sabato 6 dicembre 2014

Il fallimento del comunitarismo statunitense


Il sociologo Amitai Etzioni, 85 anni, padre del Comunitarismo, spiegò la società post-razziale

L’integrazione è rimasta un sogno”

“Una società non può reggere con queste ingiustizie. Poco lavoro, il quintuplo di carcerati. di Pao. Mas. La Stampa 6.12.14

Amitai Etzioni è sconsolato: «Niente, abbiamo fallito». Il padre del «comunitarismo» si riferisce all’idea che aveva avanzato nel saggio «The Monochrome Society», e in vari scritti successivi: «Pensavo - spiega - che la società americana fosse arrivata al punto di potersi mettere alle spalle le divisioni razziali, puntando invece sui valori condivisi che la univano. La mia speranza si basava su alcuni elementi concreti. Ad esempio il fatto che un terzo dei neri era entrato nella classe media, mentre gli ispanici rappresentavano un’opportunità, perché sul piano etnico erano facilmente assimilabili ai bianchi. Il successo degli asiatici dimostrava che era possibile integrarsi, e la pace sociale conveniva anche ai bianchi sul piano economico. Le proteste di questi giorni, con il loro significato che va ben oltre gli episodi di brutalità della polizia da cui sono nate, dimostrano che quella speranza era vana».
Di chi è la colpa?
«Tutti hanno la loro parte di responsabilità».
Cominciamo dal sistema giudiziario?
«Le discriminazioni e i pregiudizi sono evidenti, a chiunque faccia una analisi onesta. Vi do un esempio: un nero che consuma eroina o crack finisce in galera per anni, mentre un bianco che prende cocaina non viene neanche processato. Così si riempiono le nostre carceri, si distruggono vite e famiglie, e si creano i presupposti per l’odio».
Bisognerebbe lasciarli fare?
«No, però una società non può reggere quando ci sono diseguaglianze così evidenti nel trattamento davanti alla giustizia. E non sono le sole».
Quali sono le altre?
«L’economia americana si sta riprendendo, ma la disoccupazione tra i neri continua a essere il doppio di quella dei bianchi».
È colpa dei bianchi?
«In questi anni di crisi economica ha aumentata l’avversione per le minoranze, come succede sempre in questi casi. Serve un capro espiatorio, e infatti in Europa sta tornando l’antisemitismo. In America poi il sistema politico democratico è bloccato. Non si riesce a varare alcuna iniziativa capace di sanare le ferite razziali, perché il Congresso è in mano al Partito repubblicano, una formazione ormai composta da soli bianchi che si basa sull’odio razziale».
All’inizio aveva detto che le responsabilità di questo fallimento sono diffuse. Cosa rimprovera ai neri?
«Ad esempio quello che ha denunciato lo stesso Presidente Obama: troppo spesso gli uomini afro americani non fanno i padri come dovrebbero. Questo porta alla creazione di famiglie disfunzionali, dove poi difficilmente i figli avranno l’opportunità di crescere sviluppando a pieno le loro potenzialità».
I neri sono frenati dall’ambiente in cui crescono, dai pregiudizi contro di loro, o dall’assenza di opportunità?
«Tutti questi elementi contribuiscono a discriminarli, favorendo poi le reazioni violente. Le comunità afro americane, però, hanno la responsabilità di non mettere nell’istruzione la stessa enfasi degli altri gruppi etnici, tipo gli asiatici. Questa mancanza di preparazione diventa un freno insormontabile per i giovani».
Quali soluzioni suggerisce?
«È una crisi molto grave, perché il risentimento dei neri si sta saldando con quello dei bianchi che si sentono vittime delle diseguaglianze economiche. L’idea di unirci intorno ai valori americani condivisi è fallita, e purtroppo io non ho un’altra soluzione a portata di mano».

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