domenica 25 ottobre 2015

Uno studio su Corridoni

FILIPPO CORRIDONI, DALLA CLASSE ALLA PATRIAMario Bozzi Sentieri: Filippo Corridoni. Sindacalismo e interventismo, patria e lavoro, Pagine, pp. 144, euro 16


Il fasciocomunista tutto patria e lavoro 
A cento anni dallamorte un saggio ripercorre vita e idee di Filippo Corridoni, italiano eretico 
24 ott 2015  Libero GIANLUCA VENEZIANI 

Pallido e febbricitante, gridava al popolo che la libertà si conquista con il sacrificio di tutto, anche del pane quotidiano. Egli aveva l’inconsueta dignità di piangere senza ragione. Ma quando rideva, metteva paura: il suo riso era sedizioso. Chi l’ha veduto ridere non potrà mai scordare la potenza rivoluzionaria di quella sua disperazione». Con queste parole cariche di ammirazioneCurzioMalaparte tracciava il profilo del sindacalista rivoluzionarioFilippoCorridoni, grande oratore e soldato, scomparso da eroe a soli 28 anni esattamente un secolo fa, il 23 ottobre 1915, durante la Grande Guerra, nel corso di un combattimento a San Martino del Carso. La sua figura di politico e combattente viene ricordata in un saggio-omaggio, molto ben documentato, di  Mario Bozzi Sentieri: Filippo Corridoni. Sindacalismo e interventismo, patria e lavoro (Pagine, pp. 144, euro 16).
Ma è soprattutto la sua intuizione di saper combinare istanze del proletariato e coscienza patriottica, superandolatradizionaledicotomiatrapatria e classe, nazione e lavoro, a rendere la sua figura straordinariamente profetica. All’alba del primo conflitto mondiale, come sottolineaBozziSentieri, Corridoni prese le distanze dall’internazionalismoepacifismosocialisti e diventò interventista, comprendendolapotenzarivoluzionariaeproletaria di quella guerra, che avrebbe potuto insieme abbattere le vecchie aristocrazie imperialiste di Austria e Germania e restituire al popolo un ruolo da protagonista. Alla base c’era l’idea, già fatta propria daPascoli, dell’Italia come «Grande Proletaria», capace di scuotersi dall’egemonia dei borghesistanchidicuiparlavaPrezzolini, ma anche di ridestare le anime belle dei proletari da salotto. 
In tal modo, ispirandosi a Georges Sorel, Corridoni intendeva da un lato, nelle vesti di rappresentante dell’Unione sindacaleitaliana, dar voce alleesigenzedi riscatto sociale e di recupero di dignitàdel lavoratore; dall’altroprovavaainterpretare - in qualità di intellettuale e combattente - la vocazione nazionale, profondamente italiana del proletariato, in una logica social-patriottica che sarebbe stata adottata dal fascismo rivoluzionario delle origini e da quello crepuscolare di Salò. Questa sintesimetapoliticafecedi luiunasorta di fascio-comunista ante litteram, precursore di entrambe le rivoluzioni novecentesche, sospeso tra il “rosso” e il “nero”. 
Un’eresia ideologica, difficilmente incasellabile in una categoria, come testimonia anche la sua eredità simbolica. Se già nel1919unadelle prime squadre fasciste si chiamava Squadra d’azione “Filippo Corridoni”, all’inizio degli anni Venti gli antifascisti costituirono la Legione Proletaria “FilippoCorridoni”, dandovita aunacontesa sul suo nome e le sue idee. Non poterono invece essere contese le sue spoglievistoche, dopolamorteinbattaglia, il corpo di Corridoni non fu mai più ritrovato, quasi a dimostrare il suo essere ormai divenuto patrimonio immateriale dell’Italia.

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