giovedì 9 ottobre 2014
"Il collegato perenne professor Cacciari è l’Ospite Totale"
Compagnie di giro Ospiti à la carte per talk fotocopia
di Daniela Ranieri il Fatto 9.10.14
Chi
possiamo invitare per un dibattito sereno e pacato sull’Islam? Mah,
direi la Santanchè. Questo è lo schema-base, la matrice su cui l’Autore
di talk show costruisce le sue puntate. Perché se per ogni tema c’è
qualcuno che non dovrebbe mai parlare per mancanza di titoli e di
sensibilità, ecco, quello è il primo a cui telefonare.
Edmondo
Berselli illuminò il momento aurorale in cui in un giornale si devono
affrontare temi alti, tipo “la mamma, la famiglia o il mondo frocio”, e
si decide di interpellare un’autorità morale, di solito Claudio Magris.
Se Magris non risponde, si può dedicare una pagina alla scomparsa delle
autorità morali.
OGGI CHE i temi sono tutti bassi, specie gli alti,
l’autorità morale è da ricercare tra i professionisti dell’ospitata. La
crisi dei talk fa mordere il freno e produce schiuma. È lì che bisogna
lavorare. Tirare fuori da ogni bacile di pseudo-argomenti un personaggio
mercuriale, un so-tutto-io, un bru-bru che ci spiega come va il mondo e
le cui tesi siano incondivisibili secondo i più normali parametri della
ragionevolezza, talmente assurde da fare del loro sostenitore un guru e
un iniziatore di genere. In realtà una vittima da offrire al ludibrio
catodico.
Così il catalogo degli ospiti prêt-à-porter si è col tempo raffinato nella direzione di una specializzazione à la carte.
Il
menu feriale prevede i Tormentoni Umani, da battere finché caldi: ieri
erano Becchi, il teologo non autorizzato del grillismo, e Farinetti,
impresario dell’ottimismo eataliano e ministro della Furbizia in
pectore; oggi è l’imprenditore Martinetti, marchiato Grom, preferito da
Matteo come gelatoforo a Palazzo Chigi per la sit-com anti Economist,
giovane, bello e ricco abbastanza da proporre da Floris la ricetta per
il rilancio: un tesserino sanitario oro, argento e platino come
l’American Express.
Per quell’ora della sera in cui lo spettatore
masochista è stanco per lo zapping e tocca dopare lo share moscetto, si
chiama l’Agitatore di specialità shakerate: i comizi da autogestione di
Luca Casarini, la furia da Teatro della crudeltà di Sgarbi, le
raffinatezze da Dams di Freccero, dietro la cui poltrona, come in un
film di Woody Allen, fa capolino McLuhan.
Fa caso a parte il
collegato perenne professor Cacciari. Cacciari è l’Ospite Totale,
wagneriano, da chiamare per discorsi su Venezia, la crisi del Pd, la
vittoria del Pd, la fine del Pd, la guerra. Nitroglicerina a mezzobusto,
parte flemmatico, va in rodaggio, scalpita sulla sedia, s’avvelena,
sbrocca, si stacca i fili e se ne va.
L’Autore sadico gli contrappone
l’Ospite Factotum, vuoterello, idealista per cinismo e calcolo. Da
caparsi tra gli epifenomeni renziani, accessori di cose più grandi di
loro: la pedagogica Moretti, la catechesimale Serracchiani, la
sconcertante Picierno, impegnata a rafforzare il tulle evanescente del
renzismo con stecche di atroce luogocomunismo: “C’è bisogno di simboli”,
“pensare alle donne incinte”, “dare risposte concrete”. La
proporzionata Boschi va invitata da sola, perché possa mostrare la sua
competenza: il sorriso. Tutte utili a produrre rumore di fondo mentre si
lavano i piatti, oltre che a far incazzare Cacciari.
NELLA SAGRA
dell’Arieccolo, le stelle quasi fisse Bonafé, Richetti, Taddei, fanno da
contraltare del cambio verso a Ravetto, Comi, Lupi: presenze
nevrotizzanti per veicolare i messaggi del padrone. Per lavacri
collettivi di reputazione, imbottigliare insieme Polverini, Formigoni,
De Girolamo, Fitto.
Per la vox populi, chiamare il picchiatello che
“sapeva” ma nessuno gli ha dato retta; l’imprenditore-forcone incazzato,
il co.co.co, il tartassato. Per la categoria “vuoto qualificato”, Luigi
Abete. Per opacità d’antan, Giuliano Amato. Per cose di sinistra dette
con grinta di destra, Giorgia Meloni. Per la giustizia Sallusti, per il
lavoro Toti, per i diritti civili Gasparri, per l’immigrazione Salvini.
Per Kafka Storace.
Solo 3 o 4 persone in Italia possono fregiarsi del
titolo di Ospite Autoinvitantesi. Uno è Della Valle: sciarpone annodato
ad ascot, particolare emotivo tipo l’orologio dell’Avvocato, è l’arma
di fine-mondo, quello che rimette le chiacchiere a zero. Un altro è
Renzi, ospite naturale e nativo televisivo, talmente esclusivo che
spesso è in contemporanea su più canali.
Gli altri, ospiti normali da
impiattare, si sentono onnipotenti; in realtà, l’apparire in tv o meno
(che è come dire esistere o no) è in mano all’Autore. Il quale prima
crea mostri e poi, per la legge delle profezie che si autoverificano, ne
resta affascinato: se gli altri chiamano sempre Tizio, vuol dire che
Tizio è da chiamare.
Tanto, l’ospite à la carte trascende la sua
identità, e per uno che è in onda ce n’è sempre un altro che ne sa di
meno e che già aspetta, dietro le quinte. Fino a quando Floris inviterà
Floris e Giannini Giannini, e il talk dell’ospitata delirante imploderà,
risucchiato in un buco nero.
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