domenica 25 ottobre 2015

L'antica arte italiana di sbarcare il lunario e fottere il prossimo. Ma nell'epoca dei "foodblogger"

Gli sbafatori
Dal che si evince che esistono i foodblogger [SGA].

Camilla Baresani: Gli sbafatori, Mondadori Electa, pp. 140, euro 16,90

Risvolto
La storia di una generazione che prova a intrufolarsi nel banchetto collettivo. A sbafo.

Rosa è una giovane foodblogger simpatica e maldestra. Guidobaldo è un maturo e supponente critico gastronomico. Entrambi cercano di vivere al di sopra delle proprie possibilità. Un giorno si incontrano a una verticale di champagne, e, nella suite di un grand hotel veneziano, si accende tra loro una passione fondata sulle bugie e sulla rivalità. Viaggi, cene, vacanze: la vita dei due protagonisti sembra davvero invidiabile senonché... Camilla Baresani ci conduce nei retroscena di una storia d'amore ed erotismo, e traccia un ritratto beffardo e spoetizzante del dorato mondo del cibo - giornalisti, pierre, chef, supporter - con i suoi lussi, i suoi inganni, le sue perversioni. In appendice al romanzo, le ricette (esistenziali) della protagonista.

Cibo, erotismo, bugie e ricette: chi sono gli Sbafatori del nuovo libro di Camilla Baresani?di Il Guardiano del Gusto lunedì, 14 settembre 2015

L’arte di scroccare I critici gastronomici svelati dalla Baresani 
25 ott 2015  Libero PAOLOBIANCHI 

Foodblogger, wineblogger, resort ,s how cooking live, vip lounge, pink carpet, drinking experience, influencer, demo di location 7 stelle, food& beverage, flagshipstore, degustazioni in versione blind, food stylist. Tutte espressioni in un inglese astruso, per ammantare di eleganza, anzi di glamour, qualunque fregnaccia lontanamente vendibile nel mondo del cibo, anzi del food. Termini che si trovano in abbondanza nel libro di Camilla Baresani Gli sbafatori (Mondadori Electa, pp. 140, euro 16,90). Locuzioni che son frutto di un marketing becero appioppato a giornalisti sia fresconi sia di lungo corso, questi ultimi pervasi di un cinismo non più scalfibile da alcuna verità. 
Nel romanzo i due protagonisti sono rappresentanti di entrambe le categorie; un personaggio femminile, Rosa Bacigalupo, e uno maschile, Guidobaldo V. Barini. Lei una procace 27enne, giornalista alle prime armi, che sgomita non tanto per far carriera quanto per svoltare i pasti; lui un quasi anziano marpione aduso allo scrocco e che si è creato un piccolo feudo mediatico, fra rubriche in tv e direzioni di guide gastronomiche. Intorno, la famigliola tossica dei giornalisti gastronomici, dei gestori di uffici stampa, dei promotori di ristoranti, dei cuochi stellati o cialtroni o tutte e due le cose insieme. 
Come spesso avviene con le figure della narrativa baresaniana, le donne risultano alla fine più simpatiche dei maschi, non tanto perché meno opportuniste, quanto perché più inclini a sopportare la fatica e la sventura. Rosa si sbatte e viene sbattuta, sopporta l’umiliazione con grazia stoica, s’innamora perfino, o almeno così crede. Guidobaldo è ormai un impiegato della marchetta, un burocrate della finta critica enogastronomica, in realtà capace solo di selezionare gli elogi da distribuire furbescamente. Un artista del parassitismo, mosca cocchiera e corvo impiumato da pavone: non sa fare niente, ma lo fa benissimo, sembra perfino esperto. 
Poiché l’autrice (oggi alle 11 per Bookcity alla Mondadori di piazza Duomo) da anni scrive di cibo e vino, ne ha viste e sentite di tutti i colori: l’onnipresenza dei professionisti della ricetta, la prosopopea di gente che fa dei fornelli una filosofia e riesce a definire «mistico» un menù dagli accostamenti più strampalati. Non c’è uno che non sappia vendere più di quanto effettivamente produce. La fuffa obnubila la realtà, il fumo nasconde e vanifica l’arrosto.  
Satira di costume, coltellata nel corpo del mondo dei mangiapane (e companatico) a tradimento, il libro è incardinato sul tema dell’impostura. Nessuno è mai quello che dice di essere, tutti mentono per offrirsi al miglior offerente, con questo scavando tra sé e gli altri profondi solchi colmi di diffidenza e di disprezzo reciproco. Una storia dei nostri giorni, un gioco di specchi frantumati che riflette una realtà così lontana dalla natura da risultare tutt’altro che biologica, anzi assai indigesta.

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