Henri Matisse:
L'intervista perduta con Pierre Courthion, a cura di Serge Guilbaut, Skira
Risvolto
Nel 1941, a 72 anni, convalescente dopo una complessa operazione
chirurgica, Henri Matisse rilasciò una lunga intervista al critico
Pierre Courthion.
Numerosi e appassionanti gli
argomenti trattati dal maestro: i suoi primi anni a Parigi come allievo
di Gustave Moreau; i suoi rapporti con Renoir, Cézanne e Pissarro; le
sue collaborazioni con Diaghilev e i Balletti russi; i viaggi; le
riflessioni sulla sua opera e sul suo modo di concepire e vivere l’arte.
Tuttavia, davanti alle bozze che Courthion e l’editore Albert Skira
infine gli sottoposero, Matisse ritirò il suo consenso alla
pubblicazione, giudicando i contenuti troppo privati; l’intervista andò
così smarrita per oltre settant’anni. Grazie agli eredi Matisse e al
J.P. Getty Trust, viene oggi pubblicata per la prima volta in traduzione
italiana presso lo stesso editore che l’aveva commissionata: una sorta
di testamento spirituale di Matisse, una confessione informale nella
quale il grande artista racconta in prima persona la sua idea di
pittura, la sua estetica del colore, le tappe del suo itinerario
nell’arte.
Pierre Courthion (1902-1988), svizzero naturalizzato francese, è considerato uno dei maggiori critici d’arte del Novecento.
Serge
Guilbaut, docente di Storia dell’arte alla University of British
Columbia di Vancouver, è autore di saggi sull’arte moderna e
contemporanea e curatore di mostre.
Henri Matisse capricci di genio
Proposto in forma integrale un libro-intervista realizzato nel 1941 Sul quale il pittore francese aveva posto un veto
di Carlo Alberto Bucci Repubblica 24.5.15
DICEVA ai suoi allievi: «Statemi a sentire, volete fare pittura? Allora
cominciate col farvi tagliare la lingua, perché d’ora in poi dovete
esprimervi unicamente con i pennelli». In questo, Henri Matisse è stato
un cattivo maestro. Almeno a leggere L’intervista perduta realizzata nel
1941 da Pierre Courthion. Il titolo originario, Bavardages (
chiacchiere) svela un artista affatto loquace e spigliato, avvezzo alla
parola. E al racconto pieno di dettagli, sia che si tratti della Parigi
dei pittori morti di fame di inizi Novecento, sia che riguardi le teorie
del colore e della forma di uno dei giganti delle avanguardie storiche.
Lui, Matisse.
Altro che fole e quisquilie. Niente chiacchiericcio nel dialogo avvenuto
in più giorni tra Lione e Nizza nell’aprile del 1941, tra il vecchio
pittore francese, costretto a un periodo di convalescenza, e il giovane
critico svizzero. E questo perché l’autore de la Joie de vivre, giunto
al 72esimo anno di età, attuò un controllo maniacale sul dattiloscritto
dell’intervista che, per mantenere la freschezza, era stata trascritta
da uno stenografo. Eppure, quel racconto di una vita ripercorsa tra
spasso- si scherzi con la cerbottana, un ricordo dei faticosi inizi come
decoratore «per 1,25 franchi l’ora » nel cantiere dell’Expo del 1900, e
un vivido reportage dei viaggi in Marocco o a Thaiti sulle orme di
Gauguin, ci ha messo quasi un secolo a vedere le stampe. È avvenuto ora
per mano della stessa casa editrice che in quegli anni di guerra aveva
tanto creduto a quel progetto da partecipare (nella figura di Albert
Skira e Pierre Cailler) a una delle sedute dell’intervista, al
ristorante Garcin di Lione. Skira aveva dovuto allora fermare le
rotative per l’improvviso stop del capriccioso pittore. Sulle ragioni di
quel re- tromarcia si sofferma nell’introduzione Serge Guilbaut, cui si
deve il lavoro di ricucitura del giallo-editoriale svelato ora che,
dopo 50 anni dalla morte, il veto di Matisse è svanito.
Diciamo solo che il maestro era stato mal consigliato dagli amici
invitati a dare un parere sull’intervista da lui stesso, peraltro,
approvata dopo il taglio di ben 25 cartelle con le parti sui propri
problemi psichici, sugli scontri con Schukin per l’acquisto della Danza,
sul collezionista Albert C. Barnes. «Cosa impedisce questa unità (del
libro, ndr)? Le repliche dell’osservatore » gli scrivevano i cattivi
consiglieri. Invece le domande e, soprattutto, le introduzioni alle nove
«conversazioni», di Courthion sono piene di spunti e accenti
coloristici da parte di un critico affascinato dal passaggio operato dal
maestro dal neoimpressionismo (per sentir parlare di un capolavoro come
Luxe, calme e volupté bisogna aspettare pag. 225) alla radicalità
dell’esperienza fauve. Pittore anch’egli, Courthion (1902-88) è anzi
proprio il portatore d’acqua indispensabile affinché il fiume di ricordi
di Matisse prenda forma. E questo suo, loro , libro, ora è offerto al
godimento di tutti i lettori.
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