L’integrazione è rimasta un sogno”
“Una società non può reggere con queste ingiustizie. Poco lavoro, il quintuplo di carcerati. di Pao. Mas. La Stampa 6.12.14
Amitai
Etzioni è sconsolato: «Niente, abbiamo fallito». Il padre del
«comunitarismo» si riferisce all’idea che aveva avanzato nel saggio «The
Monochrome Society», e in vari scritti successivi: «Pensavo - spiega -
che la società americana fosse arrivata al punto di potersi mettere alle
spalle le divisioni razziali, puntando invece sui valori condivisi che
la univano. La mia speranza si basava su alcuni elementi concreti. Ad
esempio il fatto che un terzo dei neri era entrato nella classe media,
mentre gli ispanici rappresentavano un’opportunità, perché sul piano
etnico erano facilmente assimilabili ai bianchi. Il successo degli
asiatici dimostrava che era possibile integrarsi, e la pace sociale
conveniva anche ai bianchi sul piano economico. Le proteste di questi
giorni, con il loro significato che va ben oltre gli episodi di
brutalità della polizia da cui sono nate, dimostrano che quella speranza
era vana».
Di chi è la colpa?
«Tutti hanno la loro parte di responsabilità».
Cominciamo dal sistema giudiziario?
«Le
discriminazioni e i pregiudizi sono evidenti, a chiunque faccia una
analisi onesta. Vi do un esempio: un nero che consuma eroina o crack
finisce in galera per anni, mentre un bianco che prende cocaina non
viene neanche processato. Così si riempiono le nostre carceri, si
distruggono vite e famiglie, e si creano i presupposti per l’odio».
Bisognerebbe lasciarli fare?
«No,
però una società non può reggere quando ci sono diseguaglianze così
evidenti nel trattamento davanti alla giustizia. E non sono le sole».
Quali sono le altre?
«L’economia americana si sta riprendendo, ma la disoccupazione tra i neri continua a essere il doppio di quella dei bianchi».
È colpa dei bianchi?
«In
questi anni di crisi economica ha aumentata l’avversione per le
minoranze, come succede sempre in questi casi. Serve un capro
espiatorio, e infatti in Europa sta tornando l’antisemitismo. In America
poi il sistema politico democratico è bloccato. Non si riesce a varare
alcuna iniziativa capace di sanare le ferite razziali, perché il
Congresso è in mano al Partito repubblicano, una formazione ormai
composta da soli bianchi che si basa sull’odio razziale».
All’inizio aveva detto che le responsabilità di questo fallimento sono diffuse. Cosa rimprovera ai neri?
«Ad
esempio quello che ha denunciato lo stesso Presidente Obama: troppo
spesso gli uomini afro americani non fanno i padri come dovrebbero.
Questo porta alla creazione di famiglie disfunzionali, dove poi
difficilmente i figli avranno l’opportunità di crescere sviluppando a
pieno le loro potenzialità».
I neri sono frenati dall’ambiente in cui crescono, dai pregiudizi contro di loro, o dall’assenza di opportunità?
«Tutti
questi elementi contribuiscono a discriminarli, favorendo poi le
reazioni violente. Le comunità afro americane, però, hanno la
responsabilità di non mettere nell’istruzione la stessa enfasi degli
altri gruppi etnici, tipo gli asiatici. Questa mancanza di preparazione
diventa un freno insormontabile per i giovani».
Quali soluzioni suggerisce?
«È
una crisi molto grave, perché il risentimento dei neri si sta saldando
con quello dei bianchi che si sentono vittime delle diseguaglianze
economiche. L’idea di unirci intorno ai valori americani condivisi è
fallita, e purtroppo io non ho un’altra soluzione a portata di mano».
Nessun commento:
Posta un commento