giovedì 26 novembre 2015

Eliade narratore: tre racconti dalla Guerra Fredda

Dayan e altri raccontiMircea Eliade: Dayan e altri racconti, Bietti pp. 196, euro 16

Risvolto

Complotti, sparizioni, trame occulte… L’Europa della Cortina di Ferro si tinge di giallo: è in questo scenario che si muovono i protagonisti dei tre racconti di Mircea Eliade qui raccolti e pubblicati per la prima volta in Italia. Un universo ai confini della realtà nel quale circolano spie, si ordiscono congiure e niente sembra accadere per caso. Niente, nemmeno i fatti singolari che travolgono i personaggi delle indimenticabili pagine letterarie dell’autore di Un’altra giovinezza. Dall’equazione ultima di Einstein e Heisenberg a una passeggiata notturna che dura in realtà giorni e notti, dalla figura leggendaria dell’Ebreo Errante a misteriosi autoveicoli che scompaiono nel nulla. Tre narrazioni con sfumature magiche e misteriose, frutto del talento letterario di uno dei più grandi storici delle religioni del Novecento.

In fuga dal tempo lineare con l’Eliade narratore 
Il grande storico delle religioni non ha mai rinunciato ad affiancare ai suoi saggi scientifici romanzi e racconti. Come queste tre novelle ambientate in un universo ai confini della realtà, tra spie ed esuli 
25 nov 2015  Libero 

La prosa narrativa ha preso, nelle società moderne, il posto occupato dalla narrazione dei miti e dei racconti nelle società tradizionali e popolari», scrive Mircea Eliade in Mito e realtà. Conosciuto soprattutto come il maggiore storico delle religioni del Novecento, Eliade ha dedicato gran parte delle sue energie intellettuali alla scrittura di romanzi, racconti e opere teatrali. Lo studioso romeno infatti non solo è stato, per i suoi romanzi di successo, una sorta di star letteraria nella Bucarest degli anni Trenta, ma, addirittura per una decina di volte, il suo nome è circolato tra i possibili vincitori del Nobel della letteratura. Senza dimenticare che da un suo romanzo Francis Ford Coppola ha tratto nel 2007 il film Un’altra giovinezza. Eppure la poetica di Eliade non era, e non è, proprio alla moda. Lungi da lui il romanzo di denuncia o la letteratura pura. Egli aspirava piuttosto a portare a compimento quanto andava scrivendo in ambito scientifico. Centrali sono le caratteristiche dell’homo religiosus: una dimensione che Eliade ha sempre difeso contro marxismi e storicismi che tentavano di presentarla come una vestigia del passato. Favorire l’uscita dal tempo lineare e cronologico, aiutare la fuga dall’esilio della storia per riconquistare una dimensione transtorica sono una costante di tutte le sue fatiche letterarie. Ad animarlo era l’obiettivo di permettere all’uomo delle società moderne e secolarizzate un’alternativa all’oblio del sacro o ai suoi pericolosi camuffamenti che oggi si presentano con la foggia del fondamentalismo. Per addentrarsi nell’universo narrativo e mitico di Eliade un’ottima occasione sono le tre novelle lunghe pubblicate da Bietti in Dayan e altri racconti (pp. 196, euro 16). Risalenti all’ultimo periodo della sua produzione, sono ambientate in un universo ai confini della realtà, dove spie, Ebrei erranti, matematici ed esuli inscenano nell’Europa della Cortina di Ferro la cerca del sacro. Qui di seguito uno stralcio tratto, per gentile concessione dell’editore, dal racconto «All’ombra di un giglio...». 


25 nov 2015  Libero
Di  MIRCEA ELIADE 

«È cominciato tutto lì» continuò Eftimie, «dal loro professore. Ma perché parlare - a dei liceali, per giunta - dell’ombra dei gigli in Paradiso?». Lo storico delle religioni, mitografo e scrittore Mircea Eliade (1907-1986) visto da Vasinca 

«Me lo sono chiesto anch’io» lo interruppe Lascaze. «Comunque, per il momento, non è questo che c’interessa...». 

Lanciò uno sguardo furtivo all’orologio e proseguì: «Vorrei ci soffermassimo un po’ su questa frase. Il mio collega, che legge e capisce il romeno ma ha paura di parlarlo, mi ha pregato di chiedervi se quest’espressione - all’ombra di un giglio... - non abbia per voi un significato particolare, se non sia, per caso, una metafora...». 

«Una metafora?» ripeté il dottore. «Cioè, in romeno, si riferirebbe ad altro... Ma a cosa?». 

Dopo averlo scrutato a lungo, con attenzione, Lascaze rivolse uno sguardo agli altri. 

«Al ritorno dall’esilio, per esempio» rispose. «Jean Boissier ha parlato molte volte con Valentin (la cui passione “segreta”, posso dirvelo, è l’entomologia): durante quei colloqui, ha avuto l’impressione che per lui “esilio” significasse molto più della condizione di rifugiato, per come la intendiamo noi. A colpirlo è stata, in particolare, una frase: “Il mondo intero vive in esilio, ma sono in pochi a saperlo...”». 

«Une infime minorité» precisò Boissier. 

«Per cui, il mio collega si chiede se l’incontro all’ombra di un giglio in Paradiso non si riferisca a un ritorno beato e trionfante dall’esilio, simile a quello degli Israeliti dalla cattività babilonese. Ovviamente» aggiunse, dopo una pausa, «non si tratterebbe solo degli esiliati dell’Europa dell'Est, ma della maggior parte degli europei...». 

«Non ho mai pensato a una cosa del genere» confessò il dottore. 

«Nemmeno io» riconobbe a sua volta Eftimie. 

Lascaze indugiò per alcuni istanti e riprese: «Sapete cosa diceva Valentin quando Iliescu lo pregava di riferirgli in quali circostanze avesse incontrato e conversato con il suo ex professore di storia? Rispondeva che, se l’avesse fatto, nessuno lo avrebbe preso sul serio...». 

«Ma come può uno scienziato come lui...» esordì il dottor Tausan. 

«Il problema è un altro» lo interruppe Lascaze, «e ben più grave. Iliescu ha incontrato Valentin esattamente una settimana fa, quando questi gli ha telefonato dal Museo. (Peraltro, ogni volta che scompariva si guardava bene dall’informarlo su dove stesse andando; da quella telefonata, di una settimana fa, venne a sapere che era a Parigi, a lavorare al Museo...). Ebbene, durante quell’incontro Valentin gli ha risposto, forse più per scherzare, di essere disposto a raccontare l’accaduto solo a una grande personalità religiosa o scientifica...». 

«Che impertinenza!» esclamò Eftimie. 

Lascaze lo guardò, sorridendo. 

«Ciò, ovviamente, ci ha messo in difficoltà» continuò. «Ci siamo consultati con chi di dovere e abbiamo individuato una grande personalità religiosa adatta al caso. È stata, tuttavia, solo una perdita di tempo: quando abbiamo comunicato la notizia all’ingegner Iliescu e abbiamo preso l’aereo per recuperare Valentin a Briançon (si era trattenuto a Parigi solo per due giorni), il giovane era scomparso. O, meglio, non siamo riusciti a trovarlo...» (...). 

Quando squillò il telefono, Boissier guardò l’orologio e, alzatosi di scatto, si rivolse a Margarit: «Je m’éxcuse. C’est pour nous!». 

Alzò la cornetta e rimase in ascolto per qualche istante, senza proferire parola. Scuotendo la testa, guardò Lascaze, che si sedette e prese la cornetta. Se all’inizio non cercò di nascondere la propria perplessità, man mano che la conversazione si protraeva il volto gli s’illuminò. 

«Parfait!» esclamò, guardando allusivamente Boissier. Di tanto in tanto, dava un’occhiata all’orologio. Infine, sussurrò: «Tant mieux!», riponendo scrupolosamente la cornetta. Rimase per un po’ titubante, fissando a turno i quattro, che lo guardavano intimiditi, avvicinò la sedia al divano e si sedette. 

«Et alors?» 

«Le ultime notizie sono buone, ma, allo stesso tempo, complicano le cose. Posso dirvi che Valentin è stato ricevuto da Sua Eccellenza l’Arcivescovo di Parigi. È ancora da scoprire come abbia saputo che l’udienza era stata fissata oggi alle tre, e proprio con l’arcivescovo di Parigi. Per il momento, Sua Eccellenza ha telefonato al responsabile, raccontandogli il colloquio con il giovane. Non posso scendere nei dettagli ma credo di non essere indiscreto dicendovi che Sua Eccellenza è rimasta molto impressionata dalle, per così dire, rivelazioni del naturalista. Peraltro» aggiunse, sorridendo, «Valentin passerà questa notte all’arcivescovado e Sua Eccellenza ha chiesto di poter essere accompagnato da lui, domani, sull’aereo per Roma». 

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