MARIO DRAGHI Repubblica 12 11 2014
CONOSCENZA della realtà: istituzionale, sociale, comportamentale; capacità di indignarsi per ciò che in questa realtà violava principi etici fondamentali, o anche la razionalità economica, quando vedeva la stupidità prona al servizio dell’avidità; perentorio richiamo ad agire e insieme rimprovero per una accettazione passiva della realtà; cosa fare per porre rimedio alle disuguaglianze ma anche alle inefficienze: questa era la politica economica di Federico Caffè, questa è oggi la Politica Economica nella sua definizione più alta.
È questa sua complessa e completa personalità che reagisce di fronte alla realtà con ragione, con passione, con azione e che sente il bisogno di condividere tutto ciò con i suoi alunni che lo ha reso indimenticabile. Noi, noi studenti (io mi laureai con lui nel ’70 con una tesi sul Piano Werner, il precursore della moneta unica, in cui sostenevo che le condizioni per la sua attuazione allora non esistevano) abbiamo vissuto vite professionali sicuramente diverse tra loro, anche per le diverse interpretazioni che abbiamo dato dei suoi insegnamenti, ma accomunate dalla convinzione che fare politica economica significasse: analisi della realtà, rifiuto delle sue deformazioni, impiego delle nostre conoscenze per sanarle.
È con questa eredità di pensiero che ci confrontiamo e che desidero condividere l’azione che la BCE ha intrapreso per rispondere alla crisi nella quale l’area dell’euro e specialmente l’Italia versa, da ormai molti anni. L’attuale, inaccettabile livello della disoccupazione – il 23% dei giovani tra i 15 e i 24 anni non ha un lavoro – è contro ogni nozione di equità, è la più grande forma di spreco di risorse, è causa di deterioramento del capitale umano, incide sulle potenzialità delle economie diminuendone la crescita per gli anni a venire. [...] I fattori ciclici hanno avuto un ruolo importante nell’aumento della disoccupazione. La BCE ha reagito alla crisi su tre fronti. Per quanto riguarda la politica monetaria cosiddetta convenzionale, ha portato il livello dei tassi di interesse dal 1,5% nel novembre 2011 allo 0,05% oggi. Ha portato il tasso di interesse pagato dalle banche per i loro depositi presso la stessa BCE dal 75 punti base nel novembre 2011 a -0,20 oggi. Ha inoltre attivato già alla fine del 2011 linee di credito per il sistema bancario per 1 trilione di euro e per una durata senza precedenti di 3 anni. [...] Ma gran parte delle misure intraprese può avere effetto sull’economia reale solo attraverso le banche, che nell’eurozona intermediano circa l’80% del credito. Solo se esse passano a famiglie e imprese le condizioni straordinariamente espansive sia in termini di tasso di interesse, sia di durata, sia di quantità disponibile che la BCE offre loro, la politica monetaria è pienamente efficace nella sua azione di stimolo. Perché ciò avvenga occorre che non solo vi sia domanda di credito da parte di clienti in grado di restituirlo, ma che esse stesse siano sane. È a tal fine che la BCE, alla vigilia del diventare il supervisore unico dell’Eurozona, insieme a tutti gli organismi di vigilanza nazionale, ha lanciato un anno fa e da poco completato un’analisi approfondita, il Comprehensive Assessment , delle 130 banche europee più significative. In tal modo è stato rimosso un altro ostacolo al contributo che la politica monetaria della BCE può dare alla ripresa della crescita. [...] Una politica monetaria espansiva, una politica fiscale, che, nel rispetto delle regole esistenti, veda maggiori investimenti e minori tasse, non sono sufficienti a generare una ripresa della crescita forte e sostenibile senza le necessarie riforme strutturali dei mercati dei prodotti e del lavoro. Maggiore concorrenza, completamento del mercato unico europeo, misure che permettano ai lavoratori disoccupati di trovare un nuovo posto di lavoro diminuendo la durata della disoccupazione, misure che permettano di innalzare il livello di specializzazione e di adattarne le caratteristiche alla domanda sono da tempo nell’agenda della politica economica di molti paesi dell’euro: la riflessione faccia ora posto all’attuazione.
È chiaro che entrambe le politiche, quella della domanda e quella dell’offerta, sono necessarie. La lezione del 2012 ci ha insegnato che la crisi di fiducia nell’euro era anche causata dall’incertezza, rivelatasi infondata, sul futuro della moneta unica. A questa incertezza i leader europei reagirono nel giugno del 2012 con la creazione dell’unione bancaria che ha portato alla vigilanza unica della BCE. Questo è stato l’atto di integrazione più importante che sia mai stato deliberato dalla creazione dell’euro. I paesi dell’eurozona hanno in questi anni rafforzato i loro legami e corrispondentemente allargato la base di fiducia su cui essi poggiano: con la politica monetaria comune, con regole di bilancio comuni, ora con una unione bancaria e una vigilanza bancaria comune e presto con un mercato di capitali comune. La nostra esperienza mostra che la condivisione della sovranità nazionale è condizione necessaria per una fiducia duratura nel disegno del nostro comune viaggio europeo.
Un maestro riformista. «Importante per i giovani pensare con la propria testa»
Visco ricorda la lezione di Federico Caffè «Fu sempre dalla parte dei più deboli, critico della idealizzazione del mercato e sostenitore di un ruolo attivo dello Stato»di R.Boc. Il Sole 13.11.14
ROMA Un riformista vero, un eclettico più per necessità che per scelta,
che ha lasciato ai suoi studenti un insegnamento essenziale: quello
dell'importanza del pensare con la propria testa. Così il governatore
della Banca d'Italia, Ignazio Visco, ha delineato ieri il personaggio
Federico Caffè, l'economista del quale anch'egli, come Mario Draghi, è
stato allievo durante i suoi studi all'Università La Sapienza di Roma.
Visco ha sottolineato che Caffè «fu sempre dalla parte dei più deboli,
critico esplicito della idealizzazione del mercato e sostenitore di un
ruolo attivo dello Stato per correggerne le inefficienze e rimediare
alle diseconomie». Quanto al tema del lavoro, il professore del quale
quest'anno ricorre il centenario dalla nascita «guardava al lavoro non
solo come occupazione ma anche come realizzazione della persona,
all'istruzione e alla formazione come componente fondamentale
dell'uguaglianza delle opportunità. E guardava con preoccupazione a una
finanza speculativa e disgiunta dall'economia reale». Al tempo stesso,
ha rievocato ancora Visco, Caffè non fu mai «contro il progresso e la
tecnologia, né a favore di un non rispetto dei vincoli di bilancio, né
contro il riconoscimento del merito o a favore di un vago
"egualitarismo": fu anzi molto critico verso alcune posizioni estreme».
Visco ha poi ricordato lo stretto legame fra Caffè e la Banca d'Italia,
della quale egli fu a lungo consulente: «Soffrì, negli anni della
contestazione studentesca del 1968-69, per sciocche accuse, legate a
questo suo rapporto di consulenza, di "connivenza con i difensori del
capitale, del potere economico e finanziario, dei padroni", mortificato
anche per la ristrettezza mentale ma comprensivo per l'età di chi le
avanzava» ha detto ancora Visco. E ha aggiunto: «Vi è da osservare,
peraltro, che ogni stagione ha le sue "sciocche interpretazioni" e anche
oggi certo esse non non mancano». Visco ha concluso rievocando
l'ammonimento di Caffè agli studenti: «Siate sempre vigili, non cedete
mai agli idoli del momento, vale a dire alle frasi fatte, alle frasi
convenzionali, rifletteteci con il vostro pensiero e la vostra capacità
intellettuale». Un motivo in più, quello dell'esigenza di sviluppare
l'autonomia intellettuale, che ha spinto ieri, nel corso del convegno,
il governatore Visco a battere a lungo sull'esigenza di investire di più
sulla scuola, per garantire un'adeguata formazione e per contrastare la
disoccupazione tecnologica.
Anche il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha dato ieri
il suo contributo alla commemorazione dell'economista scomparso. Anche
se i problemi economici odierni sono diversi da quelli di allora, ha
scritto il capo dello Stato in un messaggio inviato al convegno, «il
fondamento etico del suo pensiero, la passione civile che lo alimentava
possono rappresentare valori guida per le prossime generazioni di
economisti».
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