martedì 2 dicembre 2014

Machiavelli e lo Stato moderno: tradotto il libro di MIchel Senellart


Michel Senellart: Machiavellismo e ragion di Stato, Ombre corte

Risvolto

Nella vulgata tradizionale, Machiavelli è l'autore semi-leggendario che per primo ha affrancato la sfera politica dalle rigide regole della religione, della morale e del diritto, aprendo così la via a una teoria del potere inteso come pura volontà di potenza. In questo modo, il segretario fiorentino viene solitamente indicato come il capostipite della letteratura sulla cosiddetta "ragion di Stato". Machiavellismo e ragion di Stato, ormai già un classico negli studi sull'argomento, si incarica precisamente di rovesciare questo luogo comune: da un lato, contrapponendo il paradigma "guerriero" del discorso del machiavellismo a quello "economico" dei teorici della ragion di Stato; dall'altro, mostrando come quest'ultimo affondi le sue radici nel concetto di ratio status medievale - un concetto che dunque precede di gran lunga l'opera di Machiavelli. Tradotto in coincidenza con il cinquecentesimo anniversario de Il Principe, e impreziosito da una nuova prefazione scritta per l'occasione dall'autore, Machiavellismo e ragion di Stato accompagnerà il lettore in un viaggio affascinante alle origini del pensiero politico moderno, svelandone insieme la sorprendente attualità.

l'autore
Michel Senellart è professore di Filosofia politica all'École Normale Supérieure des Lettres et Sciences Humaines di Lione. Ha curato l'edizione francese dei corsi inediti di Michel Foucault al Collège de France degli anni 1978 (Sécurité, territoire, population), 1979 (Naissance de la biopolitique) e 1980 (Du gouvernement des vivants). Tra i suoi altri lavori ricordiamo: Les arts de gouverner. Du regimen médiéval au concept de gouvernement (Seuil, 1995); (con Gérald Sfez) L'enjeu Machiavel (Puf, 2001); (con Alain Caillé e Christian Lazzeri), Le bonheur et l'utile. Une histoire raisonnée de la philosophie morale et politique (La Découverte, 2001).


Machiavelli e il buon governo delle virtù repubblicane
Saggi. «Machiavellismo e ragion di Stato» di Michel Senellart per Ombre corte. La critica a una visione consolidata che riteneva lo studioso fiorentino un teorico del potere sovrano

Carlo Altini, il Manifesto 2.12.2014 

L’accostamento di Machia­velli all’idea della ragion di Stato è dif­fuso nel senso comune da molti decenni. Tra gli stu­diosi que­sto acco­sta­mento non è però dato per scon­tato: sono infatti molti coloro che inter­pre­tano il segre­ta­rio fio­ren­tino come il soste­ni­tore delle virtù civi­che e di un sistema repub­bli­cano in cui, gra­zie al governo della legge, la libertà della comu­nità pro­cede di pari passo con la libertà del sin­golo. In quest’ottica, il governo della legge è garan­zia rispetto all’arbitrarietà dei tiranni e delle poli­ti­che fon­date sulla ragion di Stato. Il libro di Michel Senel­lart Machia­vel­li­smo e ragion di Stato (Ombre corte, pp. 155, euro 13,50), curato da Lorenzo Coc­coli, inter­viene pro­prio su que­sto tema cri­ti­cando la «leg­genda nera» di Machia­velli come per­so­ni­fi­ca­zione del male e del vizio, soste­ni­tore di una con­ce­zione del potere intesa come volontà di potenza: è infatti la rige­ne­ra­zione delle virtù civi­che, e non la brama di potere, a essere al cen­tro della rifles­sione machiavelliana. 

La dina­mica dei con­trari
Senel­lart con­te­sta che l’autore del Prin­cipe possa essere rite­nuto colui che tra­sforma un’eccezione (l’immoralità di un’azione poli­tica) in un pre­cetto per­ma­nente dell’ordine etico-giuridico. Senza dub­bio l’«uomo poli­tico» non deve cono­scere solo il bene ma anche il male, per­ché mol­te­plici e con­trad­dit­to­rie sono le situa­zioni in cui si trova a ope­rare tra vizio e virtù, tra carità e cru­deltà: ciò non signi­fica però che l’immoralità debba diven­tare un prin­ci­pio car­dine della sua azione. Que­sta dina­mica machia­vel­liana dei «con­trari» è nota fin da Fran­cis Bacon, che l’ha elo­giata senza reti­cenze: «Noi dob­biamo rin­gra­ziare Machia­velli e gli scrit­tori come lui, che aper­ta­mente e senza infin­gi­menti dicono quello che gli uomini di solito fanno, non quello che deb­bono fare. Non sarebbe, infatti, pos­si­bile riu­nire in una sola per­sona la pru­denza del ser­pente e l’innocenza della colomba, se que­sta per­sona non cono­scesse a fondo la natura stessa del male. Senza que­sta cono­scenza la virtù non avrà né difesa né sal­va­guar­dia suf­fi­ciente. Anzi, in nes­sun modo potrà il buono cor­reg­gere ed emen­dare il cat­tivo, se non avrà appreso in pre­ce­denza tutti i recessi e le pro­fon­dità della mali­zia umana». 
La cri­tica dell’identificazione tra machia­vel­li­smo e ragion di Stato pro­po­sta da Senel­lart si snoda in almeno tre dire­zioni: in primo luogo, distin­gue tra Machia­velli e il machia­vel­li­smo; in secondo luogo, indi­vi­dua l’origine dell’idea di «ragion di Stato» nel pen­siero medie­vale fin dal XII secolo (in par­ti­co­lare nel con­cetto di ratio sta­tus); infine, sot­to­li­nea le dif­fe­renze tra Machia­velli e Gio­vanni Botero, il vero fon­da­tore della dot­trina moderna della ragion di Stato. Ed è su quest’ultimo punto che sem­bra inte­res­sante sof­fer­mare l’attenzione, anche in vista delle sue rica­dute con­tem­po­ra­nee: la ragion di Stato desi­gna infatti una pra­tica del potere che non riguarda solo la prima età moderna, ma anche la nostra con­tem­po­ra­neità (basti pen­sare, come esem­pio, alle que­stioni coperte dal segreto di Stato e alle leggi straor­di­na­rie ema­nate in nome della lotta al ter­ro­ri­smo), che dun­que testi­mo­nia la per­si­stenza di pra­ti­che asso­lu­ti­sti­che nelle demo­cra­zie costi­tu­zio­nali e nello Stato di diritto, evi­denti nella pos­si­bi­lità di vio­lare i diritti indi­vi­duali per garan­tire l’interesse col­let­tivo. Ma nelle demo­cra­zie attuali fino a che punto un tale scam­bio può essere giu­sti­fi­cato? E tale scam­bio è oggi solo un’eccezione, che nega il fon­da­mento indi­vi­dua­li­stico dello Stato, o è piut­to­sto la norma? 
Con «ragion di Stato» si intende gene­ral­mente una con­ce­zione in base alla quale il potere è auto­riz­zato a vio­lare il diritto in nome dell’interesse pub­blico (o, più spesso, dell’interesse dei gover­nanti). Secondo Senel­lart, la con­ce­zione moderna della ragion di Stato non viene però fon­data da Machia­velli bensì da Botero, che modella la sua teo­ria uti­liz­zando una con­cet­tua­lità «eco­no­mica» che sarà alla base del libe­ra­li­smo moderno, e non la con­cet­tua­lità poli­tica machia­vel­liana. Botero espone infatti «il pro­gramma di un’arte di gover­nare fon­data non sulla guerra, ma sullo sfrut­ta­mento inten­sivo delle risorse mate­riali e umane». In un’ottica mer­can­ti­li­stica e proto-capitalistica, Botero basa l’idea della ragion di Stato su una con­ce­zione «eco­no­mi­ci­sta» della razio­na­lità moderna che mira all’incremento dell’industria e della ric­chezza inteso come stru­mento di governo, spo­stando dun­que la que­stione poli­tica dall’etica all’economia, l’unica sfera di neu­tra­liz­za­zione del con­flitto poli­tico: lo Stato si governa con­si­de­rando cen­trale non l’educazione alla virtù ma la sod­di­sfa­zione degli inte­ressi, la cui uni­forme rego­la­rità e pre­ve­di­bi­lità è resa pos­si­bile dal cal­colo razio­nale. In que­sto modo Botero apre la strada al libe­ra­li­smo moderno inteso come la solu­zione del pro­blema poli­tico – la que­stione del potere – attra­verso mezzi economici. 

Pos­si­bi­lità inat­tese
Al con­tra­rio, in Machia­velli la poli­tica emerge come il luogo per eccel­lenza del cam­bia­mento e del movi­mento: il flusso con­ti­nuo degli eventi è impre­ve­di­bile e non può essere ridotto a schemi deter­mi­nati dal cal­colo eco­no­mico o dalla ragion di Stato. Le varia­zioni delle forme di governo, con il pas­sag­gio da forme sane a forme cor­rotte, e vice­versa, «nac­quono a caso intra gli uomini». Pur inter­ve­nendo «a caso», le varia­zioni non avven­gono però secondo un ordine arbi­tra­rio. Per Machia­velli il «caso» non è solo l’apparizione di eventi inat­tesi e incon­trol­la­bili che modi­fi­cano il corso degli eventi, ma è anche una causa «coa­diu­vante», cioè un insieme di coin­ci­denze che com­pli­cano o risol­vono per l’attore sto­rico una situa­zione ini­zial­mente svi­lup­pa­tasi in una diversa dire­zione. In que­sta acce­zione il caso diventa «occa­sione», pos­si­bi­lità inat­tesa che la virtù umana deve saper cogliere: ciò che conta agli occhi di Machia­velli è la pos­si­bi­lità di sfug­gire a una logica mec­ca­nica degli eventi che, come un destino ine­lut­ta­bile, impe­di­rebbe ogni azione all’uomo e ogni pos­si­bi­lità di eser­ci­zio della virtù, sia essa indi­vi­duale o collettiva. 
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