martedì 20 ottobre 2015
I Trombadori
Duccio Trombadori: Album di famiglia. Gli anni Cinquanta nelle fotografie di Antonello Trombadori, Manfredi Edizioni, Cesena, pagg. 192, € 20,00
Trombadori e il Pci Gli anni della «grande illusione»
di Laura Leonelli Il Sole Domenica 20.12.15
Capita a tutti di riguardare l’album di famiglia e risalire gli anni nel
gioco tenero delle somiglianze. Capita invece a pochi di sfogliare più
di un centinaio di fotografie chiuse in una scatola, stendere i negativi
arrotolati, e scoprire che quell’album, quella famiglia, quella
generazione di padri e madri raccontano non solo una vicenda privata, ma
un pezzo importante di storia italiana e alcuni dei suoi principali
artefici, come narra oggi con puntualità di critico e affetto di figlio
Duccio Trombadori, autore e a sua volta protagonista del bel volume
Album di famiglia. Gli anni Cinquanta nelle fotografie di Antonello
Trombadori . Ma quale famiglia? Una famiglia allargata «di uomini e
donne che aderirono al Pci e videro nella politica del “partito nuovo”
togliattiano un modo totalizzante per risolvere i problemi umani,
morali, sociali, intellettuali e culturali. Una “grande illusione”
ideologica vissuta integralmente con spontaneità e sincerità», spiega
Trombadori nel salotto della sua casa romana, in un quartiere, Prati,
che ha visto la nascita della Resistenza e per coerenza neorealista
alcune riprese di Roma città aperta . Ed è viaggiando insieme a Roberto
Rossellini, alla volta di Berlino nel 1948, set di Germania anno zero ,
che Antonello Trombadori a 31 anni - già protagonista della Resistenza
romana, giornalista, critico d’arte, sua la mostra manifesto
all’indomani della Liberazione, «L’arte contro la barbarie» – acquista
una Contax Zeiss-Ikon, con la quale per più di cinque anni fotografa
amici e familiari, legati dall’esperienza del comunismo italiano.
Apre la galleria dei ritratti Pablo Picasso, a Roma nel 1949 per il
Consiglio mondiale dei Partigiani della Pace, poi ad Arezzo e a Firenze,
lungo l’Arno in compagnia di Giulio Einaudi. Immagini a modo loro
polemiche visto che l’anno prima Palmiro Togliatti, in un anonimo
corsivo su «Rinascita», si era lanciato contro «gli scarabocchi, gli
orrori e la scemenza» dei neocubisti italiani, colpevoli di un’arte
inutile e formalista. «Di fronte a queste parole grossolane si creò più
di un imbarazzo. Mio padre, e con lui Guttuso, Turcato, Consagra e altri
artisti, firmarono una lettera di protesta, se la presero con l’autore
di quel “giudizio indiscriminato” e però, malgrado i distinguo,
accettarono la ripulsa ideologica del “formalismo” in arte».
Nel 1950 Trombadori, allora responsabile della vigilanza del segretario
del Pci, accompagna Togliatti in vacanza in Valsesia, e tra i compagni
la Contax sorprende Nilde Jotti, Marisa Malagoli e Aldo, figlio di
Palmiro, l’unico fuori fuoco e a occhi bassi nella foto di gruppo, in
una sorta d’inconscio tecnologico che anticipa la malattia e il futuro
isolamento. Un altro passo, e Trombadori ritrae il leader del Pci nel
suo studio, pochi giorni dopo un terribile incidente stradale e una
delicata operazione alla testa. C’è in questo scatto, intimamente di
propaganda, la filosofia che anima nello stesso periodo la Scuola di
Partito alle Frattocchie, quel confessarsi con onestà e determinazione
per raggiungere nell’autocritica l’identità del “rivoluzionario
professionale”. Nelle inquadrature eleganti, pittoriche prima che
cinematografiche – Antonello è figlio di Francesco Trombadori, maestro
della scuola romana del Novecento – entrano i volti di Maria Antonietta
Macciocchi, Alfredo Reichlin, Adriano Aldomoreschi, e subito dopo, in
seno al “partito nuovo” di Togliatti, quelli eccellenti di Mario
Alicata, Ruggero Zangrandi, Massino Caprara, Dina Rinaldi, Giancarlo
Pajetta, Giuseppe De Santis, Giorgio Amendola, Marcella e Giuliana De
Francesco. Ma ogni tanto, nonostante le ristrettezze e le ombre della
guerra fredda, ci si distende, si gioca a pallavolo in canottiera e
scarpe malandate, e insieme a Luchino Visconti, Pablo Neruda, Alberto
Moravia, Elsa Morante, e Carlo Levi si partecipa al matrimonio di Renato
Guttuso e Mimise Dotti, officiato in Campidoglio da Edoardo D’Onofrio,
ex combattente repubblicano nella Guerra civile spagnola. A braccetto
della sposa è Fulvia Trozzi, moglie di Trombadori, anche lei partigiana e
ausiliaria dei Gap nella resistenza. E sarà di nuovo lei, radiosa, a
posare di fronte all’obiettivo del marito, insieme a Duccio bambino, per
un manifesto dell’8 Marzo. Ancora un ritratto, forse un unicum , ed è
Giorgio Morandi sorridente alla Biennale di Venezia del 1952. Accanto a
lui, Giuseppe Ungaretti, Fernand Léger, Mario Mafai, Vasco Pratolini, e
di nuovo Duccio in gondola insieme al nonno. Un’aria disinvolta ed
energica lega le immagini, da Venezia a Roma, a Capri, ed è quella
volontà raggiante e contagiosa di “fare”, fare arte, politica,
letteratura, cinema, e studiare, leggere, discutere, anche litigare
ferocemente per far sì che l’Italia si aprisse alla democrazia dopo le
responsabilità catastrofiche della guerra e del fascismo. E come sempre
sfogliando un album di famiglia si prova non poca nostalgia.
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