Rispetto al volume uscito l’anno scorso Altri canti di Marte, titolo ritagliato dall’omonimo sonetto di Giovan Battista Marino, va intesa come la prosecuzione di un peculiare dialogo col lettore. Per quest’ultimo l’opzione è categorica: prendere o lasciare. Quanto viene affermato da Isotta è perentorio e non implica le sfumature del dubbio. Franco Mannino è un pianista di sommo livello, secondo solo a Claudio Arrau. Oliviero de Frabritiis è stato uno dei massimi direttori mai ascoltati. Molte pagine sono votate alla squisita natura umana e musicale del pianista Nazzareno Carusi, e guai a chi ne ignora l’esistenza (come l’autrice di quest’articolo). Il più grande soprano degli ultimi settant’anni è stata Anita Cerquetti. Altro che Callas e Tebaldi.
Assieme agli inni, piovono gli anatemi. Claudio Abbado, reputato da noi comuni mortali il maggiore interprete rossiniano di fine Novecento, ha invece insegnato, nell’opinione d’Isotta, come non vada proposto Rossini. Riccardo Chailly sul podio fa «un’impressione agghiacciante». Muti è il più grande direttore vivente, ma lo macchia un peccato: non esegue musica italiana a Chicago. Il Rossini Opera Festival di Pesaro è una perniciosa «adunata internazionale di recchie liriche». Mediocre è la pianista Mitsuko Uchida, mentre un’interprete geniale come Martha Argerich non viene citata neppure di striscio.
Inoltre Isotta ama sfoggiare il suo potere effettivo svelando che i capi delle più prestigiose istituzioni musicali gli hanno sempre reso omaggio. Pereira, appena scelto come guida della Scala, vola da Milano a Napoli per lusingarlo. Michele dall’Ongaro, neo-sovrintendente a Santa Cecilia, si reca a casa sua recandogli doni significativi. Chi non va a genuflettersi chez Isotta è «un individuo chiamato Carlo Fuortes», guida dell’Opera di Roma, che in questo libro viene definito «un egolatra che si compiace di un suo giro di direttorucci di serie Z». Isotta gode talmente di sé da segnalarci senza pudore (dote da lui ignorata) le accoglienze trionfali ricevute da La virtù dell’elefante, quali «non incontrano i pompatissimi premiati dello Strega». Ed è sterminata la sua fede nel contributo dei propri testi non solo alla musicologia, ma all’intera letteratura italiana.
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