giovedì 15 ottobre 2015
Governo della legge contro privilegi fondati sui rapporti di forza: una pretestuosa polemica sulla Magna Carta in Cina
Se la Magna Carta mette ancora paura
La Cina censura la prima costituzione liberale Bloccata una mostra sul documento
Il no di Pechino arriva alla vigilia della visita di Stato del presidente Xi Jinping a Londra
La
Carta potrà essere esposta soltanto in un luogo più defilato:
l’ambasciata inglese nel timore che potesse ispirare ribellioni in casa
di Guido Santevecchi Corriere 15.10.15
PECHINO Ottocento anni dopo aver limitato il potere del Re, costituendo
la base per la libertà dell’individuo e lo Stato di Diritto in
Inghilterra, la Magna Carta turba i sonni delle autorità nell’impero
cinese. Una delle rare copie originali in pergamena del documento
firmato nel 1215 da re Giovanni (costretto dai baroni feudali) sta
facendo il giro dell’Asia e per tre giorni ne era stata prevista
l’esibizione alla prestigiosa Università Renmin di Pechino. Tutto
pronto, procedura per ottenere il biglietto già pubblicata, ma
all’ultimo momento è svanita l’autorizzazione. La Magna Carta, invece
che in una sala dell’Università del Popolo è stata ospitata
nell’ambasciata di Gran Bretagna, in un tranquillo e un po’ remoto viale
alberato di Pechino.
Un piccolo caso diplomatico, ma significativo proprio alla vigilia della
visita di Stato che il presidente Xi Jinping compirà la settimana
prossima a Londra, ospite della regina Elisabetta. Alla missione di Xi i
due governi stanno lavorando da mesi, è in programma anche un
tradizionale corteo in carrozza che porterà l’ospite cinese a Buckingham
Palace attraversando il Mall. Il Financial Times ha rivelato che c’è
stato anche un «ping pong linguistico» per decidere come meglio definire
lo stato delle relazioni tra i due Paesi: «grande anno» è sembrato
troppo poco; visto che in ballo ci sono accordi commerciali e
investimenti cinesi per miliardi di sterline, è stato valutato «anno
aureo», ancora riduttivo secondo Pechino; poi «tempo d’oro»; «decade
d’oro». Alla fine i giornali cinesi ieri hanno annunciato: «Il viaggio
del presidente Xi inaugura un’era aurea». Qualcuno a Londra dice che in
effetti ormai la politica estera è dettata dal ministero del Tesoro
guidato dal cancelliere David Osborne, primo candidato alla successione
del premier David Cameron.
Ancora l’altro giorno, alla vigilia della mostra prevista alla Renmin,
l’ambasciatrice britannica a Pechino Barbara Woodward si era detta
deliziata di poter cogliere l’occasione dell’arrivo della Magna Carta
per «diffondere ulteriormente la cooperazione nel campo dello Stato di
Diritto e dei servizi legali». Poi lo stop, la mancanza di
autorizzazione non spiegata, che ha dirottato il documento storico nel
più discreto e meno accessibile ambiente dell’ambasciata.
Sir Martin Davidson, presidente del Great Britain China Centre di
Pechino, ha osservato che l’esibizione del sacro testo cade in un
momento «sensibile». Un understatement molto britannico per definire la
stretta ulteriore nei confronti di ogni forma di dissenso in Cina, che
negli ultimi mesi ha portato all’arresto e all’intimidazione di
centinaia di avvocati e difensori dei diritti civili. Ai corrispondenti
della stampa britannica a Pechino che gli chiedevano se le autorità
cinesi avessero vietato la mostra all’università, però Sir Martin ha
risposto: «Non che io sappia. Semplicemente non c’è stato il tempo per
mettere in moto il giusto meccanismo». Il Foreign Office a Londra ha
confermato che ci sono state «formalità amministrative e logistiche».
Problemi tecnici hanno impedito di mostrare in un luogo pubblico cinese
la carta che ottocento anni fa in Inghilterra sancì che il sovrano e il
governo non sono al di sopra della legge.
La vera matrice delle libertà
di Amedeo Feniello Corriere 15.10.15
A 800 anni dalla sua nascita, la Magna Carta Libertatum insegna una cosa
fondamentale sul medioevo: che, è vero, fu un tempo di soluzioni
pratiche ma anche di grandi innovazioni. Stabilita da re Giovanni
Senzaterra, che regnò tra il 1199 e il 1216, la Carta fu un espediente
seguito dal sovrano per risolvere una crisi politica diffusa. In poche
parole, nient’altro che un trattato di pace tra Giovanni e i baroni
inglesi ribelli. Causa della rivolta: le tasse, troppo elevate, imposte
per finanziare la guerra in Francia e la riconquista dei territori dei
Plantageneti. Spedizione che andò malissimo per gli inglesi e che
alimentò l’insurrezione dei baroni, che rifiutarono la loro fedeltà al
re. Fino al compromesso di Runnymede e alle concessioni che sono alla
base della Carta. Testo che, subito, si trasformò con una serie di
riadattamenti e di modifiche, a seconda delle forze e delle scelte
politiche prevalenti, fino al 1297, momento in cui la Carta acquista un
vero valore giuridico. Figlia dunque di un cammino, talvolta
contrastato, talvolta condiviso, di un’intera nazione in formazione, che
cresce e si costituisce intorno a questa pianta in via di maturazione.
Carta originaria che trova nell’articolo 39 la cellula generativa di una
vera e propria rivoluzione: articolo che spiega come nessun uomo possa
essere incarcerato, multato o privato della libertà senza che ci sia un
giudizio dei suoi pari. Da cui promana il principio fondamentale della
tutela dell’individuo. Che, davanti alla legge, deve potersi difendere,
senza arbitrarietà, in un processo equo, giusto, garantito da regole
condivise, giudicato da una giuria che, col giudice nominato dal re o
dallo Stato, possa partecipare al processo di decisione. Principi da cui
ne derivano altri: come quello della proporzionalità o della
ragionevolezza della giustizia; o della garanzia dell’ habeas corpus .
Una cristallizzazione sovversiva, quella della Carta. Vessillo cui si
sono richiamati in tanti in questi 800 anni. Non appena si è avvertita,
energica, la mancanza di libertà, l’autoritarismo o la prevaricazione.
Carta che perciò piacque tanto ai rivoluzionari inglesi. Ai padri
costituenti americani. Agli illuministi e agli uomini delle giornate del
1789. Fino ai protagonisti dei nostri tempi, come Gandhi o Mandela. La
Carta, in definitiva: un potente documento medievale diventato simbolo
di libertà, diritto e giustizia, i cui echi profondi si sentono perfino
nella Dichiarazione universale dei diritti umani. La migliore matrice
della nostra cultura delle libertà fondamentali.
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