Risvolto
Realizing Reason pursues three interrelated themes. First, it
traces the essential moments in the historical unfolding--from the
ancient Greeks, through Descartes, Kant, and developments in the
nineteenth century, to the present--that culminates in the realization
of pure reason as a power of knowing. Second, it provides a cogent
account of mathematical practice as a mode of inquiry into objective
truth. And finally, it develops and defends a new conception of our
being in the world, one that builds on and transforms the now standard
conception according to which our experience of reality arises out of
brain activity due, in part, to merely causal impacts on our sense
organs. Danielle Macbeth shows that to achieve an adequate understanding
of the striving for truth in the exact sciences we must overcome this
standard conception and that the way to do that is through a more
adequate understanding of the nature of mathematical practice and the
profound transformations it has undergone over the course of its
history, the history through which reason is first realized as a power
of knowing. Because we can understand mathematical practice only if we
attend to the systems of written signs within which to do mathematics,
Macbeth provides an account of the nature and role of written notations,
specifically, of the principal systems that have been developed within
which to reason in mathematics: Euclidean diagrams, the symbolic
language of arithmetic and algebra, and Frege's concept-script, Begriffsschrift.
Pensare razionalmente
Danielle Macbeth, studiosa di Frege, parte anche stavolta dal grande matematico per riprendere la teoria della logica e Hegel
di Ermanno Bencivenga Il Sole Domenica 16.11.14
Il confronto fra Hegel e la tradizione si svolge sul piano della
logica: la dottrina del logos, del discorso significante. Da un lato la
logica aristotelica, analitica, per cui il significato è un insieme di
tratti, stabilito una volta per sempre (il significato di «umano» è
«animale razionale») e in rapporto di irriducibile opposizione con tutto
quanto ne viene escluso (un malato terminale di Alzheimer non è umano);
dall'altro la logica dialettica hegeliana, per cui il significato è un
processo narrativo che ripetutamente affronta crisi e contraddizioni e
le supera, trascendendo sue fasi precedenti in una versione più matura
(e un malato terminale di Alzheimer potrebbe rivelare una più elevata
umanità).
Ove si escludano l'ingombrante presenza del pensiero
marxiano e fenomeni periferici come il neoidealismo italiano di Croce e
Gentile, la filosofia dell'ultimo secolo è vissuta nell'oblio, quando
non nell'esplicita contestazione, di Hegel. Ciò nonostante, versioni e
frammenti di logica dialettica sono emersi per ogni dove: negli
spostamenti di Freud, nelle somiglianze di famiglia di Wittgenstein,
nelle genealogie di Nietzsche e Foucault, nelle derive decostruzioniste.
A rimanere indenne da questo contagio, finora, era stata la logica
formale di matrice prima tedesca (Frege, Hilbert, Carnap) e poi
angloamericana (Russell, Church, Kripke), governata da un aristotelico
orrore per la contraddizione e quindi dolorosamente turbata dalla prova
gödeliana che non sarà mai possibile, per nessuna teoria significativa,
assicurarsi che la contraddizione non la infetti. In tempi recenti si è
cominciato ad avvertire in proposito qualche cambiamento: logici formali
come Robert Brandom e Graham Priest hanno preso ad analizzare testi
hegeliani; si moltiplicano convegni sui rapporti fra logica dialettica e
logica formale; ed escono libri, come Realizing Reason di Danielle
Macbeth, che occhieggiano a un incontro fra Hegel e la logica
contemporanea.
Macbeth è una studiosa di Frege, sul quale ha già
pubblicato (nel 2005) Frege's Logic. E anche qui il suo lavoro è
centrato su Frege, più precisamente su una dimostrazione contenuta in
Begriffsschrift (Scrittura per concetti, 1879) che, sostiene Macbeth,
per quanto condotta in modo rigoroso a partire da assiomi e definizioni,
risulta estensiva della nostra conoscenza, nel modo in cui erano intesi
essere i giudizi sintetici a priori di Kant (ma non quelli analitici,
di cui dovrebbe essere costituito il sistema fregeano). Raccogliendo e
articolando così la metafora dello stesso Frege che le sue conclusioni
sono contenute nelle definizioni non come delle travi sono contenute in
una casa, ma come delle piante sono contenute nei loro semi.
La
metafora di Frege ha un ovvio sapore hegeliano e allude a uno dei punti
forti della logica dialettica: Aristotele ha gravi difficoltà a dar
conto dell'identità, diciamo, di Socrate a cinque anni con Socrate a
settanta, perché ben pochi tratti rimangono in comune fra i due (e non
abbastanza da distinguerli, diciamo, da Callia); per Hegel invece esempi
del genere sono i benvenuti, perché quello che porta dal bambino
all'adulto (o dal seme alla pianta) è un chiaro esempio di processo
dialettico che afferma l'identità nella differenza (e nella crisi, e
nella contraddizione). Non è un caso dunque che intorno a questa
metafora Macbeth organizzi un testo che, pur citando una sola volta la
sua (implicita?) fonte ispiratrice, è diviso in tre parti intitolate
Percezione, Intelletto e Ragione a loro volta suddivise in tre capitoli;
sostiene l'indispensabilità di una prospettiva storica per una
comprensione dell'attività scientifica; e arriva a formulare iperboli
sui risultati conseguiti mediante il processo storico che non sarebbero
apparsi fuori posto nelle opere del maestro di Stoccarda: «solo con la
realizzazione della ragione come potere di conoscenza possiamo
considerarci conoscitori di cose in sé, le stesse per tutti gli esseri
razionali».
Nei riguardi di tanto trionfalismo, però, Hegel sarebbe
stato severamente critico: lo avrebbe considerato espressione di
un'intenzione ancora (con buona pace di Macbeth) non realizzata. Il
sistema logico di Frege, infatti (già vi accennavo), è governato dallo
stesso rifiuto della contraddizione di quello aristotelico; ed è per
questo motivo che la scoperta del paradosso di Russell (l'insieme di
tutti gli insiemi che non si appartengono si appartiene e non si
appartiene) ha sancito la bancarotta del programma logicista che su tale
sistema era fondato. Perché si arrivi a un autentico incontro fra
logica formale e dialettica, sarebbe necessario vedere quel paradosso (e
ogni altro) con la stessa gioia con cui Hegel guardava all'insorgere di
una contraddizione: non come a un malaugurato incidente di percorso ma
come a una benefica sfida da affrontare e superare per passare a una
fase più avanzata e consapevole del concetto.
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