lunedì 25 maggio 2015

Un'intervista di Henri Matisse del 1941

bookHenri Matisse: L'intervista perduta con Pierre Courthion, a cura di Serge Guilbaut, Skira

Risvolto
Nel 1941, a 72 anni, convalescente dopo una complessa operazione chirurgica, Henri Matisse rilasciò una lunga intervista al critico Pierre Courthion. 

Numerosi e appassionanti gli argomenti trattati dal maestro: i suoi primi anni a Parigi come allievo di Gustave Moreau; i suoi rapporti con Renoir, Cézanne e Pissarro; le sue collaborazioni con Diaghilev e i Balletti russi; i viaggi; le riflessioni sulla sua opera e sul suo modo di concepire e vivere l’arte.
Tuttavia, davanti alle bozze che Courthion e l’editore Albert Skira infine gli sottoposero, Matisse ritirò il suo consenso alla pubblicazione, giudicando i contenuti troppo privati; l’intervista andò così smarrita per oltre settant’anni. Grazie agli eredi Matisse e al J.P. Getty Trust, viene oggi pubblicata per la prima volta in traduzione italiana presso lo stesso editore che l’aveva commissionata: una sorta di testamento spirituale di Matisse, una confessione informale nella quale il grande artista racconta in prima persona la sua idea di pittura, la sua estetica del colore, le tappe del suo itinerario nell’arte.

Pierre Courthion (1902-1988), svizzero naturalizzato francese, è considerato uno dei maggiori critici d’arte del Novecento.
Serge Guilbaut, docente di Storia dell’arte alla University of British Columbia di Vancouver, è autore di saggi sull’arte moderna e contemporanea e curatore di mostre.

Henri Matisse capricci di genio
Proposto in forma integrale un libro-intervista realizzato nel 1941 Sul quale il pittore francese aveva posto un veto
di Carlo Alberto Bucci Repubblica 24.5.15
DICEVA ai suoi allievi: «Statemi a sentire, volete fare pittura? Allora cominciate col farvi tagliare la lingua, perché d’ora in poi dovete esprimervi unicamente con i pennelli». In questo, Henri Matisse è stato un cattivo maestro. Almeno a leggere L’intervista perduta realizzata nel 1941 da Pierre Courthion. Il titolo originario, Bavardages ( chiacchiere) svela un artista affatto loquace e spigliato, avvezzo alla parola. E al racconto pieno di dettagli, sia che si tratti della Parigi dei pittori morti di fame di inizi Novecento, sia che riguardi le teorie del colore e della forma di uno dei giganti delle avanguardie storiche. Lui, Matisse.
Altro che fole e quisquilie. Niente chiacchiericcio nel dialogo avvenuto in più giorni tra Lione e Nizza nell’aprile del 1941, tra il vecchio pittore francese, costretto a un periodo di convalescenza, e il giovane critico svizzero. E questo perché l’autore de la Joie de vivre, giunto al 72esimo anno di età, attuò un controllo maniacale sul dattiloscritto dell’intervista che, per mantenere la freschezza, era stata trascritta da uno stenografo. Eppure, quel racconto di una vita ripercorsa tra spasso- si scherzi con la cerbottana, un ricordo dei faticosi inizi come decoratore «per 1,25 franchi l’ora » nel cantiere dell’Expo del 1900, e un vivido reportage dei viaggi in Marocco o a Thaiti sulle orme di Gauguin, ci ha messo quasi un secolo a vedere le stampe. È avvenuto ora per mano della stessa casa editrice che in quegli anni di guerra aveva tanto creduto a quel progetto da partecipare (nella figura di Albert Skira e Pierre Cailler) a una delle sedute dell’intervista, al ristorante Garcin di Lione. Skira aveva dovuto allora fermare le rotative per l’improvviso stop del capriccioso pittore. Sulle ragioni di quel re- tromarcia si sofferma nell’introduzione Serge Guilbaut, cui si deve il lavoro di ricucitura del giallo-editoriale svelato ora che, dopo 50 anni dalla morte, il veto di Matisse è svanito.
Diciamo solo che il maestro era stato mal consigliato dagli amici invitati a dare un parere sull’intervista da lui stesso, peraltro, approvata dopo il taglio di ben 25 cartelle con le parti sui propri problemi psichici, sugli scontri con Schukin per l’acquisto della Danza, sul collezionista Albert C. Barnes. «Cosa impedisce questa unità (del libro, ndr)? Le repliche dell’osservatore » gli scrivevano i cattivi consiglieri. Invece le domande e, soprattutto, le introduzioni alle nove «conversazioni», di Courthion sono piene di spunti e accenti coloristici da parte di un critico affascinato dal passaggio operato dal maestro dal neoimpressionismo (per sentir parlare di un capolavoro come Luxe, calme e volupté bisogna aspettare pag. 225) alla radicalità dell’esperienza fauve. Pittore anch’egli, Courthion (1902-88) è anzi proprio il portatore d’acqua indispensabile affinché il fiume di ricordi di Matisse prenda forma. E questo suo, loro , libro, ora è offerto al godimento di tutti i lettori.

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