giovedì 29 gennaio 2015
Galasso contesta la categoria di "Seconda guerra dei Trent'anni"
«Nuova guerra dei trent’anni» Uno slogan che fa torto alla storia
Analogie tra le due guerre mondiali del Novecento
di Giuseppe Galasso Corriere 29.1.15
«Nuova guerra dei trent’anni»: la formula facile e semplificatrice con
la quale si assimilano alla guerra del 1618-48 le due guerre mondiali
del Novecento porta in sé il peccato originale di tutte le analoghe
formule, che sembrano illuminare il panorama storico con un drastico
spot (come quella del Novecento quale «secolo breve») che fa torto
insieme alla storia, perché i secoli non configurano nessuna categoria
interpretativa, e al Novecento, che, con la stessa logica, può essere
ritenuto lungo o lunghissimo.
Intanto, un paragone fra le vicende belliche del Seicento e del
Novecento non regge neppure sul piano fattuale. Quelli del Seicento
furono trent’anni di guerra davvero continua, specialmente in Germania,
che ne uscì devastata. Nel Novecento, invece, fra il 1918 e il 1939,
chiuse le guerre fra Polonia e Russia e fra greci e turchi del 1920-21,
non ve ne furono altre in Europa, tranne la guerra civile spagnola del
1936-39.
Più dei fatti conta, tuttavia, il loro significato storico-politico, ma
neppure per questo pare possibile parlare per il Novecento di una nuova
guerra dei trent’anni. Un motivo unificante, ben maggiore di tutti gli
altri, vi fu pure nel Seicento, e fu la contesa tra Francia e Spagna per
l’egemonia in Europa. Il motivo unificante delle due guerre del
Novecento fu, a sua volta, l’«assalto al potere mondiale» della
Germania, prima imperiale e poi nazista, e anche in questo caso gli
altri motivi di guerra nell’Europa del tempo appaiono secondari. Ciò
premesso, il parallelismo però cessa.
Le due guerre del Novecento ebbero, infatti, connotati profondamente
diversi tra loro. Nel Seicento la guerra fu tutta europea. In nessun
caso la posizione dell’Europa nel mondo era messa in causa. La lotta fra
cattolici e protestanti era, in fondo, una contesa tra fratelli,
ciascuno dei quali pretendeva di essere l’erede legittimo, l’autentico
titolare dello stesso patrimonio di fede e di dottrina. Non fu così nel
Novecento.
Certo, la Seconda guerra mondiale cominciò nel 1939 come una nuova
guerra europea, ma nel 1941, con la partecipazione degli Stati Uniti e
del Giappone, prese tutto un altro avvio e si trasformò in una guerra
effettivamente mondiale, dalla quale fu ben presto chiaro che la
posizione dell’Europa nel mondo sarebbe stata radicalmente cambiata.
Neppure la Gran Bretagna, determinante per l’esito della guerra,
resistette al declassamento europeo che ne conseguì, mentre l’altra
potenza europea vittoriosa, l’Unione Sovietica, ne uscì come potenza
mondiale ben più che europea. Fra il carattere mondiale della guerra del
1914-18 e quello della guerra 1939-45 la differenza, sul piano
geopolitico e bellico, è tale che, al confronto, la prima guerra quasi
non pare aver diritto al titolo di mondiale.
Si aggiunga, a ciò, l’elemento ideologico. Anche nella prima guerra lo
si vede in campo, ma nella seconda lo si vede ingigantito e
radicalizzato, con ben altra influenza sul corso delle ostilità, e, per
giunta, con un’estensione tale da riuscire discriminante nella politica
mondiale fin quasi alla fine del Novecento. Né ciò può sorprendere in
alcun modo. Tra il 1918 e il 1939 vi era stato l’esplosivo dilagare del
totalitarismo, che cambiò nel profondo sia il volto e la struttura
politica europea che la natura dei conflitti a cui diede luogo. Li
trasformò, infatti, in gran parte in guerre civili, combattute o
latenti, che nel caso del comunismo si convertirono apertamente in
guerre sociali, condizionandone fortemente gli svolgimenti e gli esiti.
Due guerre diverse, dunque, per significato storico e per la portata
delle loro conseguenze, ben più di quanto il riferimento alla secentesca
«guerra dei trent’anni» non faccia supporre o non implichi.
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