martedì 17 giugno 2014
Esiste un "Archivio Carlo Sini"
E si trova qua: http://www.archiviocarlosini.it/
Se fossi in Carlo Sini mi toccherei.
Sorge però il sospetto che l'archiviato sappia. Pare infatti che siano in preparazione anche le "Opere" di Carlo Sini...
Più sotto un esempio della archiviabile prosa di Carlo Sini [SGA].
Oltre il movimento
Quel ritmo corporeo che mima l’armonia dell’universoE il cammino diventa danza per procedere con dignità L’uomo va avanti nel suo destino. Da interpretare
di Carlo Sini Corriere 19.6.14
«Mentre
gli altri animali tengono proni lo sguardo verso la terra, gli dèi
vollero che gli uomini, eretti, levassero il volto a mirare il cielo e a
guardare le stelle»: così Ovidio nelle Metamorfosi (I, 84). L’intuito
dei poeti trova qui una conferma, perché l’acquisto della postura eretta
fu indubbiamente uno degli eventi decisivi per il destino degli umani
sul pianeta. Per una ragione o per un’altra, forse legata ai mutamenti
del clima e alla necessità di muoversi rapidamente nelle pianure
africane, i nostri antenati impararono a camminare. Liberarono così, in
un colpo solo, le mani e la bocca, destinandole a compiti nuovi e
straordinari: dalla fabbricazione di armi e di utensili
all’articolazione dei suoni della voce, mettendosi letteralmente in
cammino verso il linguaggio. A dire il vero non furono i soli. Prima di
loro altre specie e varietà di ominidi imboccarono la via della postura
eretta e la perfezionarono per lungo tempo anche contemporaneamente a
noi, ma non c’è dubbio che della marcia sul pianeta divenimmo poi i
campioni assoluti, distanziando tutti gli altri, scomparsi via via nella
oscurità di un passato che solo vaghe tracce testimoniano per il sapere
dei nostri scienziati: anche loro hanno camminato a lungo e ancora
camminano a ritroso con l’immaginazione e la ricerca.
Homo viator :
Bruce Chatwin, nei suoi suggestivi racconti, ci ha ricordato che la
maggior parte del tempo trascorso ci ha visti impegnati in un nomadismo
perenne e che solo molto di recente siamo diventati stanziali. La
nostra, secondo Chatwin, è nel profondo un’anima di viaggiatori, dotati
di un corpo irrequieto come quello di Ulisse: se resta fermo declina, si
ammala, non fosse altro per nostalgia dell’ignoto e del mai conosciuto.
E così la metafora del viandante, che tutte le arti hanno frequentato e
che nella musica di Schubert trova una realizzazione perfetta, è
indubbiamente una delle più efficaci per comprendere la sorte dell’umana
vicenda. Non ci siamo accontentati di misurare a grandi passi il
giardino di Adamo; abbiamo voluto percorrere i mari e poi addirittura
slanciarci nei cieli: non soltanto contemplarli come cantano i poeti.
Questo
poi non è tutto, perché è molto riduttivo, o addirittura sbagliato,
considerare la deambulazione degli umani solo dal punto di vista del
movimento rettilineo di traslazione e dei parametri della velocità e
della distanza percorsa. C’è dell’altro, che ci separa nettamente da
tutti gli animali e ci rende unici sul pianeta. C’è il fatto cioè che
noi e noi soli, per dire la cosa propriamente, danziamo, trasformando
l’alternarsi dell’equilibrio e dello squilibrio nel movimento dei piedi
in un ritmo corporeo e in un canto spirituale che mima palesemente
l’armonia dell’universo e il ciclico corso delle celesti sfere: non si
può negare che questo Ovidio l’avesse compreso. La danza è così il primo
pensiero degli umani e la matrice di tutte le arti, sicché solo
danzando e continuando a danzare, in senso reale e metaforico,
testimoniamo di un inizio che nella notte dei tempi ci ha aperto, sulla
terra e nel cielo, il cammino della verità e del destino. Molto povera
sarebbe una cultura dimentica di questi aspetti, una cultura attenta
solo agli esiti pratici e alla efficienza dei nostri mezzi di
locomozione, anche se indubitabilmente straordinaria nel percorrere lo
spazio che abbiamo reso disponibile alle nostre avventure. Bisogna
ricordare che nella misura del chilometraggio il cerchione della ruota
viaggia sì sempre più lontano, ma non può mai procedere più di quanto
proceda il suo mozzo, l’immobile centro della ruota stessa.
Questa
essenzialmente è la verità perenne della danza: ritmo del ritorno e
della memoria ricostruttiva e costruttiva, senza la quale il procedere
in avanti rischia di assomigliare al folle volo di Icaro, incarnazione
sprovveduta dell’arte di Dedalo. Animali autenticamente tecnici, figli
di quell’automa semovente che è la cultura, gli umani rischiano il non
senso e forse la catastrofe se si dimenticano di danzare, cioè di
procedere non solo con efficienza, ma anche con grazia e dignità, come
diceva Schiller. Procedere memori di un destino che in ogni tempo va
cantato e rappresentato, interpretato e riprodotto in tutti i saperi
dell’umano, così che l’enigmatica luce che un giorno si accese continui a
illuminare la notte e a dare senso al cammino.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
3 commenti:
Mi piacerebbe se invece Lei si rendesse conto di essere un cretino, archiviabile o meno.
A tutti piacerebbe qualcosa. Si faccia un blog. E magari si firmi. Lei è allievo del Maestro, immagino.
Purtroppo non ho avuto la fortuna di studiare filosofia all'università, ma ho letto molti libri di Sini e ora, grazie all'archivio da lei tanto vituperato, ho anche la possibilità di ascoltarmi le lezioni.
Non vedo perché dovrei armi un blog.
Cordialità,
Sergio Pugno.
Posta un commento