domenica 28 settembre 2014

Desideranti e parricidi

Anche Renzi, secondo Recalcati, ha rottamanto i suoi padri ed è Edipo; però anche un po' Telemaco quando li imbarca di nuovo... [SGA].

La misura economica del piacere
Saggio. «Senza padri» di Paolo Godani per DeriveApprodi. L’arma del desiderio usata per contrastare un rapporto sociale basato sui consumi, ma che impone rigidi vincoli ai comportamenti collettivi
Mauro Trotta, il Maniesto 27.9.2014

«Dio è morto, Marx è morto e anch’io non mi sento troppo bene». Con que­sta bat­tuta, quarant’anni fa, Woody Allen sin­te­tiz­zava in maniera magi­strale la con­di­zione dell’uomo con­tem­po­ra­neo ritro­va­tosi a vivere in un mondo in cui erano crol­lati tutti i rife­ri­menti e i punti fermi. Il dis­sol­versi di ogni regola tra­scen­dente, di ogni legame fon­dato su una realtà estrin­seca e fon­dante, insomma quello che spesso viene iden­ti­fi­cato con la cate­go­ria della morte del padre, è un pro­cesso che va avanti da oltre un secolo. Scrit­tori e pen­sa­tori come Nie­tzsche, Musil, Proust, Joyce hanno, nelle loro opere, cer­cato di fare i conti con que­sta situa­zione. Una situa­zione che, come tutte le cose umane, è in con­ti­nuo movi­mento e che ha por­tato alcuni, nel corso di que­sti anni, a pro­cla­mare la la fine della sto­ria. Ora a fare i conti con la situa­zione attuale, par­tendo pro­prio dall’evaporazione della figura paterna e cer­cando strade pos­si­bili di libe­ra­zione e cam­bia­mento, è Paolo Godani con un agile ma denso libretto, pub­bli­cato da Deri­veAp­prodi e signi­fi­ca­ti­va­mente inti­to­lato Senza padri. Eco­no­mia del desi­de­rio e con­di­zioni di libertà nel capi­ta­li­smo con­tem­po­ra­neo (pp. 168, euro 12).
L’autore, che è ricer­ca­tore all’Università di Mace­rata, ini­zia il pro­prio discorso indi­cando alcuni pre­sup­po­sti. Innanzi tutto che «ogni cri­tica allo stato di cose pre­sente e ogni imma­gine di pos­si­bili vie di libe­ra­zione deb­bano for­giarsi con le mate­rie prime e con gli stru­menti for­niti dal pre­sente stesso». Poi, che occorre tenere pre­sente che viviamo ancora all’interno del capi­ta­li­smo, il quale è in sostanza – ed è il terzo pre­sup­po­sto – «una mac­china impe­gnata a ripro­durre con­ti­nua­mente i limiti e i legami che per altri versi tende a dis­sol­vere». Già da que­ste tesi pre­li­mi­nari, ci si rende pre­sto conto che ci tro­viamo lungo un per­corso che da una parte si richiama a quell’operaismo che col­lo­cava Lenin in Inghil­terra o Marx a Detroit, dall’altra fa rife­ri­mento ai con­cetti di ter­ri­to­ria­liz­za­zione e deter­ri­to­ria­liz­za­zione di Deleuze e Guat­tari.
L’analisi della situa­zione attuale, che segue subito dopo in un capi­tolo signi­fi­ca­ti­va­mente inti­to­lato Un «nuovo» ordine del discorso, non può che cri­ti­care a fondo quelle cor­renti di pen­siero emer­genti che, davanti alla dis­so­lu­zione dei legami tra­di­zio­nali, invo­cano una sorta di «ritorno all’ordine», al senso del «limite», espli­ci­tato con la fedeltà alla verità o ai grandi valori. Un discorso spesso basato sulla pre­sunta vacuità di ogni tra­sgres­sione in assenza di norma. E il ber­sa­glio di Godani non sono pen­sa­tori neo­con o alfieri del tur­bo­ca­pi­ta­li­smo trion­fante, ma pen­sa­tori e filo­sofi quali Recal­cati, Badiou o Zizek. In estrema sin­tesi, secondo Godati, non si tratta di tor­nare indie­tro, ma di andare ancora più avanti, uti­liz­zando, radi­ca­liz­zan­dole ancora di più, quella dis­so­lu­zione di legami per far emer­gere nuove sog­get­ti­vità rivo­lu­zio­na­rie.
Così, com­piendo un per­corso che va a toc­care alcune delle espe­rienze più signi­fi­ca­tive dell’arte, del cinema e della let­te­ra­tura, con rilet­ture estre­ma­mente signi­fi­ca­tive di autori come Proust e Musil – ma con un discorso che spa­zia anche da De Lillo a Bela Tarr, a Gus Van Sant, a Car­melo Bene, a Bataille e per­sino all’ultimo testo, cosmo­lo­gico, di Augu­ste Blan­qui–– si mette radi­cal­mente in crisi quel con­cetto di indi­vi­duo deli­neato dal libe­ri­smo e dal capi­ta­li­smo in favore di un sog­getto che non è altro che «una col­le­zione di tratti, cioè di carat­te­ri­sti­che sin­go­lari, ma comuni e mol­te­plici». Uomini e donne senza qua­lità, sin­go­la­rità qua­lun­que, equi­va­lenti, senza par­ti­co­la­rità, in grado di sot­trarsi a quella guerra isti­tu­zio­na­liz­zata, rego­lata, codi­fi­cata, rap­pre­sen­tata dagli scac­chi, gio­ca­tori invece di go, dove le pedine non hanno «alcuna pro­prietà intrin­seca» e si allude piut­to­sto a «una non-battaglia, capace di affer­mare imme­dia­ta­mente l’esistenza di un altro mondo den­tro que­sto mondo».

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