venerdì 5 dicembre 2014

Continua il viaggio di Pollan nella catena dell'alimentazione


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Michael Pollan: Cotto. Storia naturale della trasformazione, Adelphi

Risvolto
Quanto più invadenti sono i presunti virtuosismi di aspiranti cuochi, tanto meno sappiamo mettere in tavola qualcosa di decente. Michael Pollan, si sa, ama i paradossi, e nel tentativo di sciogliere quello alla base del suo nuovo libro è partito per un viaggio sulle piste dei quattro elementi con cui da tempo immemorabile cuciniamo (acqua, aria, terra, fuoco), e a caccia dei piccoli, affascinanti misteri che i maghi, non tanto della cucina ma della preparazione dei nostri alimenti, rivelano a chi sa ascoltarli. Un'avventura che lo ha portato molto lontano: a vagare nelle immense fornaci del locale nel North Carolina dove si allestisce un barbecue leggendario in tutti gli Stati Uniti o ad apprendere da un grande fornaio per quali vie sottili e imprevedibili acqua e aria trasformino il grano in pane, oppure ancora a curiosare nei laboratori di quegli autentici domatori di germi e batteri che sono i maestri della fermentazione – formaggiai e birrai. Ma altrettanto appassionanti sono gli esperimenti che Pollan compie tutti i giorni al tavolo della sua cucina, e di riflesso della nostra: che dopo aver letto questo libro ricchissimo non riusciremo più a guardare (né a usare) nello stesso modo.


Il cibo non va ingurgitato dal mercato 

Michele Fumagallo, il Manifesto 5.12.2014 

C’è un afo­ri­sma famoso che recita: pas­siamo la seconda metà della nostra vita a can­cel­lare i danni che l’educazione ha fatto nella prima. Ed è tanto più vero nel campo dell’alimentazione. Basti pen­sare alla farina bianca raf­fi­nata pre­sen­tata all’inizio della sua sto­ria come la solu­zione più genuina men­tre era il trionfo della sua povertà nutri­tiva oltre che sti­molo di troppe malattie. 
È indub­bio che di cibo, ma soprat­tutto di cucina, non si è mai par­lato tanto, con il rischio di pro­durre, è la parola, «indi­ge­stione» sull’argomento. Ma non solo: viene il sospetto che par­lare spesso a van­vera di cucina e ricette abbia il com­pito di con­fon­dere, di riu­nire le cose in un indi­stinto dove non c’è più qua­lità ma quan­tità. Non a caso, il cibo e la cucina ven­gono estra­po­late dall’argomento prin­cipe che è la «nuova agri­col­tura» di qua­lità e dallo scon­tro che essa mette in atto. Uno scon­tro che non è solo di cul­tura o di edu­ca­zione ma di classe. È per que­sto che il retro­terra pro­dut­tivo del cibo, con tutte le sue con­trad­di­zioni, resta sem­pre sullo sfondo, con qual­che nobile ecce­zione ovvia­mente (pen­siamo allo Slow Food di Carlo Petrini e pochi altri). Ma chi dav­vero rie­sce a farci appas­sio­nare al cibo e alla sua sto­ria e tra­sfor­ma­zione, è Michael Pol­lan di cui Adel­phi ha pub­bli­cato Cotto, un cor­poso volume (pp. 510, euro 28) che rap­pre­senta la terza tappa dello scrit­tore ame­ri­cano nel regno dell’alimentazione. 
Sem­pre Adel­phi editò, negli anni scorsi, Il dilemma dell’onnivoro, ana­lisi corag­giosa sulla qua­lità del cibo e i truc­chi dell’industria ali­men­tare, e In difesa del cibo, sag­gio fon­da­men­tale che smonta le sosti­tu­zioni chi­mi­che delle sostanze (assun­zione di vita­mina C al posto delle arance, ad esem­pio) con il cibo e la sua pre­pa­ra­zione. «A par­tire dalla visita al super­mer­cato, l’industria ali­men­tare ci ha abil­mente divisi, pro­muo­vendo verso cia­scun seg­mento demo­gra­fico della fami­glia un diverso tipo di cibo, così da ven­der­cene il più pos­si­bile: l’individualismo, molto più della con­di­vi­sione, fa sem­pre il gioco delle ven­dite». Pol­lan inter­prende un viag­gio alla risco­perta dell’autonomia per­duta, anche e soprat­tutto in que­sto campo, a causa delle chiac­chiere ven­dute dal neo­ca­pi­ta­li­smo del boom post seconda guerra mon­diale. Una sequela di distru­zione del cibo genuino per com­pia­cere mer­cati fame­lici, e mol­ti­pli­ca­tori di malattie. 
In quest’ultimo volume, Pol­lan si dedica al rito della cot­tura. Lo fa in modo intri­gante, aprendo squarci sem­pre nuovi sul rap­porto tra cibo e salute, con una ricerca radi­cale (ma anche iro­nica) della genui­nità. E di un modo alter­na­tivo di con­ce­pire il rap­porto col fuoco e con l’acqua, con l’aria e la terra, e di vivere sostanze e cucina, cot­tura e fer­men­ta­zione a con­tatto col mira­colo della natura.

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