domenica 7 giugno 2015

Il controllo e la diffusione delle notizie dal medioevo all'età moderna

Andrew Pet­te­gree: L’invenzione delle noti­zie Come il mondo arrivò a cono­scersi, tra­du­zione di Luigi Gia­cone, Einaudi, XVI-pp. 536, euro 34,00

Risvolto

Ben prima dell'invenzione della stampa o della possibilità di leggere un quotidiano, la gente desiderava essere informata. Nell'era preindustriale le notizie venivano raccolte e diffuse attraverso le conversazioni e il gossip, le cerimonie civili e religiose, le prediche e gli annunci degli araldi. Con la stampa arrivarono i libelli, gli editti, le ballate, le pubblicazioni periodiche e i primi fogli di notizie: l'informazione passava dal ristretto ambito locale alla platea mondiale. Questo libro ne segue l'evoluzione, delineando la storia delle notizie in dieci paesi nel corso di quattro secoli. Ci rivela l'inaspettata varietà di modi grazie ai quali l'informazione veniva trasmessa, al pari dell'impatto avuto dalla diffusione dei media sugli eventi del tempo e sulle vite di un pubblico sempre più informato. Andrew Pettegree indaga su chi controllava le notizie e su chi le trasmetteva; sull'uso di esse come strumento di protesta politica e di riforma religiosa; su questioni di privacy e di stimolo dell'opinione pubblica; sulla continua ricerca di notizie fresche e di informatori affidabili; sul mutamento della percezione di sé delle persone affacciate a questa nuova finestra aperta sul mondo. Dalla fine del Settecento, conclude Pettegree, la trasmissione delle notizie divenne cosi efficiente e diffusa che i cittadini - ormai ragguagliati su guerre, rivoluzioni, crimini, disastri e scandali - si trovarono pronti per la prima volta a diventare protagonisti dei grandi eventi che li avrebbero coinvolti.



L’informazione di fronte alla logica delle sue svolte storiche 
Storia . Ragioni politiche, di status sociale, e tecnologiche spiegano la fame crescente di notizie tra due grandi rotture temporali: l’età di Lutero e la Rivoluzione francese 

E. Igor Mineo il Manifesto 26.4.2015
«How now, what news?» (all’incirca: «Che noti­zie ci sono?»). Così si salu­ta­vano i per­so­naggi di Sha­ke­speare, che docu­men­tava in que­sto modo un dif­fuso dato sociale (e anche psi­co­lo­gico): l’appetito per le noti­zie. La for­mula avrebbe potuto fare da epi­grafe al libro che Andrew Pet­te­gree dedica alla rico­stru­zione del mondo moderno dell’informazione, L’invenzione delle noti­zie Come il mondo arrivò a cono­scersi (Einaudi, tra­du­zione di Luigi Gia­cone, XVI-pp. 536, euro 34,00). Osser­vare oggi, all’epoca delle news a ciclo con­ti­nuo – quelle che inse­guono impla­ca­bil­mente i loro frui­tori poten­ziali adat­tan­dosi magi­ca­mente alle pre­fe­renze di cia­scuno – la rudi­men­tale mani­fat­tura delle noti­zie nell’Europa della Riforma, delle guerre di reli­gione e delle rivo­lu­zioni, entrare cioè in un mondo nel quale erano gli indi­vi­dui a cer­care affan­no­sa­mente noti­zie discon­ti­nue e spesso poco con­tem­po­ra­nee ai fatti, signi­fica fare un salto cul­tu­rale vertiginoso. 
Supe­rato lo spae­sa­mento, ci si rende subito conto, tut­ta­via, che è pos­si­bile cogliere un paral­lelo. Il requiem per l’informazione su carta stam­pata, e per la sua forma più for­tu­nata, il gior­nale, dura da un po’ ormai: ci stiamo abi­tuando alla plu­ra­lità dei sup­porti sui quali le noti­zie viag­giano. La carta morirà sì, ma non sap­piamo quando: non domani comun­que. Nello stesso modo, alla metà del XVII secolo la stampa delle noti­zie allar­gava velo­ce­mente il suo rag­gio di azione ma con­vi­veva ancora con altri modi di tra­smis­sione delle novità, in forma orale e in forma mano­scritta, e con altre con­so­li­date con­ven­zioni comu­ni­ca­tive: il trionfo della forma-giornale non era alle porte, e, soprat­tutto, non era scon­tato: i secoli che vanno dall’invenzione della stampa, a metà del XV secolo, fino alla fine del XVIII hanno – dice Pet­te­gree – un pro­filo che esi­bi­sce una qual­che somi­glianza con quello del nostro XXI secolo: diverso ma altret­tanto multimediale. 
La stampa si incu­neò fra le moda­lità già esi­stenti di comu­ni­ca­zione, che non vanno pen­sate come i media della tra­di­zione, con­dan­nati alla scom­parsa. Gli avvisi mano­scritti di noti­zie ete­ro­ge­nee che, in città cosmo­po­lite come Vene­zia e Roma, veni­vano inviati rego­lar­mente ai sot­to­scrit­tori, sono un mezzo che si dif­fonde alla metà del XVI secolo, anche al di là delle Alpi, e che non recede, almeno in Ita­lia, quando la stampa perio­dica comin­cia a muo­vere i primi passi. E di certo, gos­sip, infor­ma­zioni riser­vate, dispacci diplo­ma­tici non scom­par­vero per­ché com­parve, incerta, la stampa periodica. 
Il gior­nale costi­tui­sce così un epi­so­dio impor­tante di una sto­ria più lunga. In nes­sun modo le news del titolo del libro pos­sono essere fatte coin­ci­dere con il new­spa­per, il cui primo esem­plare apparve – dice Pet­te­gree – nel 1605 a Stra­sburgo (tede­sca all’epoca): un sem­plice foglio di avvisi che un certo Johann Caro­lus da qual­che tempo pub­bli­cava set­ti­ma­nal­mente in forma mano­scritta e di cui decise di aumen­tare la dif­fu­sione gra­zie alla stampa. Siamo nel mezzo della cro­no­lo­gia rita­gliata da Pet­te­gree, e alla metà quasi esatta delle pagine del suo libro. 
La sto­ria lunga della costru­zione delle noti­zie non coin­cide con la mar­cia trion­fale del gior­nale e del gior­na­li­smo, e nes­suna linea­rità può essere attri­buita ai modi acci­den­tati con i quali i nuovi mezzi di comu­ni­ca­zione anda­rono emer­gendo. L’unica cer­tezza è l’aumento della domanda di infor­ma­zioni, fuori dal cir­cuito delle éli­tes poli­ti­che e eco­no­mi­che: feno­meno osser­va­bile a par­tire dalla rot­tura del mono­po­lio cat­to­lico della reli­gio­sità cri­stiana. Il vero tema è dun­que que­sto: la cre­scita sociale della domanda di noti­zie, e come ciò sol­le­ci­tasse rispo­ste in un sistema pro­fes­sio­nale dell’informazione ancora allo stato embrionale. 
Detto altri­menti è lo spa­zio del pub­blico (o della cosid­detta opi­nione pub­blica) a essere al cen­tro della rico­stru­zione di Pet­te­gree: l’allargarsi e il com­pli­carsi di que­sto spa­zio ben prima che le coffee-houses di Lon­dra e i salotti pari­gini ren­des­sero il feno­meno, nel primo Set­te­cento, del tutto manifesto. 
Per­ché cre­sce la fame di noti­zie? Le cause di tipo sociale sono ambi­va­lenti. Si pensi alla let­tura di gior­nali e bol­let­tini come segno di distin­zione. Per­ché, se non per ragioni di sta­tus, si chiede Pet­te­gree, dei fogli pieni di noti­zie aride e di scarsa uti­lità, rela­tive per lo più a paesi stra­nieri (così si pre­sen­ta­vano i gior­nali perio­dici, spe­cie lad­dove la cen­sura era più strin­gente, come nella Fran­cia di Luigi XIV o nell’Inghilterra paci­fi­cata della ‘glo­riosa rivo­lu­zione’) avreb­bero dovuto attrarre l’attenzione del pub­blico? Per­chè se non per il gusto dell’accesso a un genere di infor­ma­zioni un tempo riser­vate ai potenti? Vero. Ma esi­ste­vano gli opu­scoli a tema e i pam­phlet poli­tici, che per­met­te­vano una let­tura diversa, ben più intri­gante, men­tre il gior­nale come arti­colo alla moda fece la sua com­parsa tardi, quando il mer­cato comin­ciava a libe­ra­liz­zarsi, come nella Lon­dra di ini­zio Settecento. 
Le ragioni di tipo tec­no­lo­gico sem­brano invece più rile­vanti. La stampa, ovvia­mente; anche se, lo abbiamo visto, passò un secolo e mezzo tra la sua inven­zione e la prima com­parsa di un gior­nale perio­dico. In effetti, altre inno­va­zioni appa­iono non meno deter­mi­nanti: si pensi ai van­taggi di una rete postale più effi­ciente e fluida; e poi alla carta, senza la quale, nel mondo medie­vale domi­nato dalla per­ga­mena, è dif­fi­cile pen­sare come potesse essere messa in discus­sione la cen­tra­lità asso­luta della comu­ni­ca­zione orale. 
Con­ta­rono di più le svolte poli­ti­che, tut­ta­via. Il libro appare deli­mi­tato dalle due grandi rot­ture che danno senso alla tem­po­ra­lità moderna (euro­pea), Lutero e il 1789. È attorno a que­ste soglie che la feno­me­no­lo­gia delle noti­zie cam­bia logica. Nel primo caso, la pole­mica politico-religiosa assunse, gra­zie alla stampa, un segno pub­blico come mai fino a quel momento era avve­nuto. Che la Riforma fosse «il primo evento ripreso dai mezzi d’informazione di massa euro­pei» è un’iperbole, com’è ovvio: non c’erano «mezzi d’informazione di massa» in Europa all’inizio del Cin­que­cento. Ma senza dub­bio la scala di dif­fu­sione delle noti­zie aumentò molto, e que­sto incre­mento cam­biò l’equilibrio della disputa, dato che il 90% delle opere pub­bli­cate per l’occasione era di parte lute­rana. Nell’altro caso, la Rivo­lu­zione fran­cese inau­gurò il pro­ta­go­ni­smo poli­tico del gior­na­li­smo pro­fes­sio­ni­stico, in un paese nel quale per un paio di secoli la cen­sura aveva agito più effi­ca­ce­mente che altrove, e nel quale – dun­que – l’esplosione della pub­bli­ci­stica fu par­ti­co­lar­mente fra­go­rosa: Parigi venne inon­data di opu­scoli e di gior­nali, per­ché sof­fiava forte il vento della libertà di espres­sione e per­ché il gior­nale si affermò subito come luogo pri­vi­le­giato del dibat­tito rivoluzionario. 
Qual­cosa del genere, un secolo e mezzo prima, era avve­nuto in Inghil­terra. Negli anni qua­ranta del Sei­cento, alla vigi­lia della guerra civile, il ritmo delle pub­bli­ca­zioni di pam­phlets, fogli e bol­let­tini si era acce­le­rato all’improvviso, quasi in coin­ci­denza con il pre­ci­pi­tare degli eventi, tra­sfor­mando in modo tumul­tuoso l’arena poli­tica inglese (ossia lon­di­nese, per lo più). Dall’Inghilterra del primo Set­te­cento e dalla Fran­cia rivo­lu­zio­na­ria, segnate entrambe dalla rot­tura dell’ordine tra­di­zio­nale (e di un cor­ri­spon­dente regime di comu­ni­ca­zione), sem­bra emer­gere un primo embrione di «società dell’informazione» (men­tre una tra­sfor­ma­zione più gra­duale, ma non meno pro­fonda, era avve­nuta in Olanda e in alcuni stati tede­schi). Cosa signi­fica in con­creto? Che la comu­ni­ca­zione pub­blica, attra­verso gior­nali e rivi­ste, era dive­nuta una forma costi­tu­tiva delle rela­zioni sociali. Nell’estate del 1588 – la stampa era stata inven­tata da molto tempo e le comu­ni­ca­zioni, se neces­sa­rio, pote­vano essere rapide – si dif­fuse la voce, falsa, secondo cui l’Armada spa­gnola avrebbe scon­fitto la flotta inglese. Nel mondo più «media­tico» di ini­zio Otto­cento un inci­dente di tali pro­por­zioni sarebbe stato molto improbabile.

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