giovedì 18 giugno 2015

La guerra delle classi dominanti europee contro la democrazia moderna

Heiner Flassbeck e Costas Lapavitsas: Against the Troika. Crisis and Austerity in the Eurozone, Verso

Risvolto
As Syriza comes to power in Greece, a radical anti-capitalist alternative to Eurozone austerity

On the 25th January 2015 the Greek people voted in an election of historic importance - not just for Greece but potentially all of Europe. The radical party Syriza was elected and austerity and the neoliberal agenda is being challenged. Suddenly it seems as if there is an alternative. But what?
The Eurozone is in a deep and prolonged crisis. It is now clear that monetary union is a historic failure, beyond repair—and certainly not in the interests of Europe’s working people.
Building on the economic analysis of two of Europe’s leading thinkers, Heiner Flassbeck and Costas Lapavitsas (just elected to parliament as a member of Syriza), Against the Troika is the first book to propose a strategic left-wing plan for how peripheral countries could exit the euro. With a change in government in Greece and looming political transformations in countries such as Spain, this major intervention lays out a radical, anti-capitalist program at a critical juncture for Europe. The final three chapters offer a detailed postmortem of the Greek catastrophe, explain what can be learned from it—and provide a possible alternative. Against the Troika is a practical blueprint for real change in a continent wracked by crisis and austerity. 

La guerra all’Europa della trinità neoliberista
Paolo Ercolani il Manifesto 18.6.2015, 0:04

Altro che la sto­ria «luce della verità» o «vita della memo­ria» di cui par­lava Cice­rone nel De ora­tore. Rara­mente si rivela «mae­stra di vita», per­ché il mondo umano non ha alcuna inten­zione di farsi suo disce­polo o anche solo di pre­stare atten­zione alle forti testi­mo­nianze che pur essa ci dispensa. 
È que­sto il caso della teo­lo­gia eco­no­mica, ossia dell’idea (o meglio: ideo­lo­gia), secondo cui si cerca di imporre i dogmi della finanza a guisa di leggi natu­rali e indi­scu­ti­bili, per­fet­ta­mente in grado di garan­tire la sal­vezza e financo il pro­gresso di quei paesi che si sot­to­met­tono al «fon­da­men­ta­li­smo del mer­cato».
E dire che non ci si sarebbe dovuti spin­gere tanto lon­tano con la memo­ria (Marx, Key­nes), per­ché un per­fetto e lapa­lis­siano esem­pio della fal­la­cia dei dik­tat impo­sti dal fon­da­men­ta­li­smo del mer­cato lo avremmo potuto riscon­trare anche ai giorni nostri. 
Per la pre­ci­sione pochi anni prima che la grande crisi eco­no­mica col­pisse anche il mondo occi­den­tale, par­tendo dagli Stati Uniti per defla­grare poi in Europa tra il 2008 e il 2009. 

I dogmi del mercato 
Né era stato un testi­mone qua­lun­que a docu­men­tare con indi­scu­ti­bile luci­dità i fal­li­menti pro­dotti dai dogmi mer­ca­ti­sti, bensì quel Joseph Sti­glitz che par­lava con cogni­zione di causa (oltre che valente eco­no­mi­sta era stato vice­pre­si­dente della Banca mon­diale ai tempi della pre­si­denza di Clin­ton) e che per que­sto fu insi­gnito del pre­mio Nobel per l’economia nel 2001. 
In un libro fon­da­men­tale per com­pren­dere il nostro tempo (Glo­ba­li­za­tion and Its Discon­tents, tra­dotto per Einaudi col titolo La glo­ba­liz­za­zione e i suoi oppo­si­tori), infatti, Sti­glitz spie­gava con pre­ci­sione cer­to­sina e ana­lisi incon­tro­ver­ti­bile il fal­li­mento a cui erano andati incon­tro i paesi (per esem­pio l’Argentina) che negli anni Novanta del secolo scorso si erano sot­to­messi ai dik­tat della troika mon­diale (Fmi, Banca mon­diale, Wto). Men­tre per esem­pio la Cina, fra quelli che respin­sero con sde­gno le sud­dette impo­si­zioni (anche per­ché poteva per­met­ter­selo in virtù della sua potenza mili­tare), costruì pro­prio in que­gli anni le pre­messe per la sua esplo­sione come potenza eco­no­mica mondiale. 
Circa un decen­nio più avanti, dopo che gli impre­ve­di­bili svi­luppi del capi­ta­li­smo finan­zia­rio hanno visto cre­scere pro­prio quei paesi che a suo tempo si oppo­sero ai dogmi del neo­li­be­ri­smo (la stessa Cina, ma anche India, Bra­sile), tocca sta­volta all’Europa non sol­tanto fare i conti con una gra­vis­sima e pro­lun­gata fase di sta­gna­zione e crisi, ma anche con que­gli stessi iden­tici dik­tat con i quali la teo­lo­gia eco­no­mica vor­rebbe indi­car­gli la via della salvezza. 
Per il tra­mite di una nuova e spe­ci­fica troika (Com­mis­sione euro­pea, Bce, Fmi), quell’entità fumosa e incom­piuta che risponde al nome di Europa si trova di fronte al deja vu più dram­ma­tico della sua sto­ria recente: igno­rare la sto­ria e sot­to­met­tersi a dei dik­tat che ovun­que appli­cati hanno con­dotto al disa­stro e alla povertà dif­fusa, oppure opporsi fer­ma­mente e costruire una solu­zione alternativa. 
In un libro uscito recen­te­mente (Against the Troika. Cri­sis and Auste­rity in the Euro­zone, proe­mio di Oskar Lafon­taine, pre­fa­zione di P. Mason, post­fa­zione di A. Gar­zón Espi­nosa, Verso), Hei­ner Flas­sbeck e Costas Lapa­vi­tsas affer­mano aper­ta­mente la «forte e rimar­che­vole cor­re­la­zione fra gli aggiu­sta­menti richie­sti dalla troika e il declino eco­no­mico dei paesi peri­fe­rici dell’Euro» (Gre­cia su tutti), non man­cando di men­zio­nare i casi della Fran­cia e dell’Italia, che peri­fe­rici non sono ma stanno subendo un for­tis­simo ridi­men­sio­na­mento delle rispet­tive eco­no­mie e, soprat­tutto, della qua­lità della vita dei cit­ta­dini che vi abitano. 

Disu­gua­glianze crescono 
I due stu­diosi met­tono in evi­denza senza mezzi ter­mini il bivio di fronte al quale si tro­vano le demo­cra­zie euro­pee, che secondo loro sem­bra desti­nato ad assu­mere più che altro le fat­tezze di un falso bivio e, piut­to­sto, di un cir­colo vizioso: da una parte, infatti, cedere ai dik­tat della troika signi­fica aumen­tare ulte­rior­mente le disu­gua­glianze e impo­ve­rire la classe media, ponendo le basi per un aumento smi­su­rato di quel mal­con­tento e con­flitto sociale che i popu­li­smi, i nazio­na­li­smi e le destre estreme sono pronti a caval­care con esiti ancora più nefasti. 
Dall’altra, a fronte di governi sedi­centi di sini­stra, ma più in gene­rale di forze anta­go­ni­ste al capi­ta­li­smo che però si rive­lano inca­paci di ela­bo­rare e met­tere in atto stra­te­gie alter­na­tive, si lascia ine­vi­ta­bil­mente campo aperto ed esclu­sivo a solu­zioni desti­nate a distrug­gere defi­ni­ti­va­mente quel poco che resta dell’ (incom­piuta) unità euro­pea. Creando di fatto le con­di­zioni per­ché a com­bat­tersi (ma poi per dav­vero?) riman­gano sol­tanto le destre popu­li­ste (il cui pro­gramma è sem­plice: uscire dall’euro) e il fon­da­men­ta­li­smo del mercato. 
Con esiti dele­teri in entrambi i casi: «Le diver­genze accu­mu­late in que­sti primi anni di Unione euro­pea e la natura ter­ri­bile dei pro­grammi di aggiu­sta­mento (in senso neo­li­be­ri­sta, n.d.r.) pon­gono la que­stione quanto mai cen­trale della soprav­vi­venza stessa dell’Unione. La pro­spet­tiva di un’eventuale disin­te­gra­zione e col­lasso dell’Unione euro­pea non può essere igno­rata più a lungo», si legge nel libro. Da que­sto punto di vista emerge con chia­rezza, stando ai due autori di Against the Troika, che spetta alla varie­gata e spesso fram­men­ta­ria galas­sia delle sini­stre anti­li­be­ri­ste rico­struire un con­senso popo­lare.
Con­senso popo­lare su cui impo­stare una dichia­ra­zione di default rispetto al debito, sospen­dendo il paga­mento degli inte­ressi matu­rati e rine­go­ziando le forme di appar­te­nenza all’Unione europea. 
Solo una sini­stra rin­no­vata e corag­giosa, insomma, pos­si­bil­mente for­nita di un pro­gramma fon­dato e cre­di­bile, può gio­carsi seria­mente la par­tita con la teo­lo­gia libe­ri­sta, riu­scendo a tenere in pieni il grande pro­getto dell’Europa (sal­va­guar­dando la sua spe­ci­fi­cità a livello mon­diale: lo stato sociale) ma nella con­sa­pe­vo­lezza che la pro­spet­tiva dell’uscita non è qual­cosa né di proi­bito né di inimmaginabile.

Nessun commento: