domenica 25 gennaio 2015

Giuliano Amato preparava da tempo l'elezione al Quirinale ma gli è andata male






Il «dottor sottile» alla ricerca del nuovo costituzionalismo 
Saggi. «Le istituzioni della democrazia. Un viaggio lungo cinquant’anni » di Giuliano Amato per il Mulino
Francesco Antonelli, il Manifesto 12.2.2015 
La figura del poli­tico come pro­fes­sione intel­let­tuale, di cui Max Weber ha lasciato un’insuperata ana­lisi, e quella del par­tito come intel­let­tuale col­let­tivo, teo­riz­zata da Anto­nio Gram­sci, non sem­brano più appar­te­nere alla poli­tica con­tem­po­ra­nea. Sem­pli­fi­cando, cono­scenze e saperi entrano nel gioco della poli­tica non più per con­tri­buire alla con­ti­nua ela­bo­ra­zione di un dise­gno stra­te­gico di governo e tra­sfor­ma­zione della società, ma come stru­menti pura­mente tec­nici, spesso uti­liz­zati per dis­si­mu­lare quei valori e inte­ressi (rela­tivi) che con­ti­nuano ad essere il fon­da­mento del potere. È que­sto uno degli aspetti fon­da­men­tali del defi­cit di fun­zio­na­mento di cui sof­fre, ad esem­pio, l’Europa. Un nodo pro­ble­ma­tico che deve essere sciolto se l’Unione euro­pea e l’Italia vogliono dav­vero uscire dalla fase di sta­gna­zione in cui si tro­vano, ricom­po­nendo un equi­li­brio tra un potere demo­cra­tico (da rilan­ciare) e una classe diri­gente in grado di inter­pre­tare ed eser­ci­tare, oltre il breve periodo e la mio­pia degli inte­ressi cor­po­ra­tivi, il suo ruolo. 

Decli­na­zioni riformiste
Al di là del giu­di­zio che può essere dato sulla sua azione poli­tica, è inne­ga­bile che la bio­gra­fia e l’opera di Giu­liano Amato stiano in gran parte den­tro que­sto per­corso pro­ble­ma­tico e, oggi, nella gamma di solu­zioni che si cer­cano per uscirne: ne è una dimo­stra­zione il fatto che sia il neoe­letto Pre­si­dente della Repub­blica Ser­gio Mat­ta­rella sia alcuni dei più accre­di­tati can­di­dati alla carica di Capo dello Stato (tra i quali, appunto, lo stesso Amato) pro­ve­nis­sero da pro­fes­sioni intel­let­tuali (la Corte Costi­tu­zio­nale, l’Università, la magi­stra­tura o il gior­na­li­smo), e aves­sero man­te­nuto que­sta loro iden­tità anche nel fare poli­tica.
In que­sta chiave di let­tura può dun­que essere letto il libro di Giu­liano Amato Le isti­tu­zioni della demo­cra­zia. Un viag­gio lungo cinquant’anni (il Mulino, Euro 33,00) che rac­co­glie una serie di scritti pub­bli­cati dal «dot­tor sot­tile» nella sua car­riera, ed orga­niz­zati in quat­tro parti: sto­ria costi­tu­zio­nale ed evo­lu­zione della forma di governo, la demo­cra­zia e l’espansione della libertà, l’economia e l’interesse pub­blico, la costru­zione euro­pea e le pro­spet­tive sovran­na­zio­nali, intro­dotte rispet­ti­va­mente da Mau­ri­zio Fio­ra­vanti, Augu­sto Bar­bera, Giu­lio Napo­li­tano e Sabino Cassese.
Il filo con­dut­tore degli scritti è la costru­zione teo­rica (incen­trata su una con­ce­zione del diritto costi­tu­zio­nale aperto ai con­tri­buti delle scienze sociali e filo­so­fi­che) e la pra­tica poli­tica del rifor­mi­smo, in par­ti­co­lare attra­verso la decli­na­zione del socia­li­smo libe­rale. La sfida è così la stessa che ha segnato la car­riera intel­let­tuale e poli­tica del (cita­tis­simo da Amato) Ralph Dah­ren­dorf: «qua­drare il cer­chio» tra benes­sere eco­no­mico, coe­sione sociale e libertà poli­tica, par­tendo dal pri­mato della per­sona e delle sue libertà in un mondo sem­pre più com­plesso e dina­mico. Giu­liano Amato coglie in varie parti del libro il limite di una con­ce­zione e di una pra­tica della libertà che, nel mondo del capi­ta­li­smo finan­zia­rio e della mer­ci­fi­ca­zione glo­bali, tende sem­pre più ad essere la con­di­zione di un indi­vi­duo che si pensa sciolto da ogni legame sociale e dovere, per risol­versi tutto in un uso nar­ci­si­stico ed uti­li­ta­ri­sta di que­sta stessa libertà. La pra­tica della libertà respon­sa­bile e della costru­zione di un tes­suto di diritti e soprat­tutto di doveri che devono avere sem­pre più una dimen­sione anche trans­na­zio­nale (non essendo pos­si­bile, per Amato, costruire un potere demo­cra­tico sull’idea della Repub­blica cosmo­po­lita di kan­tiana memo­ria), ven­gono dun­que indi­cati come i prin­ci­pali vet­tori di uscita da que­sto per­ver­ti­mento delle libertà: in que­sto sta il senso dell’accostamento dell’idea libe­rale a quella socia­li­sta. Allo stesso tempo, que­sto per­corso neo-istituzionalista che rimette al cen­tro il ruolo del diritto costi­tu­zio­nale e il suo rap­porto con quella cre­scente com­ples­sità sociale che invoca dal basso nuovi diritti e doveri (anche per i sog­getti eco­no­mici) in nome della dignità umana (si pensi ai movi­menti della Rivo­lu­zione araba o anche alla stessa Syriza), diviene il punto di appog­gio per cer­care di rico­struire una nuova inte­gra­zione sociale. 

La cor­nice sovranazionale
Ubi socie­tas ibi Ius dice­vano i giu­ri­sti romani: al di là di osser­va­zioni pure intel­li­genti come quelle di Car­bon­nier sulla non ridu­ci­bi­lità del sociale al giu­ri­dico, è inne­ga­bile che si sia aperto uno iato cre­scente tra per­sone e pro­cessi eco­no­mici e poli­tici. E che uno dei mezzi per rico­struire un tes­suto sociale ade­guato alla cre­scente diver­sità cul­tu­rale, sociale e reli­giosa di cui siamo tutti por­ta­tori, sia un pro­cesso di costi­tu­zio­na­liz­za­zione in grado di muo­versi oltre i con­fini nazio­nali. Rico­no­scere il plu­ra­li­smo sociale ed eco­no­mico e rein­te­grarlo in modo razio­nale: que­sta sem­bra essere per Amato la sfida prin­ci­pale dei nostri tempi e il metodo da seguire per rom­pere anche quei cor­po­ra­ti­vi­smi che bloc­cano l’Italia.
Ci sono però alcuni impor­tanti pro­blemi che si accom­pa­gnano a que­sta impo­sta­zione e che qui pos­siamo porre solo in forma aperta e coin­cisa: per Amato il per­ver­ti­mento della libertà che ci tro­viamo di fronte è estra­neo all’autentico spi­rito del libe­ra­li­smo. Eppure da trent’anni a que­sta parte i prin­ci­pali lea­der poli­tici e molti espo­nenti delle éli­tes eco­no­mi­che non hanno mai ces­sato di pro­cla­marsi libe­rali. Da dove ori­gi­ne­rebbe, dun­que, al livello ideo­lo­gico e di pra­tica poli­tica la dege­ne­ra­zione delle libertà? Manca così un’analisi auto­cri­tica in Amato – che è ed è stato non solo intel­let­tuale ma, come dice­vamo all’inizio, anche lea­der poli­tico pie­na­mente inse­rito nell’establishment che ha con­tri­buito a costruire l’attuale modello di svi­luppo sociale e civile. 

Una con­trad­di­zione rimossa
Certo come vice­pre­si­dente della Con­ven­zione euro­pea inca­ri­cata di redi­gere la nuova Costi­tu­zione euro­pea (defi­ni­ti­va­mente abban­do­nata nel 2009 in seguito ai refe­ren­dum in Fran­cia e nei Paesi Bassi), Amato ha con­cre­ta­mente pro­vato a met­tere in pra­tica la sua visione di una rule of law trans­na­zio­nale e ispi­rata ad un libe­ra­li­smo social­mente «respon­sa­bile». Tut­ta­via, come ricorda in uno dei saggi rac­colti nel volume, egli non solo ha par­te­ci­pato a vari G8 ma difende pie­na­mente la legit­ti­mità di que­sta isti­tu­zione anche al livello demo­cra­tico. E cer­ta­mente il G8 non si è mosso molto in dire­zione di un con­te­ni­mento di quella libertà irre­spon­sa­bile denun­ciata da Amato. Pro­ble­ma­tiz­zare que­sta con­trad­di­zione (e il rap­porto tra intel­letto e realtà è sem­pre con­trad­dit­to­rio, come ci ha mostrato il filo­sofo tede­sco Theo­dor W. Adorno) può con­tri­buire a com­pren­dere, pro­ba­bil­mente e senza avere una solu­zione defi­ni­tiva in mente, che se nel Nove­cento la diade socia­li­smo libe­rale poteva essere intesa nel senso che il secondo ter­mine cor­reg­geva le stor­ture auto­ri­ta­rie del primo, oggi potrebbe valere esat­ta­mente il con­tra­rio. Un per­corso che ci sospinge così oltre quella «terza via» che si è mostrata, volente o nolente, esat­ta­mente orga­nica alla glo­ba­liz­za­zione irre­spon­sa­bile con cui stiamo facendo i conti.

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