domenica 5 aprile 2015

Oggetti desueti nelle imma­gini della let­te­ra­tura: una nuova edizione ampliata


Fran­ce­sco Orlando: Gli oggetti desueti nelle imma­gini della let­te­ra­tura. Rovine, reli­quie, rarità, robac­cia, luo­ghi ina­bi­tati e tesori nasco­sti, nuova edi­zione rive­duta e ampliata a cura di Luciano Pel­le­gini, pre­fa­zione di Piero Boi­tani, Einaudi «Pic­cola Biblio­teca Ns», pp. XX — 554, euro 36,00

Risvolto
Lo spazio e le immagini in letteratura sono meno studiati che il tempo e il racconto. Eppure ogni specie di letteratura evoca o descrive o canta cose fisiche. Non imparzialmente, però: prediligendo oggetti inutili o invecchiati o insoliti piuttosto che utili o nuovi o normali, il non-funzionale piuttosto che il funzionale; almeno negli ultimi due secoli, in contrasto con la razionalizzazione industriale e scientifica del mondo. E l'unità e varietà dei temi mediati da simili immagini era da scoprire: malinconia del caduco e comicità del frusto, suggestioni storiche ed effetto realistico, incanti di memoria e ossessioni del simbolo, elenchi magici e atmosfere sinistre, preziosi occultati e natura inospitale, elegante antiquariato e volgare Kitsch. È la materia di questo libro: monumentale atto di fiducia nell'intelligibilità dei testi appartenenti a una tradizione unica, quella occidentale. Commenti a decine, citazioni a centinaia dalle maggiori letterature antiche e moderne. Ogni testo ritrova un suo contesto in tutti gli altri, va a collocarsi entro una rete di rapporti spesso sorprendenti di contiguità o di precedenza. Avviato da una riflessione sul classificare, il discorso critico dà poi vita a una curiosa e avvincente operazione classificatoria a suddividere gli oggetti desueti in categorie, di ognuna delle quali divenga possibile delineare la storia. Dodici grandi romanzi del Novecento, infine, sono analizzati quasi si situassero al di là della classificazione e delle periodizzazioni.


Oggetti da romanzo, un libro della vita 
«Gli oggetti desueti nelle immagini della letteratura» tornano da Einaudi. Dopo vent’anni il valore euristico e la grandiosità dell’impresa restano immutati, ma è passata di moda la teoria: vediamo perché 

Niccolò Scaffai, il Manifesto 5.4.2015 

I clas­sici, ha scritto Cal­vino, sono libri che non esau­ri­scono il loro signi­fi­cato anche «dove l’attualità più incom­pa­ti­bile fa da padrona»; sono libri che, per defi­ni­zione, si rileg­gono per­ché, a ogni pas­sag­gio tra­smet­tono un senso nuovo e ritro­vano impor­tanza. Un clas­sico, insomma, non diventa mai un oggetto desueto. È un para­dosso felice, per­ciò, il fatto che uno dei clas­sici più impor­tanti di teo­ria e sto­ria com­pa­rata della let­te­ra­tura pub­bli­cati in Ita­lia sia dedi­cato pro­prio al tema del non fun­zio­nale; mi rife­ri­sco al grande libro di Fran­ce­sco Orlando (1934–2010), tra i più impor­tanti fran­ce­si­sti e com­pa­ra­ti­sti ita­liani: Gli oggetti desueti nelle imma­gini della let­te­ra­tura Rovine, reli­quie, rarità, robac­cia, luo­ghi ina­bi­tati e tesori nasco­sti (Nuova edi­zione rive­duta e ampliata a cura di Luciano Pel­le­gini, pre­fa­zione di Piero Boi­tani, Einaudi «Pic­cola Biblio­teca Ns», pp. XX — 554, euro 36,00). Uscito per la prima volta nel 1993, Gli oggetti desueti venne ampliato già l’anno dopo, con un’appendice con­te­nente nuovi esempi; l’edizione curata ora da Pel­le­grini col­loca quelle aggiunte nei punti pre­vi­sti dall’autore, inse­rendo inol­tre le modi­fi­che e gli esempi ulte­riori con cui Orlando aveva incre­men­tato l’edizione ame­ri­cana (2006) e fran­cese (2010, 2013).
«Un vin­colo stretto – osserva il cura­tore – uni­sce il libro alla biblio­teca dome­stica dell’autore, arric­chi­tasi passo passo dei clas­sici oggetto di stu­dio durante i due decenni di con­ce­pi­mento». La nota­zione, neu­tra all’apparenza, è invece neces­sa­ria, evo­cando la leg­gen­da­ria biblio­teca pri­vata di Orlando, che allievi e amici hanno ammi­rato nella sua dimora pisana. La cura posta nell’ordinare quei libri cor­ri­spon­deva all’abito men­tale di Orlando, lo stesso che ha ispi­rato Gli oggetti desueti: una siste­ma­ti­cità mai sche­ma­tica, mai asso­luta rispetto all’esperienza (quella per­so­nale e intel­let­tuale dello stu­dioso, quella sto­rica degli autori con­si­de­rati), tanto più com­plessa quanto più forti erano le ten­sioni, i con­tra­sti interni al testo let­te­ra­rio, che Orlando sapeva rico­no­scere e illu­strare. Anche per que­sto il libro non è un’opera, ma l’opera della vita di Orlando, quella in cui la sua cul­tura e il suo ethos entrano più in con­tatto con il sistema teo­rico costruito nei volumi pre­ce­denti, in par­ti­co­lare in Per una teo­ria freu­diana della let­te­ra­tura (1973). È lo stu­dioso a spie­gare il paral­lelo tra Gli oggetti desueti e la teo­ria del ritorno del represso messa a punto nei suoi saggi di più diretta ispi­ra­zione freu­diana: «Come la let­te­ra­tura acco­glie un ritorno del represso da cui è con­trad­detta una repres­sione morale, e un ritorno del represso irra­zio­nale da cui è con­trad­detta una repres­sione razio­nale, così sup­po­niamo che accolga (…)(…) un ritorno del represso anti­fun­zio­nale da cui è con­trad­detta una repres­sione fun­zio­nale».
Orlando sele­ziona i casi di represso anti­fun­zio­nale in base a tre costanti: una sin­tat­tica, che coin­cide con la forma dell’elenco; e due tema­ti­che, cioè la con­si­stenza mate­riale degli ele­menti elen­cati (cose, oggetti, luo­ghi con­creti, non entità astratte) e il con­no­tato dell’inutilità, della vetu­stà, della desue­tu­dine appunto. «Ne andava – attra­verso le testi­mo­nianze della let­te­ra­tura – del rap­porto stesso degli uomini con il mondo fisico da essi assog­get­tato (…). E ne andava del rap­porto stesso degli uomini con il tempo, che impone le sue tracce alle cose».
La sele­zione degli esempi, nume­ro­sis­simi e pre­le­vati sem­pre e solo dai capo­la­vori delle mag­giori let­te­ra­ture, sostiene un pro­getto che tutto è tranne che un rege­sto di curio­sità, una Wun­der­kam­mer ver­bale. Il libro di Orlando, che insieme a La carne, la morte e il dia­volo di Praz è tra i capi­saldi del genere in Ita­lia, e modello per altri impor­tanti saggi più recenti (penso per esem­pio ai Feticci di Fusillo), non è infatti un’opera sta­tica come una gal­le­ria di qua­dri, ma è spinta da movi­menti interni. Il primo è quello della ‘trama’, che Orlando tesse nar­rando l’avventura sto­rica del pro­prio pen­siero, nelle fasi che l’hanno con­dotto dall’ideazione alla pre­pa­ra­zione e alla ste­sura. Il suo passo è da nar­ra­tore onni­sciente (fre­quenti, non a caso, le apo­strofi ai «let­tori»); lo stile, sovrano e affa­bu­lante, son­tuoso e al tempo stesso esatto, è il mede­simo che Orlando assu­meva anche durante le sue lezioni e con­ver­sa­zioni.
Il secondo e più impor­tante movi­mento descritto negli Oggetti desueti è quello che con­duce da «un puro dato di mate­ria del con­te­nuto» alla «serie dei testi ai quali (…)esso è comune». Tra l’astratta mate­ria e la let­te­ra­tura con­creta, cioè, si distende uno spa­zio che il libro attra­versa, riem­pien­dolo di defi­ni­zioni otte­nute per oppo­si­zioni suc­ces­sive: dodici in tutto (dal monitorio-solenne al logoro-realistico, dal memore-affettivo al sinistro-terrifico), rap­pre­sen­tate nel com­plesso schema («un albero né genea­lo­gico né vege­tale») che si dispiega al cen­tro del capi­tolo IV. Come osserva Boi­tani nella Pre­fa­zione, chi «si acco­sta al libro oggi non potrà fare a meno di rico­no­scervi per esem­pio le tracce dello strut­tu­ra­li­smo che domina, con le sue oppo­si­zioni bina­rie, la pro­po­sta delle dodici cate­go­rie». D’altra parte — osserva ancora Boi­tani — la ten­ta­zione sin­cro­nica cui indulge la geo­me­tria strut­tu­ra­li­sta è cor­retta da altri rife­ri­menti (Auer­bach soprat­tutto) e sor­ve­gliata da Orlando stesso per mezzo di cau­tele e pre­ci­sa­zioni. Nell’impiego dell’«albero» – scrive ad esem­pio nel capi­tolo V («Dodici cate­go­rie da non distin­guere troppo») – il let­tore va messo in guar­dia dal rischio «di scin­dere le inter­pre­ta­zioni da rap­pre­sen­ta­zioni cor­ri­spon­denti, rei­fi­cando senza cose le cate­go­rie». Il pri­mum della clas­si­fi­ca­zione è infatti la scelta delle parole giu­ste per defi­nire le cose e inter­pre­tarle nel con­te­sto dell’opera; di qui l’andamento stesso del libro, che pro­cede per suc­ces­sive esem­pli­fi­ca­zioni sto­ri­ca­mente dispo­ste, cul­mi­nanti nel capi­tolo VI: «Qual­che romanzo del Nove­cento».


Se la posta in gioco degli Oggetti desueti era nien­te­meno che «il rap­porto stesso degli uomini con il tempo», siamo quasi obbli­gati a chie­derci quali fun­zioni ed effetti possa avere oggi que­sto clas­sico, a vent’anni dalla sua uscita (e almeno il dop­pio dalla sua idea­zione). Restano immu­tati il valore euri­stico e la magna­ni­mità dell’impresa: com­porre sub spe­cie ogget­tuale una vera opera-mondo, come pochis­simi altri libri di cri­tica let­te­ra­ria sono. Anche per que­sto l’effetto che pro­voca è quasi stra­niante: da un lato, il rilievo che gli oggetti hanno avuto negli studi let­te­rari suc­ces­sivi – anche gra­zie a Orlando – fa sem­brare meno ori­gi­nale la pro­spet­tiva; dall’altro, pro­prio il con­fronto rivela di colpo la minore con­si­stenza o l’estemporaneità di saggi più recenti. Occorre resi­stere a un impulso, oggi che la teo­ria è pas­sata di moda e che la stessa com­pa­ra­ti­stica, molto più aperta all’incrocio con diversi saperi e forme dell’immaginario, ricon­fi­gura bene o male su basi nuove il rap­porto tra forme e temi, cate­go­rie e cose: l’impulso di idea­liz­zare un libro di quelli che non si scri­vono più, con­fon­den­dolo con un’epoca, sto­rica e per­so­nale. O di pro­muo­verlo a sim­bolo assio­lo­gico, a figura di un Super Io biblio­gra­fico al cospetto del quale sen­tirsi ine­vi­ta­bil­mente incom­pleti. «Lo strom­baz­zare di pro­gresso echeg­gia e si perde su que­sto lon­ta­nis­simo sfondo, nel più pieno dei sensi desueto»: sfor­zia­moci di leg­gere in que­sta frase finale degli Oggetti desueti non una dichia­ra­zione a favore dell’inattualità, ma l’espressione di un’epoca con cui pos­siamo rima­nere in con­tatto solo pren­den­done le distanze.


a proposito del libro di Francesco Orlando " gli oggetti desueti nelle immagini della letteratura " (Einaudi)
Raboni Corriere 23 10 1993

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