Raphaël Glucksmann:
Génération gueule de bois. Manuel de lutte contre les réacs, Allary Éditions
Risvolto
Djihad au cœur de Paris, croisade anti-européenne de Poutine, FN
premier parti de France, stars négationnistes du web : des forces
réactionnaires que tout semble distinguer à première vue lancent un défi
commun à nos principes et nos modes de vie.
Jamais depuis 70 ans notre modèle démocratique ne fut si contesté. La
tentation du repli gagne les peuples européens. Le face-à-face entre
les islamistes et l’extrême droite menace la France de Voltaire,
Brassens et Charlie. Nous étions des démocrates paresseux, des
humanistes indolents. Nous devons réapprendre à dire et à défendre la
République. Descendre dans l’arène et lutter.
Pour une génération élevée dans le mythe de la fin de l’Histoire, la
gueule de bois est terrible. Sommes-nous prêts pour le combat qui vient ?
Des révolutions arabes aux manifestations « Je suis Charlie» en
passant par le soulèvement ukrainien de Maïdan, des millions
d’individus, souvent jeunes, sont descendus dans les rues, sans parti ni
leader, sans dogme ni programme, pour dire leur attachement aux valeurs
de liberté, d’ouverture et de tolérance. Ces insurrections civiques
portent en elles les réponses que nous cherchons. Sans les trouver pour
l’instant. Or le temps presse.
Raphaël Glucksmann est parti à 20 ans à Alger travailler au Soir
d’Algérie. Au coeur d’une rédaction, il a été le témoin des fatwas
contre les journalistes et les dessinateurs dont des dizaines furent
assassinés par les islamistes du GIA.
Il est ensuite parti en Europe de l’Est où il a vécu de l’intérieur la
Révolution des Roses (Géorgie, 2003), la Révolution Orange (Ukraine,
2004) avant de devenir pendant 5 ans l’un des plus proches conseillers
du président géorgien Mikheil Saakachvili. En 2013, il repart en Ukraine
où il participe à la révolution EuroMaïdan comme conseiller des
principaux leaders du mouvement Vitali Klitschko et Yulia Tymoshenko.
Il est l’auteur d’un documentaire sur la révolution orange (Orange 2004 : une révolution européenne) et sur le génocide du Rwanda (Tuez les tous !).
Attenti, la linea di frattura non è tra noi e l’islam ma tra Europa e reazione
di Stefano Montefiori Corriere La Lettura 15.2.15
La
battaglia culturale è ormai quasi perduta, ma a dire il vero non è
stata neppure combattuta. Dopo il 1989 l’Occidente ha creduto che il
compito dei democratici di destra e sinistra si limitasse a gestire in
modo efficiente l’esistente, occuparsi dell’età della pensione e delle
ore lavorative settimanali, fissare le aliquote fiscali. «Tutti a dire
che le ideologie sono finite, che bisogna soddisfare i bisogni concreti
dei cittadini… È ovvio, certo, ma non basta. I valori, gli ideali, i
sogni sono stati abbandonati nelle mani dell’estrema destra, dei
reazionari. Sono loro gli unici ormai a proporre una visione, e gli
elettori li premiano. Quante volte abbiano sentito dire, a proposito
dell’avanzata di Marine Le Pen, che si tratta di un voto di protesta…
Non lo è affatto: chi vota Le Pen aderisce a quelle idee. Anzi, le
persone che sono d’accordo con il Front National sono ancora più
numerose dei suoi elettori. Non importa quanto le ricette economiche
siano strampalate. I reazionari stanno vincendo, perché hanno imparato, e
rivendicano, la lezione di Gramsci: l’egemonia culturale,
innanzitutto».
In un bistrot parigino «la Lettura» incontra Raphaël
Glucksmann, ovvero quanto di più lontano ci possa essere dalla figura di
intellettuale da bistrot. È tornato da poco da Kiev, dove è diventato
consigliere dei leader della rivoluzione ucraina dopo avere assistito e
partecipato alla rivolta di piazza Maidan. Gli anni precedenti li ha
passati a Tbilisi, in Georgia, come braccio destro dell’altro presidente
filo-occidentale dell’Europa orientale, Mikhail Saakashvili.
Il 26
febbraio Raphaël Glucksmann farà uscire in Francia Génération gueule de
bois (Allary Éditions), traducibile più o meno come «Generazione
post-sbronza»: un «manuale di lotta contro i reazionari» scritto dopo le
esperienze in prima linea nell’Europa che cerca di sottrarsi alla sfera
di influenza del Cremlino. Raphaël Glucksmann ne parla, in anteprima,
con noi.
Il padre André Glucksmann nei primi anni Settanta venne
definito nouveau philosophe — assieme a Bernard-Henri Lévy — perché
denunciò i crimini del totalitarismo sovietico, in rottura con lo
spirito intellettuale del tempo. Raphaël, 35 anni, continua quella lotta
libertaria, oggi, contro gli opposti totalitarismi dell’islamismo
radicale e della reazione nazionalista e antieuropea del Front National.
Il percorso di Raphaël Glucksmann è unico, ed esemplare della sua
visione cosmopolita, europea, anti-nazionalista, oggi così fuori moda. A
Tbilisi ha sposato la giovane georgiana Eka Zgouladze, ministro
dell’Interno che nello spazio di poche ore azzerò la corrotta milizia di
era sovietica, sostituendola con una nuova polizia composta da giovani.
Lo scorso Natale, il presidente Poroshenko ha chiamato Eka Zgouladze e
altri due ex ministri di Saakashvili a Kiev, le ha dato la cittadinanza
ucraina, l’ha nominata viceministro dell’Interno e le ha chiesto di
ripetere la stessa cosa fatta in Georgia, riformare la polizia.
Nel
suo libro Glucksmann riporta le parole di Saakashvili sulla sintonia tra
i due Paesi: «La Georgia ieri e l’Ucraina oggi sono più che degli
Stati, sono diventate delle idee: l’idea che la nostra regione sia
europea e che la libertà può trionfarvi, l’idea che noi apparteniamo
all’Europa dell’Illuminismo e non all’Eurasia di Putin, l’idea che la
democrazia sia universale e che non abbia né frontiera né carta di
identità. Siamo tutti europei, dunque siamo tutti ucraini!».
Il
libro di Glucksmann jr. è molto ambizioso, perché tiene insieme tutto:
gli attentati di Parigi, il nuovo antisemitismo, la follia dei
terroristi islamici, la guerra in Ucraina, l’espansionismo di Putin, il
successo di Marine Le Pen e delle altre forze conservatrici e
identitarie, la nostalgia che i reazionari nutrono per una nuova Santa
Alleanza che riesca a sconfiggere una volta per tutte il liberalismo e
le conquiste della Rivoluzione francese.
«La linea di frattura
fondamentale non è tra l’Occidente e l’islam — sostiene Glucksmann — ma è
trasversale, tra chi crede ancora nell’Europa come libertà e apertura
al mondo, come identità in continuo divenire, e chi invece spinge per il
ritorno agli Stati nazionali, e approfitta della giusta lotta contro il
terrorismo islamico per togliere libertà a tutti. Non è un caso che
siano le banche russe a finanziare il Front National: il progetto per
niente nascosto di Putin è dotarsi di una quinta colonna in ogni Paese
occidentale». Non è un caso nemmeno che Éric Zemmour, il saggista
nostalgico dell’ ancien régime che ha venduto mezzo milione di copie con
Il suicidio francese , dichiari: «Preferisco cento volte vivere sotto
Putin che sotto Cohn-Bendit». Nel «manuale di lotta contro i reazionari»
c’è una buona dose di autocritica, perché la stessa superiorità
intellettuale esibita dai progressisti francesi che poi perdono consensi
a vantaggio del Front National l’ha sperimentata Glucksmann stesso in
occasione delle elezioni in Georgia, incredibilmente perse da
Saakashvili. «Non potevamo perdere. I risultati delle nostre riforme —
scrive — erano stati spettacolari. Il Paese aveva conosciuto una
crescita annua media tra il 6 e il 7%, nonostante l’invasione e
l’embargo russi. La Banca Mondiale aveva pubblicato un rapporto con
questo titolo: Come la Georgia è riuscita là dove tanti governi del
mondo intero hanno fallito, anche dopo le rivoluzioni? Barack Obama ci
ricevette nello studio ovale e celebrò davanti alle telecamere “un
modello regionale di trasformazione”. Non potevamo perdere».
Eppure
persero. Sconfitti dall’oligarca Bidzina Ivanichvili, dalla chiesa
ortodossa e dall’influenza russa, riuniti nel partito del «Sogno
georgiano». Il motto di Saakashvili e Raphaël Glucksmann era «più
benefici ai cittadini»: «Parlavamo all’elettore come a un droghiere,
quando il Sogno georgiano si rivolgeva alla sua anima». Contro i
reazionari islamisti e nazionalisti, dice Glucksmann, gli europei devono
tornare a parlare al cuore delle persone. L’ideale libertario e
cosmopolita deve superare i confini dei duty free degli aeroporti.
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