martedì 20 gennaio 2015

Servo e padrone a Haiti: i Giacobini neri e l'inizio della rivoluzione anticoloniale

C.L.R. James: I giacobini neri. La prima rivolta contro l'uomo bianco, DeriveApprodi

Risvolto
Nell’anno 1789 la colonia francese di Santo Domingo nelle Antille francesi forniva alla madrepatria i due terzi del suo commercio internazionale e rappresentava il massimo mercato della tratta europea degli schiavi. Era la colonia più fiorente del mondo, l’orgoglio della Francia e l’invidia di ogni altra nazione imperialista. Nell’agosto del 1791 scoppiò sull’isola la rivolta degli schiavi, che si sarebbe protratta per i successivi 12 anni e sarebbe sfociata, nel 1803, nella dichiarazione d’indipendenza di Haiti.
Storicamente, l’insurrezione antillese è la prima rivolta contro la schiavitù a conoscere un esito positivo; la prima forma di indisciplina di massa contro l’uomo bianco e la sua dominazione coloniale; il primo indelebile scacco degli eserciti nazionali di fronte a una moltitudine di schiavi. Dalla rivolta degli schiavi antillesi prenderanno le mosse i movimenti di liberazione nazionale che hanno, nel corso del XIX e XX secolo, progressivamente smantellato gli antichi imperi coloniali. A essa, e al suo principale protagonista, Toussaint Louverture, guarderanno tutti i rivoluzionari che nell’arco dei due secoli si sono battuti per la liberazione delle popolazioni oppresse del Sud del mondo.
Ma Toussaint Louverture, l’ex schiavo nero che guiderà la rivolta contro gli eserciti europei, rimane l’emblema di un’esperienza alla quale guardare ancora oggi, alla luce dei fallimenti di quei movimenti di liberazione nazionale che con tanta forza si opposero al colonialismo e della continua rivendicazione di uguaglianza e libertà della quale i movimenti migratori contemporanei sono l’espressione.
Cyril Lionel Robert James, nato a Port of Spain (Trinidad) nel 1901, emigra in Inghilterra nel 1932. Teorico marxista, pioniere del movimento panafricanista, storico, scrittore, critico letterario e specialista di cricket, è anche autore di Marinai, rinnegati e reietti. La storia di Herman Melville e il mondo in cui viviamo (ombre corte, 2003). Nel 1938 si trasferisce negli Stati Uniti, dove scrive, tiene conferenze e organizza le attività del Socialist Worker’s Party. Nel 1953 viene espulso e ritorna in Inghilterra dove continua la propria attività di scrittore e militante fino alla morte, avvenuta a Londra nel 1989. I giacobini neri, pubblicato per la prima volta nel 1938 e più volte ristampato in lingua inglese, è il suo libro più importante.
Schiavi senza colore
Toussant Louverture. La storia della rivoluzione di Haiti nel libro, ripubblicato da DeriveApprodi «I giacobini neri» di C.L.R. James, giornalista marxista di Trinidad, che rilegge quei fatti e alcuni fallimenti con la lente della lotta di classe, a volte dimenticata dallo Spartaco nero
Andrea Colombo, il Manifesto 20.1.2015
A ricor­darlo oggi, quando il solo nome di Haiti è sino­nimo di mise­ria e arre­tra­tezza, pare incre­di­bile, ma alla vigi­lia della Rivo­lu­zione fran­cese quella che allora si chia­mava Sainte-Domingue era la colo­nia più ricca del mondo: tanto da far dire ai gover­nanti inglesi che strap­parla alla Fran­cia avrebbe com­pen­sato con gli inte­ressi la recente per­dita del Nord Ame­rica. Ci cre­sceva di tutto ma soprat­tutto caffè e zuc­chero, merci pre­ziose. A col­ti­varle erano gli schiavi che arri­va­vano in catene dall’Africa sulle navi negriere, a botte di decine di migliaia l’anno.
Lo schia­vi­smo dal volto umano è esi­stito solo nelle bugie dei pian­ta­tori e nelle fan­ta­sie nostal­gi­che di Mar­ga­ret Mit­chell, ma in alcuni Paesi era più atroce che in altri e in nes­suno come a Sainte-Domingue. Riem­pire il culo dei neri con pol­vere da sparo e poi farli esplo­dere era un gio­condo e abi­tuale pas­sa­tempo, sep­pel­lirli fino al collo con ferite aperte per attrarre insetti fame­lici una puni­zione con­sueta per sgarri anche minimi. Pro­prio l’altissimo tasso di mor­ta­lità tra gli schiavi ren­deva l’importazione fio­rente: 40mila ogni anno nella fase imme­dia­ta­mente pre­ce­dente il 1789, quando Sainte-Domingue, in piena espan­sione, era quasi la sola voce posi­tiva dell’economia fran­cese.
La popo­la­zione era divisa in tre colori e quat­tro classi sociali. I bian­chi, 40mila o poco meno, si divi­de­vano in una mino­ranza di Grands Blancs, i pro­prie­tari delle pian­ta­gioni, e Petits Blancs, in parte arti­giani ma soprat­tutto sot­to­pro­le­ta­riato urbano, poveri ma supe­riori ai neri e alla gens de cou­leur, i meticci, per il colore della pelle. I 27mila mulatti, gerar­chi­ca­mente seg­men­tati in 64 gra­da­zioni di colore a seconda della per­cen­tuale di san­gue nero nelle vene, erano spesso molto più ric­chi dei Petits Blancs ma del tutto privi di diritti civili e poli­tici.
In fondo alla pira­mide c’erano quasi 500mila schiavi neri per i quali la parola «diritti» non aveva senso alcuno. I pic­coli bian­chi erano in con­flitto con i mulatti: ne invi­dia­vano la ric­chezza. I pro­prie­tari ave­vano ingag­giato un brac­cio di ferro con la madre patria: l’imposizione di com­mer­ciare in esclu­siva con la Fran­cia gli andava stretta. L’Inghilterra aspet­tava l’occasione per impa­dro­nirsi dell’isola del tesoro. La Spa­gna, padrona dell’altra metà dell’isola chia­mata da Colombo Hispa­niola, covava la stessa bramosia.

Il nome indio
La Rivo­lu­zione in Fran­cia fece esplo­dere tutte le ten­sioni insieme. Nella notte del 22 ago­sto 1791 gli schiavi insor­sero met­tendo a ferro e fuoco l’isola. Non era la prima sol­le­va­zione di schiavi nella sto­ria: sarebbe stata l’unica a vin­cere. Dopo quat­tor­dici anni di guerra prima civile, poi con la Spa­gna, l’Inghilterra e infine con la stessa Fran­cia, Sainte-Domingue, tor­nata al nome indio di Haiti, sarebbe diven­tata la prima colo­nia del Terzo Mondo a con­qui­stare l’indipendenza.
La sto­ria della rivo­lu­zione degli schiavi e del suo coman­dante, Tous­saint Lou­ver­ture, è stata scritta molte volte, a par­tire da metà del XIX secolo. Lo scrit­tore ame­ri­cano Madi­son Smartt Bell la ha rac­con­tata in una magni­fica tri­lo­gia, edita in Ita­lia da Alet, forse il prin­ci­pale romanzo sto­rico moderno. Due anni fa per­sino la tele­vi­sione fran­cese ha dedi­cato a Tous­saint una mini serie e nel 2009 Wyclef Jean, ex Fugees, nato ad Haiti, ha rein­ven­tato il con­dot­tiero nero, chia­man­dolo Tous­saint St. Jean, in uno dei suoi cd migliori: From the Hut, To the Pro­jects, To the Man­sion. I nuovi e nume­rosi studi hanno messo in evi­denza aspetti in pre­ce­denza poco con­si­de­rati: l’importanza della rivolta spon­ta­nea nel Sud del Paese, il ruolo del culto voo­doo (che Tous­saint, cat­to­lico, aveva proi­bito). Però, a 77 anni dalla sua pub­bli­ca­zione, resta insu­pe­rato, per la pro­fon­dità dell’analisi, l’acume delle intui­zioni e la capa­cità di affron­tare nodi moder­nis­simi, I gia­co­bini neri, il sag­gio sto­rico dedi­cato a Tous­saint e alla rivo­lu­zione hai­tiana da C.L.R. James, ripub­bli­cato ora da Deri­veAp­prodi.
James, nero di Tri­ni­dad, gior­na­li­sta, sto­rico mar­xi­sta, comu­ni­sta anti sta­li­ni­sta, parla di Haiti ma guarda a tutte le rivolte anti­co­lo­niali che anda­vano allora matu­rando. Sco­pre e anti­cipa i nodi, le con­trad­di­zioni e i rischi delle rivo­lu­zioni in un Terzo Mondo visto dall’interno e con appas­sio­nata par­te­ci­pa­zione, senza cedere al ter­zo­mon­di­smo che avrebbe affa­sci­nato e con­fuso la mente di tanti epi­goni nei decenni successivi.
James guarda alle lotte di libe­ra­zione nazio­nale pros­sime ven­ture senza mai met­tere la linea del colore o del riscatto nazio­nale (figu­rarsi poi quella dell’identità reli­giosa) in rilievo rispetto alla con­no­ta­zione di classe. Il rischio che le due linee di forza rivo­lu­zio­na­ria, invece che in siner­gia, entrino in ten­sione e con­trad­di­zione non gli sfugge. Fa parte della gran­dezza di Tous­saint l’averle sapute, sino a un certo punto, coniu­gare. Per James quel che conta non è il colore, ma la col­lo­ca­zione sociale.
I pochi neri liberi (com’era peral­tro lo stesso Tous­saint) fecero pun­tual­mente fronte comune con i mulatti e non con la massa degli schiavi, che nella geo­gra­fia sociale di Sainte-Domingue erano la vera forza lavoro. Le stesse con­ti­nue alleanze tra­sver­sali furono det­tate sem­pre e solo dall’interesse eco­no­mico delle diverse fasce sociali, che s’identificavano essen­zial­mente, ma non sem­pre, con il colore. Che tut­ta­via, in una società raz­zi­sta, restava deter­mi­nante, pro­prio come, più tardi, la com­po­nente di indi­pen­den­ti­smo nazio­nale nelle colo­nie. Il prin­ci­pale errore di Tous­saint fu, secondo James, pro­prio l’aver perso di vista, nell’ultima fase della sua dit­ta­tura, l’importanza di que­sto ele­mento, sacri­fi­cato alla neces­sità di coniu­gare la libe­ra­zione degli schiavi con la rico­stru­zione eco­no­mica del Paese, affi­data in parte ai bianchi.
Il cen­tro della nar­ra­zione è gio­co­forza Tous­saint Lou­ver­ture, il genio poli­tico e mili­tare che scon­fisse i mulatti, gli spa­gnoli e gli inglesi, con­qui­stò tutta l’isola, diede forma rivo­lu­zio­na­ria a quella che pro­ba­bil­mente sarebbe stata senza di lui solo una rivolta di schiavi, costruì la base per un Paese libero che, se il gene­rale nero non fosse stato scon­fitto, sarebbe stato molto diverso da quel che è poi diven­tata Haiti.
L’ammirazione di James per «lo Spar­taco nero» è incon­di­zio­nata, ma le cri­ti­che restano pun­tuali e acu­mi­nate. Tous­saint era con­sa­pe­vole di aver biso­gno dei bian­chi. Non li amava, né li odiava. Li temeva e non se ne fidava, ma sapeva che senza il loro baga­glio cul­tu­rale e senza la loro espe­rienza Sainte-Domingue sarebbe stata per­duta. Cre­deva nella Fran­cia rivo­lu­zio­na­ria, e non si accorse per tempo che la breve paren­tesi gia­co­bina e più ancora san­cu­lotta si era chiusa. Quando, ormai padrone incon­tra­stato di tutta Sainte-Domingue, per difen­dere i bian­chi tor­nati a gestire le pian­ta­gioni, senza più schia­vi­smo ma con una disci­plina rigida, con­dannò a morte il più bril­lante e popo­lare dei suoi gene­rali, il nipote Moise, Tous­saint decretò la pro­pria rovina. Quando poco dopo, a fronte dell’invasione fran­cese, non ebbe la pron­tezza di rico­no­scere nella Fran­cia il nemico, e dun­que esitò, evitò di schie­rarsi per l’indipendenza e cercò fino all’ultimo di man­te­nere aperto un dia­logo, si con­dannò alla depor­ta­zione in Europa e alla pri­gio­nia nella tetra e gelida pri­gione di Fort-de-Joux, dove morì dopo pochi mesi nel 1803.

Errori fatal
 Tous­saint sba­gliò, ma per lun­gi­mi­ranza non per mio­pia. Des­sa­li­nes, il gene­rale feroce col corpo coperto dai segni delle fru­state rice­vute da schiavo, era l’uomo adatto per por­tare a com­pi­mento la rivo­lu­zione. Sba­ra­gliò i fran­cesi, pro­clamò l’indipendenza del Paese a cui resti­tuì il suo antico nome, si pro­clamò impe­ra­tore, ordinò (su spinta della civile Gran Bre­ta­gna) lo ster­mi­nio di tutti i bian­chi.
Ma Des­sa­li­nes non poteva rico­struire Haiti, né ripor­tarla all’antica ric­chezza. Tous­saint avrebbe potuto, ma per pro­varci aveva dovuto lasciare spa­zio, pur senza fidar­sene, a quelli che mira­vano solo a ripri­sti­nare lo schia­vi­smo e aveva perso così la con­nes­sione con il suo popolo in armi. Il suo dilemma, rico­no­sce James, era tra­gico e non dis­si­mile da quelli con cui si trovò alle prese Lenin dopo la presa del potere e nei giorni di Kronstadt.
Con tutte le loro astu­zie e i fre­quenti cambi di campo, né Tous­saint, né Des­sa­li­nes, né Moise avreb­bero mai accet­tato il ritorno dello schia­vi­smo a cui mirava Bona­parte. Ma per Des­sa­li­nes l’obiettivo non andava oltre, men­tre Tous­saint era dav­vero un uomo della Rivo­lu­zione fran­cese, intesa nella sua acce­zione più gia­co­bina, e Moise sarebbe forse stato l’unico capace di andare oltre e inten­dere la Rivo­lu­zione degli schiavi come sociale e con­sa­pe­vol­mente di classe. Anche per que­sto sacri­fi­carlo fu, secondo James, lo sba­glio più imper­do­na­bile e dalle con­se­guenze disa­strose di Toussaint.
I gia­co­bini neri è un magni­fico libro di sto­ria e, insieme, un attua­lis­simo sag­gio di teo­ria poli­tica rivo­lu­zio­na­ria. Oggi, e pro­ba­bil­mente per molto tempo ancora, è impos­si­bile leg­gerlo senza ritro­varsi negli occhi l’immagine di quella «sto­rica» mani­fe­sta­zione pari­gina seguita alla stragi jiha­di­ste nella reda­zione e nel super­mer­cato. Alla testa c’era un mani­polo di uomini di potere non meno cinici e rapaci di quelli con cui dovette veder­sela Tous­saint, pronti a esal­tare i valori della Rivo­lu­zione fran­cese con­trab­ban­dan­doli come «uni­ver­sali», ma solo dopo averli depu­rati dall’ombra sgra­ziata e sco­moda dei san­cu­lotti e per­sino dello stesso Robespierre.
Dall’altra parte, un Terzo Mondo, ormai spesso interno al Primo, sban­dato e smar­rito, infiam­mato da un’oscura iden­tità reli­giosa, inca­pace di rico­no­scere le radici sociali della pro­pria dispe­ra­zione. E intorno il coro una­nime e bugiardo dei pen­sa­tori di corte, indi­gnato e furi­bondo (giu­sta­mente) con gli jiha­di­sti, ma al fondo con­ten­tis­simo di doversi misu­rare con i taglia­gole della Shari’ah invece che con una rivolta di classe come, con tutti i suoi errori, fu quella di Tous­saint e del suo eser­cito rivo­lu­zio­na­rio di schiavi ribelli.


Toussaint lo Spartaco di Haiti
di Antonio Carioti Corriere La Lettura 15.2.15
La Rivoluzione francese ha anche un volto dalla pelle nera. È quello di Toussaint L’Ouverture, una sorta di Spartaco delle Antille, l’ex schiavo che capeggiò la rivolta sfociata nell’indipendenza di Haiti. Nel Settecento quel territorio era la più ricca colonia europea, ma la sua prosperità derivava soprattutto dal lavoro degli schiavi portati dall’Africa. Cyril Lionel Robert James, nel libro I giacobini neri (DeriveApprodi), descrive nei dettagli crudeltà e iniquità del sistema di sfruttamento e discriminazione razziale cui erano soggette le persone di colore, compresi neri e mulatti liberi, magari anche benestanti. L’insurrezione scoppiò nell’agosto 1791 ed ebbe diverse fasi. Prima i ribelli neri combatterono i coloni francesi. Ma dopo l’abolizione della schiavitù, sancita a Parigi il 4 febbraio 1794, Toussaint si schierò al fianco della Repubblica giacobina, sconfiggendo spagnoli e inglesi che volevano mettere le mani sulla colonia. Si arrivò poi allo scontro con Napoleone, che fece arrestare e deportare in Francia Toussaint (morto in carcere nel 1803), ma non riuscì a evitare che il suo luogotenente Dessalines, battuto il corpo di spedizione francese, proclamasse l’indipendenza. Dopo oltre un decennio di conflitti sanguinosi, Haiti non era più una colonia, ma si ritrovò impoverita e in macerie. James (1901-1989) era un militante nero, marxista eretico ed esperto di cricket: ovviamente esalta gli insorti. Ma per altri versi il saggio, la cui prima edizione risale al 1938, evidenzia in anticipo le difficoltà cui sarebbero andati incontro i successivi moti anticoloniali. 

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