Come di consueto, a meno di cose particolarmente importanti questo blog riprenderà la sua attività regolare solo dopo la Befana.
Intanto, due non disinteressati suggerimenti. Buone feste [SGA].
S.G. Azzarà: Friedrich Nietzsche dal radicalismo aristocratico alla
Rivoluzione conservatrice. Quattro saggi di Arthur Moeller van den
Bruck, Castelvecchi, pp. 230, Euro 22
Da gennaio in libreria e in e-book.
Nietzsche profeta e artista decadente? Oppure filosofo-guerriero del
darwinismo pangermanista? O forse teorico di un socialismo "spirituale"
che fonde in un solo fronte destra e sinistra e prepara la rivincita
della Germania?
Nella lettura di Arthur Moeller van den Bruck la genesi della Rivoluzione conservatrice e uno sguardo sul destino dell'Europa.
È la stessa cosa leggere Nietzsche quando è ancora vivo il ricordo
della Comune di Parigi e i socialisti avanzano dappertutto minacciosi e
leggerlo qualche anno dopo, quando la lotta di classe interna cede il
passo al conflitto tra la Germania e le grandi potenze continentali? Ed è
la stessa cosa leggerlo dopo la Prima guerra mondiale, quando una
sconfitta disastrosa e la fine della monarchia hanno mostrato quanto
fosse fragile l’unità del popolo tedesco?
Arthur Moeller van den
Bruck è il padre della Rivoluzione conservatrice e ha anticipato autori
come Spengler, Heidegger e Jünger. Nel suo sguardo, il Nietzsche artista
e profeta che tramonta assieme all’Ottocento rinasce alla svolta del
secolo nei panni del filosofo-guerriero di una nuova Germania
darwinista; per poi, agli esordi della Repubblica di Weimar, diventare
l’improbabile teorico di un socialismo spirituale che deve integrare la
classe operaia e preparare la rivincita, futuro cavallo di battaglia del
nazismo.
Tre diverse letture di Nietzsche emergono da tre diversi
momenti della storia europea. E sollecitano un salto evolutivo del
liberalismo conservatore: dalla reazione aristocratica
tardo-ottocentesca contro la democrazia sino alla Rivoluzione
conservatrice, con la sua pretesa di fondere destra e sinistra e di
padroneggiare in chiave reazionaria la modernità e le masse, il
progresso e la tecnica.
In appendice la prima traduzione italiana dei quattro saggi di Arthur Moeller van den Bruck su Nietzsche.
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Stefano G. Azzarà: Democrazia Cercasi. Sconfitta e mutazione della sinistra, bonapartismo postmoderno
e impotenza della filosofia in Italia, Imprimatur Editore, pp. 336, euro 16.
Possiamo ancora parlare di democrazia in Italia? Mutamenti imponenti hanno
svuotato gli strumenti della partecipazione popolare, favorendo una forma
neobonapartistica e ipermediatica di potere carismatico e spingendo molti
cittadini nel limbo dell’astensionismo o nell’imbuto di una protesta rabbiosa e
inefficace. Al tempo stesso, in nome dell’emergenza economica permanente e della
governabilità, gli spazi di riflessione pubblica e confronto sono stati
sacrificati al primato di un decisionismo improvvisato.
Dietro questi
cambiamenti c’è però un più corposo processo materiale che dalla fine degli anni
Settanta ha minato le fondamenta stesse della democrazia: il riequilibrio dei
rapporti di forza tra le classi sociali, che nel dopoguerra aveva consentito la
costruzione del Welfare, ha lasciato il campo ad una riscossa dei ceti
proprietari che nel nostro paese come in tutto l’Occidente ha portato ad una
redistribuzione verso l’alto della ricchezza nazionale, alla frantumazione e
precarizzione del lavoro, allo smantellamento dei diritti economici e sociali
dei più deboli. Intanto, nell’alveo del neoliberalismo trionfante, si diffondeva
un clima culturale dai tratti marcatamente individualistici e competitivi.
Mentre dalle arti figurative alla filosofia, dalla storia alle scienze umane, il
postmodernismo dilagava, delegittimando i fondamenti e i valori della modernità
– la ragione, l’eguaglianza, la trasformazione del reale… - e rendendo
impraticabile ogni progetto di emancipazione consapevole, collettiva e
organizzata.
É stata la sinistra, e non Berlusconi, il principale agente
responsabile di questa devastazione. Schiantata dalla caduta del Muro di Berlino
assieme alle classi popolari, non è riuscita a rinnovarsi salvaguardando i
propri ideali e si è fatta sempre più simile alla destra, assorbendone programmi
e stile di governo fino a sostituirsi oggi integralmente ad essa. Per
ricostruire una sinistra autentica, per riconquistare la democrazia e
ripristinare le condizioni di una vasta mediazione sociale, dovremo smettere di
limitare il nostro orizzonte concettuale alla mera riduzione del danno e
riscoprire il conflitto. Nata per formalizzare la lotta di classe, infatti,
senza questa lotta la democrazia muore.
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