Christoph Wolff: Mozart sulla soglia della fortuna. Al servizio dell'Imperatore, 1788-1791, Edt, pp. 224, euro 22
Risvolto
Il periodo imperiale di Mozart (1788-1791) rappresenta l'apogeo della
sua carriera creativa. Furono anni segnati da ristrettezze e
difficoltà; non fu però un tempo dominato dalla rassegnazione, dalla
disperazione e dalla desolazione, e lo testimonia un profluvio di
straordinarie composizioni. Non doveva essere una fine, ma un nuovo
inizio.
«Sono sulla soglia della mia fortuna»: è quanto scrisse Mozart in una
lettera del 1790 al suo amico e confratello massone Michael Puchberg.
Due anni prima l’imperatore d’Austria Giuseppe II lo aveva assunto al
suo servizio in qualità di “compositore da camera della corte
imperialregia”, una carica prestigiosa, accompagnata da un buono
stipendio e pochi obblighi lavorativi.
Ma ciò che più deve avere contato per Mozart fu lo straordinario
riconoscimento pubblico che questa nomina comportava, e che presto si
sarebbe diffuso in tutta Europa. Un riconoscimento che lo incoraggiò a
intensificare il lavoro e migliorò le sue prospettive future, facendogli
intravedere una lunga e fortunata carriera. La notizia della sua
improvvisa morte, un anno più tardi, colse di sorpresa l’intero mondo
musicale e alimentò una ridda di speculazioni sulle condizioni e le
cause di quel tragico evento, che continuò a influenzare la ricezione
della sua opera musicale fino ai nostri giorni.
Christoph Wolff, in questo libro, si pone la domanda: è possibile rileggere quegli ultimi
quattro anni di vita creativa di Mozart senza fissare gli occhi sulla
catastrofe della sua morte prematura? La straordinaria opera compositiva
che fece seguito alla nomina imperiale, inaugurata dalle tre ultime
sinfonie dell’estate 1788, invita a una profonda riconsiderazione
complessiva. Wolff esamina i più importanti avvenimenti biografici e le
implicazioni musicali dell’incarico alla corte viennese e prende in
esame il concetto di “stile imperiale” sulla base delle opere più
rappresentative di questo periodo nei diversi generi musicali:
pianistico, da camera, orchestrale, teatrale e sacro. Particolare spazio
è riservato ai maggiori capolavori,
dal Flauto magico ai Quartetti “Prussiani”, dalle ultime sonate al Requiem.
Uno dei capitoli più illuminanti è inoltre dedicato all’ampio e spesso sottovalutato corpus dei lavori lasciati incompiuti
e ai tanti abbozzi autografi, capaci non solo di aprirci le porte del
laboratorio creativo di Mozart e di chiarirci il suo metodo di lavoro,
ma anche di farci intravedere con quale intensità stesse lavorando a un
grandioso rinnovamento stilistico ed estetico della musica dei suoi
tempi.
Il kompositor non era in bolletta
Saggi. Christoph Wolff con il suo libro «Mozart sulla soglia della fortuna» sfata un mito e riconsegna la figura a tutto tondo del musicista
Luca Del Fra, il Manifesto 21.11.2014
È un musicista vivo quello restituito da Christoph Wolff nel suo recente Mozart sulla soglia della fortuna (Edt, pp. 224, euro 22), un volume che scrosta gli stereotipi che presentavano il compositore di Salisburgo in modo romanzesco, rendendolo incomprensibile più che enigmatico, soffocato da un alone leggendario, che lo voleva romanticamente olimpico e melanconico, oppure più modernamente libertino, filosofo e al contempo scurrile, rivoluzionario e, perché no, libero professionista o imprenditore.
Musicologo tedesco di cui in Italia sono stati tradotti negli ultimi anni una notevole monografia su Johann Sebastian Bach (Bompiani, 2003) e il bellissimo Il Requiem di Mozart (Astrolabio, 2006) di cui questo nuovo volume appare la logica prosecuzione, Wolff colpisce per la taumaturgica capacità di passare dalla musica, alla storia, alla società, alla biografia, al sistema produttivo musicale con una sicurezza e una solidità d’impianto che fa impallidire certa disinvolta musicografia, oggi tanto di moda.
«Sono sulla soglia della fortuna» è la frase d’attacco del suo libro: Mozart l’aveva pronunciata nel 1787 dopo essere stato nominato dall’imperatore Giuseppe II «Kompositor» ben remunerato per la musica da camera della corte imperialregia.
Un punto di partenza non casuale, per ricostruire gli ultimi quattro anni della vita del musicista (1788 – 1791), spazzando via molti fraintendimenti e leggende su un Mozart libero professionista, vuoi per scelta, vuoi perché incompreso da una corte viennese mediocre e invidiosa.
A carattere più storico-biografico, i primi tre capitoli del libro grazie a una copiosa documentazione e una eccellente ricostruzione del contesto storico e sociale, seguono le traiettorie professionali di Mozart, da sempre desideroso di un riconoscimento ufficiale, orgoglioso di averlo ottenuto come «Kompositor», alla ricerca di nuove cariche anche fuori dall’Austria, praticamente ottenute con l’impegno ufficiale a farlo diventare anche «Kapellmeister» della cattedrale di Santo Stefano a Vienna, mentre giungevano cospicue offerte perfino dall’estero: correva il fatidico 1791, anno che, seguendo il ragionamento di Wolff, sembrava dover segnare un nuovo inizio nella vita del musicista e invece fu quello della sua morte.
Svapora così anche l’immagine del compositore incompreso, sfigato e bohémien, sempre in bolletta: in realtà Mozart, come viene ricostruito con dovizia di documenti e non senza divertita malizia, guadagnava bene ma, dicono le evidenze, tra abitazioni lussuose, carrozze e cibo spendeva anche meglio – in appendice un pertinente schema su redditi, prezzi e affitti nella Vienna dell’epoca.
Resta da stabilire perché dal 1787 Mozart avesse perso molte delle commissioni dei suoi patroni della nobiltà viennese. Il motivo spiega Wolff risiederebbe soprattutto nella guerra contro la Turchia in cui l’impero asburgico era stato trascinato dalla Russia, che ottenne nel 1794 l’annessione della Crimea (terra, come si vede in tempi recenti, su cui ancora si guerreggia). L’aristocrazia austriaca, impegnata fisicamente ed economicamente sui campi di battaglia, era dunque niente affatto incline a commissionare musica e finanziare serate cui non poteva partecipare.
Dunque da una parte i riconoscimenti ufficiali, dall’altra il conflitto: come reagì Mozart al nuovo clima? A questo rispondono i tre capitoli finali di Mozart sulla soglia della fortuna, dedicati alla musica degli ultimi anni di vita del compositore (1788 – 1791).
Sono pagine intriganti e, in linea di massima, abbordabili anche dai non specialisti: Wolff, scartabellando tra gli schizzi e le partiture incompiute di Mozart, traccia tre diverse direzioni: la musica sinfonica da camera; la musica teatrale; infine, il ritorno alla musica sacra.
Ma soprattutto identifica il comune denominatore dell’ultimo Mozart in un linguaggio musicale innovativo, fatto di soluzioni sempre più raffinate e colte ma usate in modo facile e trasparente. Uno stile non privo di contraddizioni, che Mozart stava elaborando con lucidità e fatica, tra qualche incomprensione con il pubblico, ma anche splendide affermazioni, come Die Zauberflöte, il suo vero grande successo.
Alla fine degli anni ’80 del Settecento, Mozart era davvero, come pensava, sulla soglia della fortuna? Il merito maggiore del libro è averlo riportato nei suoi panni, quelli di musicista e non di mito, aprendo nuove prospettive di ricerca e di approfondimento, da vagliare e proseguire nei prossimi anni.
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