lunedì 9 novembre 2015

I Bertinotti-boys hanno sbancato la storia della sinistra italiana



«Noi, i partigiani del lavoro» 
Democrack. Da Sel e ex Pd nasce Sinistra italiana, il nuovo inizio «aperto e popolare». Molti restano fuori dal teatro, e così i comizi si duplicano per strada. D’Attorre a Bersani: «Proseguire nel Pd ormai è impossibile». Fassina: «Chi aiuta la destra, noi o Renzi che fa il programma di Berlusconi?» 

Daniela Preziosi Manifesto 7.11.2015, 23:59 

La «cosa rossa» va in sof­fitta, ora un nome c’è, è «Sini­stra ita­liana». Sulla rete suona vin­tage invece «è sem­plice, plu­rale, espres­sivo», spiega Alfredo D’Attorre al Tea­tro Qui­rino di Roma dove ieri si pre­sen­tano i nuovi gruppi par­la­men­tari. Tea­tro troppo pieno, i pom­pieri a un certo punto chiu­dono gli accessi. Ma a mez­zo­giorno le cen­ti­naia di per­sone restate fuori bat­tono sulle porte al ritmo di «Bella ciao». Ste­fano Fas­sina, Nicola Fra­to­ianni, Arturo Scotto, D’Attorre e il gio­vane Marco Fur­faro cor­rono ai ripari: escono in strada e improv­vi­sano un dop­pione dei loro comizi «per non delu­dere i com­pa­gni» venuti anche da fuori per essere pre­sente al gran giorno. È l’anniversario della Rivo­lu­zione d’Ottobre ma qui, come altrove, non se lo ricorda nes­suno. «Una con­giun­tura astrale, un alli­nea­mento di stelle e astri, la cer­tezza di un appun­ta­mento che scon­vol­gerà il mondo ci ha por­tato qui pro­prio il 7 novem­bre», iro­nizza Fabio Mussi. Non c’è dub­bio: il Qui­rino non è il Pre­si­dium, e nella sala per il momento non si rico­no­sce quel Lenin che John Reed descrive come «lo strano capo popo­lare, inco­lore, privo di umo­ri­smo ma dotato della capa­cità di spie­gare idee pro­fonde in ter­mini semplici». 
Si rico­no­scono però mili­tanti di Sel, dei cir­coli sto­rici del Pd di Roma — Giub­bo­nari, Tra­ste­vere — e tanta gente senza casa poli­tica che si affac­cia per vedere se que­sta volta è la volta buona (non ren­ziana), dopo tanti treni dera­gliati alla prima curva. «Sì» è la sigla dei nuovi gruppi, e D’Attore giura che sì è «un nuovo ini­zio»: per una «sini­stra larga, popo­lare, patriot­tica nel senso che vuole bene al paese e a quanto di meglio ha pro­dotto nella sua sto­ria, la Costi­tu­zione. La nostra non sarà una sini­stra di nic­chia o di testi­mo­nianza, farebbe il gioco del par­tito della nazione». L’ex Pd oggi è scra­vat­tato e ha già perso la voce a causa dell’arringa di strada. Si scusa: «non sono più abi­tuato». «E ti ci devi ria­bi­tuare» lo avvi­sano dalla pla­tea. Applausi quando si rivolge a Ber­sani, il suo ex mae­stro: «Capi­sco il suo tor­mento e il suo dolore, le cose che lui dice sono giu­ste, ma quelle cose nel Pd di oggi sono impos­si­bili». Ancora più applauso quando si rivolge al suo ex sot­to­se­gre­ta­rio Gue­rini, che ha scoc­cato la clas­sica accusa, «chi esce dal Pd fa il gioco della destra». «Tra jobs act, riforma sulla scuola, tagli alla sanità e Ponte di Mes­sina», risponde, «a fare il gioco della destra siamo noi o il segre­ta­rio di cui lui è il vice?». «Sap­piamo che la sini­stra non si esau­ri­sce in un gruppo par­la­men­tare, quello di oggi non è un par­tito, è un con­tri­buto», dice Nicola Fra­to­ianni, depu­tato movi­men­ti­sta vice­versa in cra­vatta per l’occasione, ma «chi dice che è solo una mano­vra di palazzo sap­pia che quel palazzo è il par­la­mento della Repub­blica». È una pole­mica light con Pippo Civati, assente. Ma non è giorno di bat­ti­bec­chi e chissà se anche su que­sto oggi è un nuovo inizio. 
Ste­fano Fas­sina, il primo ad uscire dal par­tito della nazione, attacca «il libe­ri­smo da Happy days del segre­ta­rio del Pd. Saremo par­ti­giani del lavoro. Abbiamo scelto di avviare i gruppi par­la­men­tari intorno alla legge di sta­bi­lità per­ché la cre­di­bi­lità non si con­qui­sta con l’autocertificazione, tanti si dicono di sini­stra, ma sui con­te­nuti» e que­sta mano­vra «attua il pro­gramma che Ber­lu­sconi non è riu­scito ad attuare». Parla anche di Roma. In città cir­cola l’idea che sarà lui a cor­rere da sin­daco per la sini­stra. Idea «pre­ma­tura», dice, certo è che «la fase di Marino si è chiusa». Ma il nodo delle ammi­ni­stra­tive arri­verà al pet­tine più avanti.
Intanto dal palco, chia­mati da Monica Gre­gori e Ales­sia Petra­glia, sale qual­che depu­tato del nuovo gruppo (sono 31, i 25 di Sel più gli ex Pd Fas­sina, Gre­gori, D’Attorre, Folino, Galli, e di ritorno dal misto anche Clau­dio Fava, già eletto in Sel) ma anche tante voci e volti delle aziende in crisi, dei comi­tati No Triv, dell’Arci (la pre­si­dente Fran­ce­sca Chia­vacci). Tutti in piedi alla com­mo­vente testi­mo­nianza di Dario Vas­sallo, fra­tello di Angelo, sin­daco di Pol­lica ucciso dalla camorra nel 2010. Arri­vano mes­saggi: quello di Laura Bol­drini («Oggi è più ampio il campo d’azione di una forza pro­gres­si­sta orgo­gliosa dei pro­pri prin­cipi e valori»). Quello di Max Fanelli, malato di SLA, che chiede una discus­sione par­la­men­tare sul fine vita per dare seguito alla legge di ini­zia­tiva popo­lare dell’associazione Coscioni. Il mes­sag­gio di Ser­gio Cof­fe­rati: «Lavo­riamo insieme per costruire appun­ta­menti aperti nei ter­ri­tori, per far sca­tu­rire una pro­po­sta poli­tica nuova ed auto­noma». Quello di Nichi Ven­dola, che una vicenda fami­liare tiene lon­tano da Roma: «Tocca a noi rimet­terci in cam­mino, abi­tuarci allo scam­bio plu­rale delle idee, avere come bus­sola un vin­colo di popolo». Scalda la pla­tea la gio­vane depu­tata pugliese Anna­lisa Pan­na­rale. E la sena­trice Lore­dana De Petris, pro­ta­go­ni­sta della bat­ta­glia con­tro la riforma costi­tu­zio­nale. Annun­cia pre­sto un gruppo anche a palazzo Madama. Qui però va aperta una paren­tesi. Il col­lega Fran­ce­sco Cam­pa­nella, ex M5S oggi nel misto con la casacca di Altra Europa per Tsi­pras, al Qui­rino dice infer­vo­rato che «oggi è un grande giorno, siamo tan­tis­simi e non siamo nean­che tutti». Ma fa sapere che al nuovo gruppo non ade­rirà, per ora. E con lui il col­lega Fabri­zio Boc­chino. Anche il ven­do­liano Dario Ste­fàno non sarà della par­tita. Una defe­zione c’è anche alla camera: l’ex gril­lino Zac­ca­gnini, ora in Sel. 
In pla­tea l’occhio alle­nato nota l’assenza di qual­che fac­cia della sini­stra radi­cale. La pre­senza sor­pren­dente di Gior­gio La Malfa. In pla­tea, venuti ad ascol­tare, uomini e donne della «sini­stra ita­liana»: l’archeologo Sal­va­tore Set­tis, il costi­tu­zio­na­li­sta Mas­simo Vil­lone, il fon­da­tore del mani­fe­sto Valen­tino Par­lato, Aldo Tor­to­rella, la por­ta­voce della coa­li­zione sociale di Lan­dini Fran­ce­sca Reda­vid, Rosanna Det­tori, segre­ta­ria della Cgil Fun­zione pub­blica. L’avvocato Felice Beso­stri, autore del ricorso che ha smon­tato il Por­cel­lum. E Vin­cenzo Vita, Michele Pro­spero, Giu­liana Sgrena, Franco Gior­dano, Pie­tro Folena, Ric­cardo De Fio­res, Andrea Ranieri. «Fac­ciamo un patto», chiude Arturo Scotto, «chia­ma­teci pure cosa rossa. A patto che il Pd si chiami ’cosa bianca’ e i 5 stelle, ’cosa gri­gia’. E ’cosa nera’ il soda­li­zio tra Ber­lu­sconi e Salvini».


E’ tempo di cambiare
Sinistra. Da tempo che non si vedeva tanta gente riunita per discutere e confrontarsi sulle ragioni e sul futuro possibile di una forza politica, non solo di opposizione al renzismo dominante e al blocco di centrodestra che cerca di riorganizzarsi
Norma Rangeri Manifesto 8.11.2015, 9:08
La sini­stra ita­liana c’è. E ha ini­ziato il suo viag­gio in un luogo aperto al popolo di sini­stra. Era da tempo che non si vedeva tanta gente riu­nita per discu­tere e con­fron­tarsi sulle ragioni e sul futuro pos­si­bile di una forza poli­tica, non solo di oppo­si­zione al ren­zi­smo domi­nante e al blocco di cen­tro­de­stra che cerca di rior­ga­niz­zarsi. Per­ché quello che abbiamo sem­pre pro­mosso e auspi­cato è la volontà di far incon­trare e unire più voci, più orga­niz­za­zioni, più aggre­gati sociali in grado di pro­porre e di costruire un’alternativa cre­di­bile, forte, con­vin­cente «di governo».
Lavoro garan­tito nei diritti e nel red­dito; wel­fare; scuola pub­blica; immi­gra­zione come risorsa cul­tu­rale e eco­no­mica; eco­lo­gia per lo svi­luppo soste­ni­bile; sobrietà nello stile poli­tico; assi­stenza sani­ta­ria uni­ver­sa­li­stica. Sono alcuni dei temi al cen­tro dell’incontro di Sini­stra ita­liana, essen­ziali e costi­tuenti di un pro­gramma diverso per il Paese.
Ritro­vare insieme sto­rie e anime della sini­stra, da Sel ai fuo­riu­sciti del Pd, agli espo­nenti di «Altra Europa per Tsi­pras» è per il mani­fe­sto cosa buona e giu­sta. Quando abbiamo lan­ciato il dibat­tito «C’è vita a sini­stra» cre­de­vamo nella sua uti­lità e spe­ra­vamo nel suo suc­cesso. Vedere il nostro sup­ple­mento, che rac­co­glie gli inter­venti e le let­tere arri­vate in reda­zione, in mano a tutte le per­sone riu­nite nel gre­mito tea­tro romano ci con­forta. È uno sti­molo in più per­ché il nostro gior­nale diventi un saldo punto di rife­ri­mento politico-giornalistico per chi si rico­no­sce in un pro­getto alternativo.
L’unico limite tan­gi­bile, e visi­bil­mente, era la scarsa pre­senza gio­va­nile. Non bastano i poli­tici di pro­fes­sione, gli intel­let­tuali, i mili­tanti di un tempo per ren­dere con­creta un’idea così ambi­ziosa. Se dovessi dare un sug­ge­ri­mento per le pros­sime ini­zia­tive è que­sto: pen­siamo alle nuove gene­ra­zioni, pun­tiamo sul loro coin­vol­gi­mento e sul loro pro­ta­go­ni­smo. Anche per­ché il ricam­bio può essere un anti­corpo al ver­ti­ci­smo dei gruppi par­la­men­tari che adesso uni­scono le loro ener­gie. Oltre­tutto un ampio con­tri­buto di gio­vani può aiu­tare a modi­fi­care e arric­chire il lin­guag­gio e le forme di comunicazione.
Alcuni espo­nenti della mag­gio­ranza rea­gi­scono con un sor­riso di suf­fi­cienza all’uscita dei diri­genti del Pd e a ini­zia­tive come quella di ieri. Ma dimen­ti­cano, o non vogliono vedere, che que­sta è un’epoca di cam­bia­menti. E, come già scritto, quello che abbiamo visto ieri non è che l’inizio di un cambiamento.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Che strazio o che ridere il marcorevellismo de il manifesto! Questi vedono rinascite delle sinistre dappertutto.