lunedì 4 maggio 2015
La scuola di Platone
Mauro Bonazzi: Il platonismo, Einaudi, Torino, pagg. 240, € 22,00
Risvolto
Tutti concordano circa l'importanza di Platone, ma quasi nessuno è
pronto a riconoscere che la conoscenza che ne abbiamo è mediata
da secoli di interpretazioni, dibattiti, polemiche.
Platone non era un platonico, ha osservato Hans-Georg Gadamer: ma per capire Platone
non si può prescindere dai suoi eredi. Colmando per la prima
volta questa lacuna, il libro di Mauro Bonazzi propone una ricostruzione
dettagliata della storia millenaria del platonismo antico, dalla
fondazione dell'Academia nel 380 a.C. alla chiusura della scuola
neoplatonica di Atene nel 529 d.C., quando gli ultimi neoplatonici
si avventurarono oltre i confini dell'impero romano, nella speranza illusoria
di trovare in Persia un governo sensibile alla filosofia. Di contro
allo stereotipo di una filosofia perenne che si trasmette identica
di generazione in generazione, il lettore scoprirà cosí che a caratterizzare
il platonismo antico fu invece una discorde polifonia: una
volontà instancabile di seguire le pieghe dei dialoghi e una capacità
inesausta di trovare nuove soluzioni nel tentativo di dare conto della
ricchezza di Platone in tutta la sua complessità. Da Speusippo a
Cicerone, da Carneade a Plotino, scettiche o metafisiche, politiche
o epistemologiche, le vicende del platonismo costituiscono una pagina
memorabile nel lungo cammino della filosofia antica.
Platonismi Il cigno sfuggente di Platone
di Gianluca Briguglia Il Sole Domenica 3.5.15
Non un blocco dottrinale chiuso ma pensiero vitale e creativo. Mauro
Bonazzi ricostruisce le vicende dell’Accademia dalla nascita nel 380
a.C. fino alla chiusura ordinata da Giustiniano
Una leggenda dell’antichità ci riferisce che Platone, ormai vicino alla
morte, sognò se stesso nella forma di un cigno sfuggente, inseguito da
cacciatori in affanno che non riuscivano ad afferrarlo. Secondo la
leggenda, è il filosofo Simmia a spiegare il sogno: con grandi sforzi e
affanno gli interpreti di Platone cercheranno di afferrarne il pensiero,
ma lo faranno solo in parte, senza mai poter giungere a
un’interpretazione univoca e fissata una volta per tutte.
L’aneddoto si attaglia perfettamente alle vicende dell’Academia
platonica e alle avventure filosofiche di cui essa fu protagonista. Lo
mostra un libro utile e importante (Il platonismo), di Mauro Bonazzi,
professore di filosofia antica alla Statale di Milano e noto anche oltre
i confini nazionali.
Dall’acquisto da parte di Platone (o dal dono a lui fatto da uno dei
suoi allievi) nel 380 a. C. del campo su cui sorgerà la sua scuola, alla
distruzione degli edifici dell’Academia tra l’86 e l’89 a.C.
nell’assedio romano, fino alla chiusura definitiva dell’Academia per
ordine di Giustiniano addirittura nel VI secolo d. C. (negli anni in cui
in Italia Benedetto da Norcia scriveva la sua Regola), Mauro Bonazzi
scrive di fatto una breve storia dei platonismi accademici. Uno dei
punti di interesse del libro risiede nella rinuncia metodologica a
considerare il platonismo come un blocco dottrinale chiuso - già a
partire da Platone - e nel seguirne la vitalità e la creatività seguendo
le vicende secolari dell’Academia. Fin da subito infatti l’attività
filosofica dei seguaci di Platone non si esaurisce nella difesa o nella
ripetizione di nozioni e dottrine del maestro, ma si articola piuttosto
come condivisione di alcuni assunti di base e come focalizzazione su
alcuni problemi specifici, sottoposti alla tensione della ricerca e
della critica.
Il caso di Aristotele è eloquente: il suo progetto nasce nel contesto
platonico e in esso gioca un ruolo importante anche fino dopo l’elezione
di Speusippo come scolarca dell’Academia, cioè come successore di
Platone. Aristotele sviluppò, discusse, criticò liberamente molte teorie
platoniche fin dall’inizio, avendo anche una funzione di stimolo per
Platone stesso e per tutta la prima generazione dei suoi allievi. Le
critiche aristoteliche al Timeo sono in questo senso un caso
emblematico. In quest’opera, l’origine del cosmo è fatta risalire
all’azione di un Demiurgo divino che costruisce il mondo.
Per Aristotele, Platone avrebbe così introdotto la nozione,
difficilmente accettabile, di una creazione del mondo nel tempo. Gli
accademici reagiscono invitando a leggere Platone metaforicamente: il
Demiurgo è un mito che vuole solo indicare il passaggio logico dal
disordine degli elementi eterni all’ordine del mondo. Non c’è dunque
alcuna creazione nel tempo. È una tesi cardine del platonismo
successivo, ma potrebbe essere in realtà la risposta alle critiche
aristoteliche e paradossalmente una platonizzazione delle sue tesi.
L’esempio è significativo, perché potrebbe forse mostrare il modo
normale di discussione e critica dell’ambiente platonico. Certo con la
fase scettica dell’Academia - che comincia con l’elezione nel 268 di
Arcesilao a scolarca - la situazione si complica.
L’accostamento della scuola platonica allo scetticismo ha disorientato
non poco i moderni, ma è un fatto che fino al I secolo a. C. gli
scolarchi dell’Academia sono di forte matrice scettica. È forse anche il
segno del predominio di tendenze filosofiche nate fuori dall’Academia,
come il pirronismo, ma Bonazzi mostra come si tratti anche da un lato
dello sviluppo di certi elementi aporetici insiti nei dialoghi platonici
e da essi autorizzati e dall’altro lato della reazione accademica
contro un certo dogmatismo epistemologico delle correnti stoiche.
Il Platone scettico è un Platone antidogmatico. È con la fase successiva
alla conquista romana che la filosofia si decentra, si trasforma,
ripensa le proprie fonti e le proprie finalità. Fare filosofia vuol dire
ora riflettere sulle verità scoperte dai fondatori, come Aristotele e
appunto Platone, vuol dire interpretare e commentare le opere.
Ma non c’è un unico Platone, ma tanti quante sono le tendenze
filosofiche del tempo. La figura di Platone è lo snodo di una rete di
filosofie che si implicano a vicenda, di sistemi porosi, tanto che le
varie famiglie platoniche possono essere avvicinate solo da due assunti
comuni piuttosto generali, cioè il fatto che Platone sia stato il primo
filosofo ad avere scoperto la verità e che la missione di un buon
platonico sia quella di meditare e approfondire il sistema dei dialoghi.
Nel tempo il platonismo entra in contatto con le tradizioni orientali,
che ormai irrompono nello spazio del dominio romano. Antichi saperi,
come quelli degli Egizi, dei Persiani, degli Ebrei e diverse tradizioni
religiose, come il mitraismo e il manicheismo, e da ultimo il
cristianesimo, interagiscono con i platonismi, assorbendone idee,
sembianze e forme.
Le filosofie stesse assumono spesso i caratteri della teurgia,
dell’aspirazione a un contatto diretto con il divino. Tuttavia la
classica opposizione storiografica tra questa fase del platonismo,
caratterizzata da sincretismo e libertà interpretativa (se non
addirittura confusione e indistinzione), e il «neoplatonismo», come
ritorno di una rigida sistematizzazione, tornata chiusa e monolitica, è
per Bonazzi da rivedere e superare.
Non solo perché la creatività del medioplatonismo non è confusione di
piani e dottrine, ma anche perché il neoplatonismo non è quel blocco
dottrinario, tetragono e pietrificato, che una lunga storiografia
otto-novecentesca ha voluto presentare.
Basterebbe pensare alla teoria dell’«anima non discesa» di Plotino,
rifiutata e combattuta da platonici contemporanei e successivi.
La nostra anima, principio di vita e di razionalità, non è immersa
completamente nel sensibile, non è tutta presente a noi stessi, ma una
sua parte, non discesa in questo mondo mutevole e percettibile, è
rimasta a contatto con l’intelligibile puro.
La dottrina non è platonica, ma rende conto della nostra duplicità:
siamo dominati dal sensibile e dalle sue pulsioni, ma possiamo
risvegliarci e rivolgerci al nostro vero destino, che è di stare con la
divinità dell’intelligibile.
La teoria di Plotino crea più problemi di quanti ne risolva, come notano
in molti suoi contemporanei, ma è comunque il tentativo innovativo di
saldare in un nucleo platonico modificato le acquisizioni della
filosofia ellenistica e l’ideale del saggio felice e autosufficiente. Il
cigno di Platone è ancora una volta sfuggente, ma ha generato un nuovo
platonismo.
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