Le personnage central, Ati, met en doute les certitudes imposées. Il se lance dans une enquête sur l’existence d’un peuple de renégats, qui vit dans des ghettos, sans le recours de la religion…
Boualem Sansal s’est imposé comme une des voix majeures de la littérature contemporaine. Au fil d’un récit débridé, plein d’innocence goguenarde, d’inventions cocasses ou inquiétantes, il s’inscrit dans la filiation d’Orwell pour brocarder les dérives et l’hypocrisie du radicalisme religieux qui menace les démocraties.
Poi però è successo che alcuni accademici, i più influenti, abbiano storto il naso e tacciato la sua feroce distopia politicoreligiosa di «islamofobia» nel momento in cui bisognava scegliere i quattro finalisti. Addio premio, dunque, e non certo perché gli altri candidati alla vittoria, Hédi Kaddour, Mathias Énard, Nathalie Azoulai e Tobie Nathan avessero scritto opere incomparabilmente superiori a quella dello scrittore algerino. Anzi. Secondo il settimanale Le Point, già da settembre nei salotti del Tout-Paris e nei cenacoli letterari si mormorava che Sansal, nonostante la grande levatura del romanzo, non avrebbe mai potuto ottenere il Graal dell’edizione francese. La decisione, insomma, era già stata presa in anticipo, nonostante le vendite impressionanti, nonostante l’accoglienza entusiastica della critica, nonostante l’estrema attualità dei contenuti, nonostante un suo precedente saggio, Gouverner au nom d’Allah, che confrontava gli islamisti alla loro gestione del potere. Niente riconoscimenti all’«islamofobo» Sansal. E cosi è stato (la conferma è arrivata martedì dal museo del Bardo, a Tunisi, lì dove due jihadisti, il 18 marzo scorso, hanno ucciso ventuno turisti e un uomo della sicurezza).
Sansal, dietro il suo lucente sorriso mediterraneo, non se l’è certo presa né si è lanciato in dichiarazioni polemiche per la scelta poco accademica e molto politica dell’Académie Goncourt. Si è consolato con il Grand Prix du roman dell’Académie française, ex-aequo con Hédi Kaddour, e però non ha lesinato parole dure contro l’Occidente e la sua pusillanimità: «Gli Europei hanno abbandonato i Lumi», ha attaccato Sansal intervistato da Robert Redeker di Marianne. «Se non ci sarà una rivoluzione potente delle idee e delle tecniche che cambierà positivamente il corso calamitoso delle cose, ci dirigiamo, ahimé, molto probabilmente verso dei sistemi totalitari religiosi. L’islam radicale è pienamente implicato nella realizzazione di questa trasformazione. Ha ridato vita e forza all’islam, assopito da secoli, sei almeno, una formidabile sete di potenza, di conquista e di rivincita ai musulmani (...) La sua gioventù, la determinazione dei suoi strateghi, la fede inalterabile dei suoi fedeli, la foga e il gusto del sacrificio dei suoi militanti faranno la differenza dinanzi ai detentori dell’ordine attuale, a loro volta affetti da atonia, volti al declino. Instaurato, rodato e perfezionato, il sistema assomiglierebbe molto a quello che descrivo in 2084».
Su Le Monde Sansal ha ribadito che «l’Occidente deve fare una nuova rivoluzione» perché «l’islam si è mondializzato ed è un passo avanti».
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