martedì 27 ottobre 2015

Tony Bliar. La menzogna è sempre prospettica nell'ideologia neoliberale

La guerra che non doveva iniziare
di John Lloyd Repubblica 26.10.15

TONY BLAIR si sta scusando. Mentre sta per essere reso pubblico un nuovo rapporto sulla sua conduzione della guerra in Iraq - l’inchiesta Chilcot l’ex primo ministro laburista ha ammesso di aver sbagliato cose importanti. Ma non di aver sbagliato sulla più importante: la malvagità del dittatore Saddam Hussein.
Alla Cnn ha detto: «Mi è difficile chiedere scusa per aver destituito Saddam Hussein ». Perché Saddam aveva dichiarato guerra al suo stesso popolo, sterminando decine di migliaia di curdi, aveva dato inizio a un conflitto con il vicino Iran che provocò un milione di morti, aveva invaso il Kuwait, aveva sistematicamente torturato e ucciso ogni persona ritenuta colpevole di slealtà. E ancora, aveva promosso il terrorismo, soprattutto contro Israele; aveva violato le sanzioni applicate dall’Onu dopo la prima Guerra del Golfo. Di conseguenza, Blair ha partecipato con entusiasmo alla guerra preparata dagli Usa a Saddam, per la minaccia che rappresentavano le sue armi di distruzione di massa.
Per convincere il parlamento e la popolazione che la guerra era una buona idea, il governo del Nuovo Labour rese noto un dossier sbagliato nel quale si dichiarava che il leader iracheno era in possesso di armi biologiche e chimiche e stava cercando di mettere a punto l’atomica. Si trattava, del resto, di un’opinione condivisa da tutti i più importanti servizi di intelligence dell’Occidente, oltre che dai servizi segreti di Russia e Cina. Blair ha presentato le sue scuse per quell’errore, contenuto nel dossier reso noto alla popolazione britannica. Con altrettanta serietà, ha chiesto scusa per i preparativi a dir poco inadeguati in vista dell’amministrazione dell’Iraq al termine dell’invasione. Blair era stato avvisato che portare la democrazia in un paese del tutto privo di esperienza, e oltretutto profondamente lacerato per motivi religiosi e tribali, sarebbe stato estremamente difficile. Nonostante ciò, si sentì obbligato a dare pieno sostegno agli Usa, che presero le redini del comando dopo l’invasione.
Quelle di Blair, dunque, sono due scuse molto serie. Ma rifiutandosi di chiedere scusa per la destituzione di Saddam, Blair segna un punto ulteriore. Non c’è stata alcuna invasione della Siria, ed è improbabile che ci sia, ma le conseguenze della guerra civile siriana sono state molto più gravi finora, perfino più di quelle in Iraq. Blair ha ragione a chiedere scusa per i suoi errori, ma le sue intenzioni non erano sbagliate.
(Traduzione di Anna Bissanti)


Blair si scusa per l’Iraq ma dimentica le sue bugie
di Fabio Cavalera Corriere 26.10.15

Tony Blair, intervistato dalla Cnn, ammette che gli «errori di pianificazione» della guerra in Iraq e «di valutazione su ciò che sarebbe accaduto una volta rimosso il regime» sono una delle cause della nascita e del rafforzamento dell’Isis. Per tale motivo, e pur non pentendosi di avere abbattuto Saddam, l’ex premier laburista «chiede scusa». Quello che appare come un significativo mea culpa altro non è che un’operazione preventiva, tanto chiara quanto subdola: sulla testa di Blair pende la relazione della commissione Chilcot incaricata di indagare sulle circostanze che indussero Londra a seguire gli Usa. Le considerazioni finali saranno rese pubbliche fra qualche settimana ma la sostanza è nota e contiene una dura censura dell’operato di Blair il quale avrebbe dato il suo assenso alle operazioni già nella primavera del 2002 e non nel 2003, alla vigilia della guerra, come da lui stesso più volte giurato.
L’ex premier è sempre stato un uomo coraggioso, assumendosi la responsabilità di scelte anche impopolari. Virtù dei leader. Però sulla questione Iraq scivola pesantemente. Tony Blair si è in continuazione dichiarato molto tormentato sul via libera che, a suo dire, fu dato a Bush negli ultimi giorni di fronte all’impossibilità della mediazione diplomatica. La commissione d’inchiesta lo smentisce. Downing Street, un anno prima dell’intervento, aveva battezzato l’avventura degli Stati Uniti.
Le scuse di Blair sono importanti perché, alla luce del fenomeno Isis, sono l’ammissione di un sostanziale fallimento. Ma sono anche il tentativo maldestro di offuscare la grande verità, che è semplice: Blair ha raccontato il falso. Aveva il diritto di rivendicare la sua decisione di affiancare gli Usa sin dal 2002. Ha invece finto di non sapere e, addirittura, adesso scarica la colpa sui rapporti «sbagliati» dell’intelligence. Chiede scusa «dimenticando» di essere stato un bugiardo. 

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