Islam e Occidente I giovani precipitano in un nuovo buio
domenica 14 dicembre 2014
Il kamikaze narcisista ovvero della totale nocività della psicoanalisi nella comprensione della storia
Lacaniana, junghiana o ortodossa che sia, la lettura psicopatologica è solo un surrogato inutile della comprensione dei processi storici reali [SGA].
Islam e Occidente I giovani precipitano in un nuovo buio
Islam e Occidente I giovani precipitano in un nuovo buio
Il ragazzo musulmano caduto nell’abisso radicale è come il suo corrispondente europeo o americano ubriaco di narcisismo
di Luigi Zoja psicoanalista junghiano Corriere La Lettura 14.12.14
Iniziando
La ginestra , Leopardi cita il Vangelo di Giovanni (3, 19): «E gli
uomini vollero piuttosto le tenebre che la luce». Poi si scioglie in
sarcasmi sulle aspettative di progresso, sulla ingenuità e frivolezza
del suo secolo. Dall’Illuminismo — secolo della luce — e dalla delusione
del poeta ne sono passati altri due. Dopo due guerre mondiali e la
guerra fredda, gli entusiasmi guerrieri avrebbero dovuto scomparire.
Eppure, nuove masse scelgono un nuovo buio.
I martiri della nuova
guerra santa sono pronti. Mentre le nazioni che si combattono cercano la
vittoria, ma possono tornare ai compromessi politici, nelle guerre
sante l’unica alternativa è morire: la religione è un assoluto, non
prevede patteggiamenti. Sarà quindi una guerra a morte, concepita ben
prima delle convenzioni di Ginevra: guerra ai civili, alle bambine, agli
ostaggi. Che non «metterà fine a tutte le guerre» (come si diceva della
Grande guerra), ma al contrario metterà inizio a infiniti altri
conflitti. Il loro vero martire è la ragionevolezza: la coerenza logica
dell’Io — che, nella generosa illusione di Freud, doveva gradualmente
svuotare l’inconscio — mentre di nuovo le tenebre lo stanno
sopraffacendo. Come nella medievale Crociata dei Fanciulli, questi
ingenui della vita hanno ricevuto una visione o hanno udito una chiamata
e non si voltano indietro. Partono: persino dalle classi borghesi dei
Paesi musulmani laici (Turchia, Tunisia). Persino da famiglie islamiche
integrate nel sazio e secolarizzato Occidente. A volte, persino da
famiglie cristiane colte, dell’Europa e del Nord America, cui voltano le
spalle per convertirsi a un islam fondamentalista e gettarsi in un
«eroismo» senza ritorno: i maschi, con armi modernissime; le ragazze,
con strumenti antichi come i fornelli e gli uteri, per dare conforto a
giovani eroi e sangue nuovo a una impresa che lo versa quotidianamente. È
insensato, ma partono.
Non possiamo rispondere che non ci
riguardano. Non sono nati dall’islam: sono una risposta al vuoto del
nostro Occidente, senza il quale non avrebbero motivo di esistere. Sono
giovanissimi e appassionati. Anche se qualcuno è disadattato o
trasgressivo, non sono i bulli del quartiere, né vanno alle partite con
il coltello in tasca (comportamenti che restano «occidentali»). In gran
parte, sono adolescenti che non hanno mai commesso una infrazione: molti
sono addirittura studenti modello. Né sono dei disobbedienti Pinocchi
che beffano un debole Geppetto: vengono spesso da famiglie solide, dove
il padre è tutt’altro che assente. Tutti, obbedienti o trasgressivi,
erano alla ricerca di un senso e non lo sapevano: ora hanno trovato
un’autorità assoluta in grado di somministrarlo.
Dicono di andare
«verso» qualcosa: ma il loro obiettivo appare fumoso tanto all’europeo
laico, quanto ai teologi musulmani. Quello che è chiaro, invece, è che
vanno «via da». Rifiutano il nostro mondo che, morta per disidratazione
la cultura romantica, è diventato troppo pratico: senza passioni, senza
assoluti, senza sacrifici e senza trascendenza. Possiamo capirli, anche
se cominciamo a non capire quando per loro la morte si trasforma da
strumento in scopo ultimo.
La morte e il sacrificio di chi? Questo
forse non l’avevano pensato a fondo. Se qualcuno glielo chiedesse su due
piedi, borbotterebbero formule quali «gli infedeli», che nella
genericità rivelano come l’avversario sia per loro astratto e non umano.
Il giovane caduto nel nuovo buio è, proprio come il corrispondente
occidentale che disprezza, innamorato dei propri entusiasmi, ubriaco di
narcisismo. È convinto di opporsi al nostro materialismo, ma si affida a
ricchi finanziatori che gli somministrano armi corrompendo la sua
anima, proprio come ai giovani occidentali somministrano la droga; e a
raffinati informatici, che mettono in rete filmati delle eroiche gesta
jihadiste con l’abilità delle multinazionali pubblicitarie. Soffocano
nel nostro materialismo, eppure non hanno appreso nuove vie: non sono
stati mai veramente iniziati alla teologia dell’islam. Sono risucchiati
verso quello che considerano un mondo di valori, ma è la controfaccia di
un potere materialista rivestita da guerra santa disneyana.
Gli
opposti che si combattono mortalmente, ma senza consapevolezza,
diventano simili, ha detto Jung. Lo ha confermato lo storico Alan
Bullock nel saggio Hitler e Stalin. Vite parallele (Garzanti). Per
vivere veramente nei valori, ha detto Isaiah Berlin (in un testo del
1994 riproposto dalla «New York Review of Books» del 23 ottobre),
bisogna ricomporli ogni giorno col bilancino del farmacista. Libertà e
uguaglianza sono fondamenti. Ma la libertà totale porta verso la
dittatura del mercato, l’uguaglianza totale verso Stalin. Gli unici
miglioramenti nella vita degli uomini si raggiungono realizzando
compromessi fra le due. Il problema è che milioni di giovani sono pronti
a morire per idee assolute, nessuno a «morire per un compromesso»: che
è, aggiungerebbe uno psicoanalista, insipido per il nostro narcisismo.
Inconsciamente
o meno, gli estremisti si rinforzano a vicenda. I due palestinesi che
hanno fatto strage in sinagoga parlavano di giustizia per i loro
fratelli: ma la rivincita che si sono presi è quella individualista
dell’adolescente che vuol diventare famoso, scaricando sul loro popolo
una ennesima umiliazione.
Prevedibilmente — ma non inevitabilmente —
il ritorno a forme di pensiero del passato riappare dall’altra parte:
nella reazione dello Stato israeliano, che dopo aver naturalmente
reagito con le armi, meno naturalmente estende la rappresaglia ai
familiari e demolisce le loro case. In questo modo applica una forma
antimoderna di diritto (l’allargamento della responsabilità personale ai
familiari corrisponde alla Sippenhaft o kin liability medievale,
riattualizzata nella modernità da Stati totalitari). Nella loro
inconsapevolezza, i terroristi sono riusciti a «infettare» con la loro
regressione il loro avversario: uno Stato che, lo voglia o meno, ha fra
le responsabilità quella di rappresentare in Medio Oriente la luce della
democrazia e della modernità, non i secoli bui. Come ho ricordato nel
testo Paranoia , questa è l’unica malattia mentale altamente infettiva. A
differenza dalle altre espressioni di follia, non è solo individuale ma
riguarda i gruppi interi, gli amici e i nemici. Contagia la psiche
collettiva e può comunicarsi ininterrotta attraverso le generazioni.
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3 commenti:
Azzara', questa volta l'hai sparata grossa.
Molto grossa!
E non sarebbe nemmeno la prima volta, caro il mio vecchio Anonimo.
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