte assio­ma­tico dei paesi occi­den­tali. Que­sta for­tuna dell’idea di demo­cra­zia non è però priva di ambi­guità per­ché con­fonde in sé mol­te­plici piani di argo­men­ta­zione e neces­sita di qua­li­fi­ca­zioni che con­fi­gu­rano modelli di società radi­cal­mente diversi (demo­cra­zia libe­rale, costi­tu­zio­nale, rap­pre­sen­ta­tiva, diretta, deli­be­ra­tiva, com­pe­ti­tiva, tota­li­ta­ria ecc.).
La for­tuna dell’idea di demo­cra­zia è dun­que spe­cu­lare al suo uso ideo­lo­gico e stru­men­tale, attra­verso cui viene tra­sfor­mata in un pas­se­par­tout utile a giu­sti­fi­care qual­siasi opzione poli­tica. Pro­prio per fare chia­rezza sulle ambi­guità del prin­ci­pio demo­cra­tico è utile il volume di Ste­fano Petruc­ciani (Demo­cra­zia, Einaudi, pp. 252, euro 22) che for­ni­sce stru­menti di com­pren­sione con­cet­tuale e pre­senta una pro­spet­tiva cri­tica – sia sto­rica che teo­rica – sull’idea di demo­cra­zia. Sul piano sto­rico, il volume rico­strui­sce il lungo viag­gio della demo­cra­zia dalla Gre­cia clas­sica a oggi, pas­sando per le rivo­lu­zioni ame­ri­cana e fran­cese, le lotte per il suf­fra­gio uni­ver­sale e l’affermazione dello Stato sociale. Sul piano teo­rico, Petruc­ciani ana­lizza nume­rose que­stioni con­nesse all’idea di demo­cra­zia (costi­tu­zione, rap­pre­sen­tanza, diritti, par­titi), per giun­gere infine a una rifles­sione sulle pato­lo­gie delle demo­cra­zie con­tem­po­ra­nee deter­mi­nate dalla ristrut­tu­ra­zione dei rap­porti di potere nello spa­zio glo­bale.
For­mu­lata in epoca greca clas­sica, l’idea di demo­cra­zia attra­versa un lungo periodo di oblìo per tro­vare nuova for­tuna con i teo­rici del giu­sna­tu­ra­li­smo moderno, prima di avere la sua com­piuta rea­liz­za­zione nel Nove­cento, quando cadono molte delle bar­riere (ceto, red­dito, genere) che ave­vano impe­dito la par­te­ci­pa­zione alla vita poli­tica di un alto numero di cit­ta­dini. L’elemento carat­te­riz­zante della demo­cra­zia nel XX secolo è sem­brato dun­que con­si­stere nell’eguale par­te­ci­pa­zione di ogni mem­bro della società alle deci­sioni vin­co­lanti gra­zie al pro­gres­sivo allar­ga­mento dei diritti civili, poli­tici e sociali. Tut­ta­via, oggi, le dina­mi­che demo­cra­ti­che non hanno lasciato solo luci, ma anche ombre con le quali è neces­sa­rio fare i conti. Per esem­pio, libertà ed egua­glianza non hanno cam­mi­nato di pari passo, tanto che nelle demo­cra­zie con­tem­po­ra­nee sono aumen­tati i livelli di dise­gua­glianza sociale ed eco­no­mica, così che sem­brano ripro­porsi vec­chie que­stioni di ceto, in par­ti­co­lare nell’accesso alle oppor­tu­nità e nella mobi­lità sociale. Anche a livello isti­tu­zio­nale, il prin­ci­pio della rap­pre­sen­tanza ha finito per entrare in crisi a causa della pro­gres­siva tra­sfor­ma­zione dei par­titi poli­tici in mac­chine oli­gar­chi­che di orga­niz­za­zione del con­senso e di gestione del potere.
L’elenco potrebbe con­ti­nuare, ma si tratta di vicende note sul piano poli­tico e sociale. Il lavoro di Petruc­ciani è impor­tante soprat­tutto per una rifles­sione filo­so­fica sull’attuale ambi­guità della demo­cra­zia. Il rico­no­sci­mento di tale ambi­guità rap­pre­senta, infatti, il primo passo per sve­lare gli effetti con­tro­fat­tuali dei ricorsi odierni alla volontà popo­lare, spesso pura­mente stru­men­tali nel coprire ren­dite di posi­zione poli­tica ed eco­no­mica al riparo del con­senso del demos. Si tratta di un feno­meno piut­to­sto sem­plice da osser­vare, per­ché il ple­bi­sci­ta­ri­smo ita­liano degli ultimi vent’anni nei con­fronti del lea­der – da Ber­lu­sconi a Grillo e Renzi – è un vivido esem­pio di quest’uso ideo­lo­gico del prin­ci­pio demo­cra­tico, reso ancora più effi­cace dallo stri­sciante con­for­mi­smo e dalla sua­dente aggres­si­vità degli stru­menti di per­sua­sione e di indot­tri­na­mento di massa: abbiamo così assi­stito a un pro­gres­sivo sci­vo­la­mento in forme di plu­to­cra­zia dema­go­gica che, impo­nendo il domi­nio del «mer­cato», hanno ricreato rigide dise­gua­glianze sociali di «ceto» attra­verso l’uso ideo­lo­gico del les­sico delle libertà, ma di fatto svuo­tando l’idea stessa di demo­cra­zia, ridotta a esi­stere solo nelle cabine elet­to­rali.
Que­sta crisi poli­tica della demo­cra­zia riposa su una crisi sociale e cul­tu­rale che, ormai da quasi trent’anni, ha visto in Occi­dente la fran­tu­ma­zione delle iden­tità col­let­tive e l’affermazione di forme di pas­si­vità che hanno tolto signi­fi­cato a parole quali par­te­ci­pa­zione e auto­go­verno. È il peri­colo già segna­lato da Toc­que­ville: all’essenza della demo­cra­zia non è estra­neo l’avvento di una società pas­siva, sta­tica, social­mente fram­men­tata e inca­pace di effet­tivo muta­mento, gover­nata in modo pater­na­li­stico da un potere che parla non alle classi, ma agli indi­vi­dui iso­lati, chiusi nei loro inte­ressi pri­vati e con­trap­po­sti gli uni agli altri.
In que­sto modo, il con­flitto poli­tico smar­ri­sce la pos­si­bi­lità di ela­bo­rare un pro­getto gene­rale di società e si riduce a «con­tratto», cioè a nego­ziato diretto tra por­ta­tori di inte­ressi dotati di un potere socio-economico radi­cal­mente asim­me­trico. In breve: la poli­tica diventa mer­cato. Ma la poli­tica demo­cra­tica – se non vuole essere dema­go­gia – è ben altro, è cioè pra­xis e media­zione, governo della com­ples­sità e gestione del con­flitto, ana­lisi e inter­pre­ta­zione dei biso­gni sociali, costru­zione di pro­getti di lungo respiro e defi­ni­zione di un’idea com­ples­siva di società attra­verso il duro pas­sag­gio delle idee all’interno delle dina­mi­che sto­ri­che.
Per fre­nare la deriva pater­na­li­stica della demo­cra­zia segna­lata già da Toc­que­ville, ma sem­pre più evi­dente nell’attuale società della comu­ni­ca­zione, è allora neces­sa­rio che una rin­no­vata pra­tica demo­cra­tica miri a rispon­dere alla dis­so­lu­zione del legame sociale deter­mi­nata dall’affermarsi dell’individualità moderna di tipo libe­rale: la demo­cra­zia è oggi chia­mata ad argi­nare una potente dina­mica di livel­la­mento delle dif­fe­renze, di iso­la­mento e di pol­ve­riz­za­zione delle rela­zioni sociali, soprat­tutto di spo­li­ti­ciz­za­zione dello spa­zio pub­blico rea­liz­zata attra­verso una pro­gres­siva iper­tro­fia dell’«io» e della sog­get­ti­vità libe­rale. La solu­zione alla crisi della demo­cra­zia non può però essere tro­vata con scor­cia­toie dema­go­gi­che, ma va indi­vi­duata in un’altra dire­zione, attra­verso cui la «demo­cra­zia di opi­nione» (quella dei son­daggi, dei talk show e delle pri­ma­rie) sia sosti­tuita da una vera demo­cra­zia par­te­ci­pa­tiva e deli­be­ra­tiva che si fondi sulla costru­zione di un cit­ta­dino auto­nomo e con­sa­pe­vole, in grado di deci­dere sulle que­stioni pub­bli­che senza essere con­di­zio­nato dalle mode, dalle pub­bli­cità, dagli istrioni o dai dema­go­ghi. Per­ché senza poli­tica non c’è né demo­cra­zia, né libertà.

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