martedì 21 ottobre 2014
La crisi sbrana e cambiano i consumi primari
Viaggio al termine delle alette di pollo. L’Italia dei discount
Nelle periferie di roma si scopre a che pounto è davvero il nostro Paese Pure il supermarket della crisi è in crisi
di Antonello Caporale il Fatto 21.10.14
Tutto
finì in alette di pollo. Due euro e trentanove centesimi al chilo. Il
futuro vi aspetta qui, al bancone di carni Lidl, sulla via Casilina
altezza Centocelle. Dopo Carrefour ma prima di Trony e di Coop, sulla
destra scendendo, quasi di fronte a Eurocasa, Mondialcucine e Unieuro. È
bello quasi come gli altri e colorato anche. È un supermercato vero,
non più cartoni in terra ma freezer e cestelli, tanta cioccolata,
carotine, lattuga, banco dei vini con un rispettabile Muller Thurgau a
2,49 euro, e vodka, brandy, limoncello (da cinque euro).
La povertà
ci ha vinti e conquistati e Lidl ha il merito di averla almeno resa più
confortevole, presentabile, dignitosa. E liberata da qualunque
ossessione. Rita, alla cassa, gentile: “Mettiamo da parte le caramelle o
lo yogurt? ”. La signora con figlia adolescente ha fatto spesa e deve
decidere cosa espellere dalla busta: il conto fa 13 euro e 90, senza
yogurt viene dodici, senza caramelle tredici tondi. “Lo yogurt”, dice.
Amore di mamma.
AL DISCOUNT si fa la spesa con i soldi compattati in
striscioline minuscole e gli spiccioli che escono dalla tasca contati
già. Maria ha settant’anni e non vede bene. Apre il borsellino. “Ho
questi, tiè”. La cassiera con gesto amorevole: “Cinquanta centesimi in
più del necessario, tietteli questi, li sto rimettendo nel borzellino”.
Ali di pollo, latte e due panini (con farina di grano rimacinato).
Il
discount racconta l’Italia meglio di chiunque altro. All’entrata Parvos
distribuisce i carrelli. Viene dal Bangladesh: “Fino a poco tempo fa
pulivo i piazzali, ero assunto con una vera busta paga. Poi la crisi e a
febbraio mi hanno licenziato. Sono stato con loro sei anni ma poi la
gente è calata, le casse sono chiuse, guada lì su quattro una è aperta, e
hanno scelto la riduzione. Ora porto i carrelli e chiedo una mancia. In
una giornata faccio dieci euro, non di più. Arrotondo con la chiamata
del ristorante, quando serve vado a fare il cameriere. Dalle cinque
della sera alle due di notte mi danno quaranta euro. Avevo comprato
casa, avevo fatto il mutuo. Ho preso 120mila euro per 25 anni. Sono
regolare io. Eravamo contenti in famiglia, poi è successo disgrazia.
Tutto è andato via veloce. Allora ho detto: come faccio? Vendo casa ho
detto. Sono andato all’agenzia dove l’ho comprata ma mi hanno spiegato
che avrei perso almeno 30mila euro. Allora ho trovato questa soluzione:
mia moglie e mia figlia sono tornate al mio Paese, io ho affittato
l’altra stanza (ho due stanze e cucina e un balcone) a connazionali.
Duecento euro danno loro, cinquecento euro guadagno io. Con cinquecento
euro pago mutuo, con duecento mangiare, pagare luce. Però voglio andar
via dall’Italia, mi son detto come faccio? L’unico è lavorare ancora
così per sei sette anni. Mia moglie lo sa: tra sette anni vendo casa,
chiudo mutuo e torno da lei”.
Di veramente straordinario, quasi
inspiegabile, è che anche il discount soffre la crisi. Parvos guarda
desolato il piazzale. Questo giovedì si contano cinque auto in un
parcheggio costruito per trecento. La crisi è così potente che neanche
il luogo della rivincita della povertà si sottrae al destino. Come se la
discesa verso gli inferi non fosse ancora finita. Sono terminati i
gradini della scala, siamo giunti alle alette di pollo a due euro e
trentanove centesimi. Ma niente.
“Da noi le vendite sono diminuite
del 30% e con i lavori della Metro C anche di più. Siamo preoccupati
perchè se si va avanti così non ce la facciamo”. Angela, la cassiera
dello Sma di Porta Metronia, supermercato di livello medio alto, pensava
che il suo posto di lavoro se lo fosse fregato Parvos. Che il suo pane
(da un euro e ottanta a tre euro e venti) se lo fosse mangiato Rita del
discount (pane da novanta centesimi a un euro e quaranta). Che il latte
(allo Sma un euro e 60 centesimi al litro) se lo fosse bevuto Laura di
Lidl (Latteria italiana, fresco e pastorizzato, neanche un euro). Che i
biscotti del Mulino Bianco (due euro e 60 centesimi per 400 grammi) non
potessero competere con quegli altri (sempre Mulino Bianco, sempre due
euro e 60 centesimi, ma confezione da 800 grammi). Invece anche le
colleghe di Angela stanno cedendo, e Parvos del Bangladesh ha perso il
lavoro pur vendendo per conto del padrone “verdure e carne veramente
buona, ti dico buona a poco prezzo”.
SEMBRAVA un cammino disperato
tra il commercio in default di Tor Lupara e Bella Monaca, l’Axa e
l’Ardeatina, le distinte e graduate periferie romane. Invece al Tuodì
del Pigneto mi accoglie il sorriso di Cesar Carreia, trentacinquenne
angolano, responsabile del punto vendita. “Noi andiamo forte, la gente
entra con più convinzione, e mettiamo la roba in modo che si senta a
casa sua, come in un vero supermercato. C’è chi viene prima da me e mi
chiede cosa si può comprare che non faccia tanto male. Io rassicuro
tutti. Prima forse qualcosina era un po’ così, ma oggi per esempio la
carne, guarda che carne... ”. Un chilo di macinato misto costa 5,99. Le
cotolette vanno a 2,99 euro, la salsiccia a 2,39, la mortadella 2,75.
Anche qui le alette di pollo sbancano. “Si vende il pollame, dico la
verità”. E poi la birra, la vodka, anche il rum. Gli stranieri dell’Est
hanno una confidenza speciale con gli alcolici. Gli italiani prediligono
gli alimentari, meno i detersivi. “La pasta, questa settimana abbiamo
un’offerta speciale. Mettiamo dei cartelli bene in vista, abbattiamo i
prezzi anche del 26-30 per cento”.
Siamo all’offerta dell’offerta, al
discount del discount. È uno sconto al quadrato che annienta i ricavi
ma almeno riempie il market. È l’approdo fisso degli albergatori della
zona. “Chi ha un hotel viene qua: cornetti, latte, fette biscottate.
Acquistano qui la colazione del mattino per i clienti. Anche i
ristoratori fanno spesa da noi”. E le pizzerie, i forni. “Guarda quello,
lui è il garzone del fornaio. Ogni venerdì compra la farina”. Yeres,
indiano, ha cento pacchi di farina nel carrello. La ragazza del pub
riempie il suo di rucola, crema di tonno e di carciofini: “Sennò come
campiamo? Al mercato è impossibile acquistare”. Cesar riconosce tutte le
facce nuove. Ogni settimana nuovi arrivi, soprattutto italiani. “Li
vedo che sono un po’ spaesati. Noi li accogliamo e li rassicuriamo.
Vergogna non ne noto, ma un po’ di pudore sì, anche una punta di
imbarazzo. Ma rotto il ghiaccio, come si dice in Italia? ”.
Rotto il
ghiaccio si acquista e si ritrovano vecchi amici perduti: la pasta De
Cecco, l’acqua minerale Ferrarelle, i wafer dell’Alto Adige Loacker, la
Levissima (purissima), il Dixan e la birra Becks.
Le migliori marche, vero?
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